Outcast

La campagna nei distretti di Rorlea Bphear e Teuk Phos in Cambogia dove vivono un gran numero di Outcast: anziani emarginati e reduci dal regime di Pol Pot

testo di Anna Sida**, foto di Matteo Maimone* NutshellTravel

Non molto lontano da Kampong Chhnang, una delle province di Phnom Penh, in Cambogia, vi si trovano altri due distretti: Rorka Bphear e Teuk Phos. E’ qui che trovano spazio dei piccoli villaggi abitati per lo più da poverissimi anziani emarginati da tutto il resto.

Sono persone, persone come noi, con le stesse nostre caratteristiche fisiche, le stesse emozioni che però hanno vissuto ben più dolore e stanno ancora soffrendo per gli effetti del regime di Pol Pot.

Pol Pot, conosciuto anche con il nome di Saloth Sar, è stato un rivoluzionario, un politico appartenente al Partito Rivoluzionario del Popolo Khmer ma soprattutto un dittatore cambogiano che, durante il periodo di latitanza addestrò reclute e successivamente guidò i Khmer Rossi, i guerriglieri rivoluzionari della Cambogia, che dopo aver sconfitto il regime di Lon Nol sostenuto a quei tempi dagli americani, entrarono a Phnom Penh con tanto di carri armati il 17 aprile del 1975, costringendo la popolazione (circa due milioni di persone) a lasciare la città, innescando una delle più grandi migrazioni storiche e rendendo Phnom Penh, così, una città fantasma.

Le atrocità commesse durante questo regime sono state tante, troppe.

Un regime con l’obiettivo di creare una società agraria completamente autosufficiente e allo stesso tempo focalizzato sul massacro di circa un milione e mezzo di persone (bambini, donne e anziani). Nel giro di quattro anni costruirono in alcune parti del paese campi di sterminio e molte prigioni.

Tra le categorie più colpite, oltre ai monaci, ci fu quella degli insegnanti: bastava indossare un paio di occhiali per risultare sospetto ed essere associato ad un alto grado di istruzione. Per non parlare del lavoro nelle campagne all’interno dei campi di sterminio: un massacro.

I lavori forzati duravano più di 10 ore al giorno con scarsissime razioni di cibo. Non mancarono, infatti, i morti a causa della malnutrizione, del lavoro forzato e della scarsa igiene e assistenza medica. Un terzo della popolazione cambogiana perse ingiustamente la vita nel periodo tra il 1975 e il 1979, noto, appunto, come genocidio cambogiano.

Purtroppo gli strascichi di tutta questa sofferenza sono presenti ancora oggi e risiedono come dei fantasmi all’interno di abitazioni quasi completamente dimenticate da tutto il resto della realtà.

Molti di questi anziani hanno perso parte della loro famiglia, vivono emarginati e soffrono a causa della loro malattia, della loro povertà, incapaci di pensare lucidamente a loro stessi. Un ciclo di povertà che viene tramandato di generazione in generazione. Il motivo alla base di tutto è che gli stessi anziani, avendo perso i loro figli, a loro volta sono stati costretti a prendersi cura dei loro nipoti, anch’essi incapaci di pensare a se stessi e di conseguenza agli altri, perché privati di educazione, assistenza sanitaria e informazione.

La povertà è così forte e così presente da svalorizzarli giorno dopo giorno, innescando un vortice di pensieri negativi in cui non riescono a proiettarsi in un futuro roseo.

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Camminando sulla strada, tra terra bruciata e cantieri a cielo aperto dove bambini giocano spensieratamente con ciò che trovano lungo il loro percorso, c’è Cheang Vorn. Cheang è una signora di 89 anni. Il suo corpo parla da solo. I continui scossoni fisici e le medicine sbagliate prese lungo il corso della sua vita le hanno provocato una malattia che la porta a non poter pensare a se stessa.

Neanche un paio di metri dopo si trova Peang Yat di 68 anni, una donna la cui disabilità le blocca l’uso delle braccia e delle mani, impedendole di eseguire qualsiasi lavoro. Non ha nessun fratello o sorella e i genitori sono morti quando lei era più piccola.

In un altro piccolo anfratto di terra e alberi c’è Keo Thol. Keo (tra i 60 e i 70 anni) è nato disabile. I suoi genitori si sono presi cura di lui fino alla loro morte durante il regime di Pol Pot dopo di che è stato lasciato completamente in balia di se stesso. La sua unica risorsa è una bicicletta-carrozzina che gli permette di muoversi autonomamente nei dintorni. Per sostenersi aggiusta le biciclette di altre persone anche se il suo guadagno è relativamente basso se non impercettibile.

Per non parlare di Em Sok. Em è un uomo di 78 anni cieco. Durante il regime di Pol Pot verso i 12 anni ha iniziato a non vedere più bene a causa di una morsicatura di qualche strano animale o si presuppone a causa di un virus e non potendo andare dal medico ha perso completamente l’uso della vista da arrivare così alla rimozione dei bulbi oculari. La madre si è occupata di lui fino a dopo la caduta di Pol Pot e alla sua morte, Em ha iniziato a provvedere completamente a se stesso ricorrendo all’utilizzo degli altri 4sensi.

La sua casa è essenziale: una piccola baracca con un letto, utensili di tutti i tipi sparsi per terra e, nonostante non veda, riesce a cucinare e a lavarsi; i suoi amici e vicini, per quanto possibile, cercano di aiutarlo nutrendolo.

Alla fine di un’altra strada sterrata, invece, si trova Houng Rean. Houng è una donna di 69 anni che sfortunatamente chiamano la pazza anche se non denota nessun sintomo di vera isteria. Ha subito delle forti perdite come quella del marito ucciso durante il regime di Pol Pot e la perdita successiva di tutti i suoi figli.

Il dolore straziante l’ha portata a buttarsi inevitabilmente sull’alcool, le alternative per lei erano ben poche. Tuttavia è in fase di recupero, non vuole più continuare su questa strada e il suo fisico inizia a dargli segni di cedimento. I

noltre una brutta bruciatura fa capolino sulla sua coscia destra a causa di un incidente avvenuto con l’acqua bollente. E’ dolce e triste, i suoi occhi parlano più di quanto si potrebbe immaginare.
Sono tutte persone che hanno sofferto e stanno soffrendo, non sono comuni poveri che ricorrono all’elemosina per un guadagno facile, la loro unica e magra consolazione è quella di poter avere compagnia, qualcuno che li supporti, che li informi circa tutto il resto che li circonda e che li aiuti a sopravvivere con quel poco di cibo sufficiente quella giusta informazione e assistenza sanitaria per la quale una persona comune si accinge ad usare quando il corpo viene a patire le pene dell’inferno.

Queste persone, la cui fiamma della speranza non è mai sparita, hanno tutti come comune denominatore Maria Thyda Rath.

Maria è una donna cambogiana forte e dai solidi principi, con alle spalle un passato da contabile in una delle principali società della Cambogia, nonché per un certo numero di organizzazioni internazionali non governative e locali.

Ha notevoli specializzazioni nel campo della gestione finanziaria delle imprese, gestioni delle operazioni delle NGO, gestione delle risorse umane e assistenza alle NGO internazionali e locali attraverso complessi processi di registrazione della NGO e conformità fiscale. Fornisce anche corsi di formazione in lingua Khmer e Inglese in questi settori. Lei, insieme a Paul Hughes, anch’egli membro dello staff, efficace nell’aiutare le organizzazioni nei periodi di cambiamento fornendo una gestione eccezionale, soluzioni innovative e ottimi progetti, ha sviluppato una forte convinzione: ristabilire e sostenere un senso di dignità, rispetto e amore per migliorare la qualità della vita di questi anziani.

Maria, nonché fondatrice della NGO New Day New Life ha scelto questo nome perché durante le sue numerose ricerche sul campo, è incappata nella loro conoscenza dando una spinta rivoluzionaria alla sua vita.

Em Sok. Em è un uomo di 78 anni cieco. Durante il regime di Pol Pot verso i 12 anni ha iniziato a non vedere più bene a causa di una morsicatura di qualche strano animale o si presuppone a causa di un virus e non potendo andare dal medico ha perso completamente l’uso della vista da arrivare così alla rimozione dei bulbi oculari. Qui ci mostra come svolge quelle che possono sembrare semplici attività quotidiane, in autonomia.

Portare amore, felicità, speranza provvedendo ai bisogni primari come il cibo, la salute e risanamento dello spirito l’ha portata, tramite iniziali generose donazioni da parte di amici, a creare pacchi su pacchi indirizzati ad almeno 20 persone all’interno di questi distretti, sviluppando così, una vera e propria comunità dedita all’aiuto reciproco, alla loro valorizzazione, all’informazione sull’igiene e all’incremento di mezzi di sussistenza che contribuiscono alla linea di povertà che affligge la provincia di Kampong Chhanang.

Il progetto si divide in 4 punti:

– Feeding: specializzata sulla distribuzione del cibo (riso, cibi secchi etc)
– Community: specializzata sulla costruzione delle case per la comunità, sul sostentamento degli stessi anziani e sul provvedimento di un’assistenza medica adeguata
– Early Prevention: specializzata sui bambini, per lo più nipoti di questi anziani che sono lasciati allo sbando e incapaci di pensare a loro stessi
– Business As Mission: specializzata sui profitti e sulle donazioni che hanno permesso di creare i primi tre punti del progetto.

New Day New Life è un’organizzazione no-profit cristiana focalizzata sul risolvere e risanare bisogni insoddisfatti di questi poveri anziani che vivono nelle remote aree della Cambogia. Una nazione che non ha molti programmi incentrati sul benessere degli anziani.

Spesso ci si dimentica che alla fine del nostro percorso, quando si invecchia, si torna ad essere bambini con le stesse esigenze se non maggiori. Queste persone sono passate nel dimenticatoio o forse lo sono sempre state ma a maggior ragione hanno bisogno di aiuto, soprattutto nel contesto in cui vivono, con le ossa che fanno male e i pensieri ancora di più.

Proviamo per un secondo a chiudere gli occhi e a metterci al loro posto, proviamo le stesse sensazioni, cerchiamo di farle nostre. Riapriamo così gli occhi, soffermiamoci un momento sui nostri pensieri e poniamoci questa domanda: siamo pronti ad essere emarginati?

L’unica risorsa di Kep Thol è una bicicletta-carrozzina che gli permette di muoversi autonomamente nei dintorni. Per sostenersi aggiusta le biciclette di altre persone anche se il suo guadagno è relativamente basso se non impercettibile.

*Matteo Maimone
Matteo Maimone nasce a Torino il 14 settembre 1990 dove conclude il suo percorso di studi.
Nel 2009 inizia a dedicarsi alla fotografia. Come un attento osservatore della vita quotidiana,
intende la fotografia come una ricerca, un’introspezione, mediante i quali racconta in maniera
personale realtà culturali e sociali della propria terra e non solo. Tutto ciò grazie alle influenze
di importanti fotografi come Eugene Smith, James Nachtwey e infine Robert Frank. Prende
forma, così, uno stile versatile e personale che racchiude un originale autenticità e, nel corso
degli ultimi anni, Matteo abbraccia la fotografia documentaristica.
Follemente innamorato dei viaggi, il 3 Settembre 2017, insieme alla sua compagna Anna, danno inizio
al loro nuovo progetto: Nutshell Travel – il giro del mondo via terra a caccia di storie da raccontare.

**Anna Elisa Sida
Anna Elisa Sida nasce a Torino il 27 Ottobre 1991 dove terminati i suoi studi inizia a coltivare
le sue passioni più grandi: La scrittura, il viaggio e il disegno. Ispirata da scrittori avventurieri
come Bruce Chatwin, Ernest Hemingway, Marc Twain, Jack Kerouac e Tiziano Terzani si
perde nel mondo alla ricerca di nuove avventure da vivere, terre da scoprire e culture in cui
mescolarsi. Oltre che per passione, Anna utilizza la scrittura come terapia per esternare ciò che risiede all’interno di sé, riportando alla luce tutte le emozioni che vive lungo i suoi viaggi.
Attualmente si trova alle prese con il suo compagno nel progetto Nutshell travel – il giro del
mondo via terra a caccia di storie da raccontare. Lungo questo percorso, tengono aggiornato il
loro sito, documentando attraverso immagini ed articoli le esperienze che vivono cercando di
trovare l’autenticità in ogni luogo che visitano.