Galizia

Viaggio nel cuore scomparso della Mitteleuropa

di Christian Elia

“Il tuo libro è il tappeto volante dall’alto del quale Mefistofele fa vedere a Faust il mondo, la compresenza non solo di popoli, paesaggi, stili ma anche e soprattutto di tempi diversi, accostati l’uno all’altro, nacheinander che diviene nebeneinander come in un romanzo sperimentale, che in questo caso ha però l’ordinata grazia di una dettagliata cartografia: pressoché dovunque e non solo nel sobborgo di Blic, Sambir, sulle rive del Dnestr, fra due dei quartieri distanti pochi passi – c’era un secolo intero -“.

La postfazione di Claudio Magris lo spiega bene. Il libro di Martin Pollack, Galizia, edito da Keller nella (a parere di chi scrive) preziosa collana K – reportage, è un testo unico.

Se esiste un testo che renda perfettamente le idee di ‘borderline’ nella scrittura, reportage narrativo e oggetto narrativo non identificato è questo capolavoro dello scrittore e giornalista austriaco.

Pollack, che già nel tempo ha regalato alle frontiere liquide tra letteratura e giornalismo vero delle perle, come Il morto nel bunker – Inchiesta su mio padre, ha trovato nella collana K di Keller il suo luogo ideale di espressione, visto il lavoro straordinario che da tempo in casa editrice si dedica al giornalismo narrativo.

Non esisteva un modo per raccontare una “regione in cui vivevano uomini e libri”, come diceva Paul Celan: bisognava inventarlo. E Pollack lo fa, smarrendosi e facendo perdere il lettore in un tempo indefinito e in un luogo che sopravvive solo nella letteratura che lo racconta.

Questa letteratura, studiata con maniacale passione, diventa il mondo di fonti (e qui c’è il gran giornalista) attorno alle quali costruire il suo reportage e il suo racconto (e qui c’è lo scrittore).

Un terra evanescente, tra le attuali Ucraina e Polonia, tra i vecchi imperi zarista e austro-ungarico, tra elementi culturali e identitari che parlano di ebrei, ruteni, polacchi e tedeschi.

Una terra che si racconta per vedere, tra le immagini sbiadite di un passato svanito, le tracce del nostro presente. L’Olocausto e la diaspora in Palestina, la scissione della comunità ebraica tra i circoli borghesi cittadini, laici, che sognano e perseverano un’identità tedesca che li tenga al riparo dalle tensioni tra ucraini e polacchi e finisce invece per sterminarli.

Una terra che racconta tutta la stupidità dei confini, la loro ferocia, la malattia dei nazionalismi che distruggono la diversità come ricchezza per farne uno strumento di morte.

Un reportage storico, letterario, senza tempo. La capacità di raccontare un mondo scomparso, con la scrittura del presente, che ti inchioda al tavolino di un caffè, a guardare un mondo che ha avuto mattine e sere, come tutti.

Personaggi senza tempo, popoli dei quali nessuno ricorda più neanche il nome, storie, tradizioni, millenni di contaminazioni. Che restano là, tra le pagine di migliaia di libri e di milioni di fotografie.

Un reportage d’attualità, dal passato, un racconto storico con una immensa valenza di interpretazione del contemporaneo: tutto questo è Galizia, e molto altro ancora. In particolare, un meraviglioso invito al viaggio.