Il Messico al voto

Obrador favorito, ma l’ombra del 2006 è ancora presente

di Andrea Cegna

Il 1 luglio prossimo si vota in Messico per il presidente della Repubblica. Enrique Pena Nieto, uscirà di scena con il triste titolo di presidente meno gradito della storia del paese. Andres Manuel Lopez Obrador, dopo i conclamati brogli del 2006, è dato come grande favorito.

Se dodici anni fa era il candidato del Partido de la Revolución Democrática (PRD), ora è leader di MoReNa, Movimento de Regenation National, che dalla sua nascita ad oggi ha coinvolto nelle sue fila parti della società civile messicana e soprattutto pezzi del mondo del partito tradizionale.

Dal 1988 in poi, il 1 luglio ogni sei anni è una data che non ha nulla di scontato. Per la prima volta 30 anni fa la vittoria del Partido Revolucionario Institucional (PRI) non è più elemento scontato, tanto che nel 2000 e nel 2006 il presidente è stato del Partido Acción Nacional (PAN). E la veridicità dei risultati è sempre elemento di discussione.

Cosa accadrà? Sappiamo cos’è già accaduto.

Diciassette comunità indigene hanno deciso che il 1 luglio nei loro territori non si voterà, faranno tutto quello che possono per non far installare i collegi elettorali.

Nella comunità ribelle di Cheran, in Michoacan, sarà la terza volta che l’autogoverno territoriale rifiuta elezioni e partiti e non permette che ci siano votazioni. A Cheran, dal 2011, si vota secondo gli usi e costumi originari, e i partiti sono scomparsi.

Il Congresso National Indigeno ha deciso che la proposta di AMLO di unirsi, con la portavoce Maria De Jesus Patricio (Marichuy), alla coalizione elettorale Juntos Haremos Historia fosse irricevibile, perché Obrador, Morena, e la coalizione sono parte del sistema capitalista che è messo a critica.

L’EZLN non ha preso parola, ma è chiaro che la posizione zapatista resta quella di non vedere nei candidati in campo uno spazio d’alternativa.

D’altra parte il percorso iniziato con il CNI e con Marichuy è quello della costruzione dal basso di una rete nazionale capace di andare oltre alla politica tradizionale. In altri termini costruire contro-potere partendo dall’autonomia di governo dei territori indigeni.

Margherita Zavala, si è ritirata dalla corsa a presidentessa del Messico.

E’ quindi già certo che non ci sarà la prima donna presidente nel 2018. A dire il vero le possibilità di Margherita erano pari allo zero, in un paese dove il sessismo l’ha definita solo ed esclusivamente come la moglie dell’ex Presidente Calderon, la Zavala aveva raccolto le firme necessarie a candidarsi come indipendente alla corsa alla presidenza del paese, ma i sondaggi molto negativi le han fatto cambiare idea. Tanto che nessuna donna era presente al secondo dibattito tra candidati.

Jaime Rodriguez, detto “El Bronco” è il quarto nelle preferenze, secondo i sondaggi. La sua candidatura indipendente è realtà solamente perchè il tribunale elettorale l’ha ammesso alla corsa, validando alcune firme che l’Istituto Nazionale Elettorale aveva invece ritenuto false. La riammissione del Bronco pare una delle mossa che il PRI sta mettendo in campo per togliere voti a Obrador.

Contro Obrador è scesa in campo la grande industria del paese. L’ultimo in ordine di tempo è il magnate dell’argento e terzo uomo più ricco del Messico, Alberto Bailleres.

Secondo quanto riportato da Bloomberg il capo del Grupo Bal ha riunito tutti i suoi dipendenti e detto loro di votare per chi può sconfiggere Obrador, perché ogni altro candidato conserverà l’attuale sistema economico che garantisce al Gruppo Bal successo commerciale.

Intanto sono saliti a sette le vittime tra gli operatori dell’informazione dall’inizio dell’anno. La violenza è costante in alcuni stati del paese dove la saldatura tra polizie, esercito, politica, trafficanti di vario tipo, e aziende colpisce attivisti e attiviste, cronisti e croniste, oppositori e oppositrici.

Lo scrittore e giornalista messicano Juan Villoro, ai microfoni di Radio Onda d’Urto ha dichiarato: “I giornalisti non sono, per la maggior parte, assassinati dai capi del crimine organizzato – le mafie sono troppo occupate con i propri delitti per preoccuparsi di come vengono presentati dalla stampa – chi sta più attento al lavoro dei giornalisti sono i cittadini, apparentemente onorevoli, che fungono da facciata al crimine organizzato.”

E ha aggiunto: “E questo significa che il Messico è diventato un narco-stato, vale a dire che le autorità sono colluse con i criminali e sono loro le supposte autorità che uccidono i giornalisti, per questo è così grave.
Finché il governo non indagherà su se stesso, finché non depurerà la sua forma organizzativa, i giornalisti continueranno a correre un terribile rischio.”

Tra tensioni, paure, omicidi, minacce, a meno di un mese dal voto l’ultimo sondaggio di Reforma dice che il 52% dei votanti esprimerebbe la preferenza per Obrador, Ricardo Anaya (coalizione Por Mexico Al Frente – PAN-PRD-MC) al 26%, Jose Antonio Meade (coalizione Todos por Mexico – PRI-Verde-Panal) al 19%, e per chiudere al 3% El Bronco.