3 Generations. Una famiglia quasi perfetta

Di Gaby Dellal, con Naomi Watts, Susan Sarandon, Elle Fanning, Linda Emons, Tate Donovan, Sam Trammel. Nelle sale.

di Irene Merli

Non fatevi ingannare dal cast stellare: questo è un film “indie”, anche se indubbiamente non tutti i piccoli grandi film americani indipendenti possono permettersi tre splendide attrici come Susan Sarandon, Naomi Watts ed Elle Fanning, che tra l’altro ha esattamente l’età del suo personaggio. Ramona ha 16 anni, come lei. Ma da quando ne aveva 4, ogni volta che  soffia sulle candeline esprime un solo, potente desiderio: “Vorrei essere un maschio”.

E infatti si fa chiamare Ray, gira in skateboard, si veste come un adolescente dell’East Village di New York – eterni stivali gialli, pantaloni extralarge, giubbotti e berretto. Ma siccome i suoi documenti dicono che è una ragazza, e così deve comportarsi a scuola, ormai ha deciso: vuole fare il trattamento ormonale per iniziare il nuovo anno scolastico in un altro liceo e con un corpo finalmente da ragazzo.

È stanca della prigione in cui è nata e non ha dubbi su tutto il percorso che dovrà fare.

Sua madre Maggie, che la/lo tira su da sola da più di 10 anni è un po’ più titubante ma non vuole ostacolare le sue decisioni, mentre la nonna Dolly, una battagliera settantenne che vive felicemente con la sua compagna dopo anni di forzata falsità, nutre dubbi sulla strada che Ray/ Ramona vuole intraprendere.

Le sembra una mutilazione fisica e si chiede perché sua nipote non può essere ” semplicemente lesbica” come lo è lei. Ma Ray/ Ramona non è gay, è una transgender e il suo è un problema di identità, non di orientamento sessuale. La questione è ben diversa e ancora più difficile da digerire per gli adulti.

Questa famiglia di sole donne che rappresentano le tre generazioni del titolo, ognuna con le proprie battaglie da combattere o già combattute, vive in una vecchia e incasinata casa dell’East Side. Ai piani bassi stanno nonna Dolly con la dolce compagna Frances. A quelli più alti, Maggie e Ray.

La scala tra un piano e l’altro rappresenta in qualche modo le difficoltà che tutte loro devono affrontare dal momento che la più giovane ha fatto outing, tra  dubbi e ostacoli burocratici.

Perché a un passo dall’inizio del cambiamento di sesso salta fuori un problema inaspettato: ci vuole il consenso di entrambi i genitori, Ray è minorenne.
Così Maggie è costretta a incontrare l’uomo che non vede né sente da anni, e che tra l’altro ai tempi non aveva nemmeno sposato. Il che mette a repentaglio il suo equilibrio e la porta a fare un pericoloso buco nell’acqua. Sarà Ray allora, spinta dalla bruciante frustrazione di chi si sente bloccare a un passo dalla libertà, a prendere in mano la situazione presentandosi al dimenticato padre, da uomo a uomo, in realtà con un gesto tenerissimo.

“3 Generations” è quindi una storia che parla di famiglia, di identità, di amore, di accettazione. Una storia drammatica che è girata come una family comedy, con molto spazio anche per i toni dello humour, e non a caso. Nelle commedie tutti si possono identificare, il regista voleva girare un film su una giovane transgender ambientandola in una famiglia media di una grande città americana, per evitare di farne un’opera di nicchia. Ma voleva anche allargare il tema, farlo diventare  più universale.

Qui si parla di una ragazza che vuole diventare maschio, ma in quante case si discute a non finire su problemi di identità degli adolescenti, non necessariamente di tipo sessuale? L’accettazione della diversità dei propri figli é una questione centrale in tutte le famiglie.

Lo script molto brillante e le tre magnifiche attrici hanno poi fatto di “3 Generations” un film profondo ma mai pesante, pieno di battute, colpi di scena e anche sofferenza. Soprattutto i momenti di disperazione e le esplosioni di gioia di Elle Fanning, saranno difficili da dimenticare e ci faranno capire quanto dolore ci sia dietro a storie come quella di Ray/ Ramona.

La giovanissima attrice non parla come un maschio, non ha una barba o baffi appiccicati, ma ci fa ” sentire” sulla nostra pelle quanto sia dura sentirsi stranieri nel proprio corpo, e non essere capiti neppure da chi ci ama.