La battaglia dello spazio pubblico

di Bruno Giorgini

L’azione più recente è quella dei lavoratori che bloccano le raffinerie, e la penuria di benzina comincia a farsi sentire, mentre il governo manda i CRS, i reparti mobili della polizia, a sgomberare i siti.

Il primo a Fos – sur – Mer, vicino a Marsiglia, è stato attaccato martedì 24 alle 4.30. Difeso strenuamente da oltre duecento lavoratori, su cui i cannoni a acqua, i fitti lanci di lacrimogeni, le cariche ripetute hanno avuto la meglio dopo alcune ore. Se il sindacato parla di “cariche di violenza inaudita”, la questura invece di “una resistenza importante” da parte degli operai.

La Francia è in subbuglio se non in rivolta, e qualcuno si interroga perchè invece in Italia nulla si muova. Una calma sociale tanto piatta che viene da chiedersi se ancora esista una società civile di uomini e donne in carne  e ossa in grado di pensare, criticare, indignarsi oppure se ormai non siamo nient’altro che un popolo di telefonini cui stanno appesi dei corpi più o meno inerti.

Se guardiamo la dinamica in atto nelle strade e piazze di Francia e di Navarra credo si possa leggerla come una battaglia per lo spazio pubblico, che volta a volta si riempie di contenuti specifici, portati dai vari gruppi sociali e classi, studenti, operai, lavoratori dei trasporti, piccoli artigiani, pescatori, contadini, giovani precari e quant’altro.

Chi agisce lo spazio pubblico? Il potere, e le sue articolazioni più o meno istituzionali, oppure la libertà, la critica al potere, la dissidenza, la disobbedienza civile, i cittadini che nello spazio pubblico si autorganizzano sulla base dei loro bisogni e desideri. Questa contraddizione ha segnato la storia di Francia dalla Rivoluzione dell’89 a oggi via la Comune di Parigi, il Maggio ’68, le grandi rivolte studentesche degli anni ’80, per dire solo i momenti più salienti.

Lo spazio pubblico è il luogo dove l’abitante diventa cittadino, incontrando altri abitanti, con loro confrontandosi e discutendo, in una dialettica che volta a volta può essere inclusiva o conflittuale, di convivenza o di esclusione – e quando il conflitto diventa troppo aspro lo spazio pubblico si apre alla possibilità di guerra civile, la peggiore delle iatture secondo gli antichi greci. Nello spazio pubblico si costituisce la cittadinanza, la città diventando Polis o Civitas. Nella moderna società dell’informazione e comunicazione partecipano dello spazio pubblico anche i mass media, giornali, radio, televisioni, siti internet, social network, e quant’altro. E qui il discorso sarebbe troppo lungo.

Da sempre il potere ha tentato e tenta di regolamentare lo spazio pubblico, per ingabbiarlo togliendogli la sua potenza creatrice di nuovi rapporti sociali e di nuove idee nonchè pratiche politiche.

Nei sistemi totalitari lo spazio pubblico viene direttamente gestito dal regime, e quando scantona intervengono i carri armati come accadde a piazza Tien An Men, occupata da migliaia di giovani contestatori, moltissimi massacrati dai tank – non si seppe mai quanti. Prima c’era stata la strage di studenti in Piazza delle Tre Culture  a Città del Messico documentata da Oriana Fallaci che rimase ferita. Lo stesso è avvenuto durante le cosidette primavere arabe.

La Francia è una democrazia, ma così così. Dove il “così così”indica la perversione di uno stato d’emergenza che – in attesa di entrare a pieno titolo nella Costituzione non più come meccanismo eccezionale ma come deterrente permanente –viene prorogato di mese in mese, pretendendo di vietare manifestazioni nelle pubbliche piazze e strade in nome della lotta al terrorismo. Quel “così così” per cui, sapendo che sarebbe respinta, non si mette ai voti in Parlamento la legge che restringe assai i diritti e le libertà dei lavoratori, imponendola per decreto, nel mentre si vorrebbe impedire a lavoratori, studenti eccc.. di autorganizzarsi e protestare in piazza.

In realtà le restrizioni alla libertà nello spazio pubblico cominciano ben prima. Per l’esattezza quando il governo francese fa la bella pensata di inibire il velo mussulmano in tutti i luoghi pubblici sotto pretesto che rende irriconoscibile, quindi non identificabile, la persona che lo porta.

Ma non esiste un obbligo di riconoscibilità nello spazio pubblico. Non sta scritto nella Costituzione nè da nessuna altra parte. Il solo obbligo è quello di mostrare il tuo volto e i tuoi documenti d’identità nel caso di una richiesta da parte della polizia o altra entità preposta dallo stato. Per il resto ti vesti come vuoi, il che vale per tutti salvo le donne mussulmane.

Una discriminazione di grande violenza sociale.

Ovviamente anche l’ideologia totalitaria della jihad aborre lo spazio pubblico come luogo di libera dialettica e incontro, in questo dando la mano a tutti quelli che, e sono molti, del libero arbitri e della libera volontà hanno paura perchè devono conservare il potere, che libertà e potere proprio tanto d’accordo non vanno.

La battaglia per lo spazio pubblico, uno spazio pubblico liberamente autogestito dai cittadini, sta alla base delle nuit debout come degli indignati spagnoli e di occupy Wall Street, e anche degli scioperi operai e studenteschi.

Lo spazio pubblico funziona inoltre come un mescolatore sociale che unifica strati diversi di popolo, giovani e meno giovani, studenti e operai, precari  e lavoratori più stabili, maschi e femmine. Altra dimensione temuta dagli stati, la libera unità dei cittadini, in specie degli oppressi che sono largamente la maggioranza nella società.

Concludendo, non è dato ora prevedere dove il movimento in Francia porterà. Però certamente in Francia come in Spagna e in altri luoghi la questione dello spazio pubblico è nevralgica per uno sviluppo della democrazia che non rimanga impastoiata se non svuotata nei meccanismi di controllo statuale.  La democrazia che è essenziale per la qualità della vita associata, per eccellenza la vita urbana.

 

Immagine di Fos – sur – Mer tratta dal profilo Flick: https://www.flickr.com/photos/willembuys/

 

 

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