Super: il festival delle periferie #3

Milano, internazionalismo, città dal basso

di Carlo Venegoni

Il mio rapporto con SUPER è cominciato un freddo sabato di dicembre 2015: la vicinanza del Natale aveva fatto sì che mi trovassi a Milano, richiamato da Berlino, la città dove vivo, ad onorare le festività natalizie in famiglia. In quell’occasione, mi accodai ad una decina di persone che si muovevano nelle zone della Baia del Re (lungo il Naviglio nella zona di via Montegani e Chiesa Rossa), tra cortili di case popolari di proprietà comunale, biblioteche pubbliche, studi di stampa fotografica e laboratori artigianali di sarte precarie. Ultima tappa era stata proprio l’omonima chiesa, di cui Dan Flavin, artista minimalista statunitense noto per le sue installazioni luminose, stese un progetto per la nuova illuminazione realizzato nel 1997 dalla Fondazione Prada.

Fin da quella prima esperienza, SUPER ha risvegliato un grande interesse in me, per formazione e esperienze professionali portato ad occuparmi e appassionarmi di processi di trasformazione territoriale – dai “grandi cantieri”, operazioni immobiliari più o meno tradizionali, a iniziative di varia scala avviate grazie all’attivazione della cittadinanza – . In Super infatti la lettura della realtà del territorio e delle sue trasformazioni viene restituita dalle parole delle sue componenti sociali, attraverso il racconto in prima persona di esperienze di impegno civile e di imprenditorialità che animano i quartieri e contribuiscono a dare forma alla loro identità.

Un’attività di ascolto condotta con un approccio aperto, laico e includente, che ha portato ad incontrare e raccogliere testimonianze con la stessa attenzione da persone di qualunque provenienza e attività – da associazioni di volontariato ad attività commerciali di varia natura (coworking e start up, aziende agricole e laboratori artigianali, trattorie e centri culturali, ecc.…), da servizi sociali e culturali pubblici comunali a progetti alternativi nati da comunità – parrocchie, centri sociali, comunità migranti – nati per rispondere a bisogni avvertiti collettivamente a cui mancava risposta.

Un’attenzione simile, orientata ad osservare, raccontare e organizzare ciò che la cittadinanza attiva in diverse formazioni compie nelle città per migliorarne la realtà, i servizi e la vita, è posta alla base di studi e ricerche a diversi livelli in molti Paesi d’Europa e del mondo. Definiti con differenti formule – iniciativas ciudadanas, civic practices, city makers solo per nominarne alcune – questi movimenti sono oggi spesso soggetto e oggetto di studio, organizzano incontri e sono invitati a conferenze e convegni, viaggi di studio e simposi in centri culturali, centri studi e università. Quello a cui stiamo assistendo è insomma il riconoscimento di queste iniziative e del loro ruolo di “produttrici di città” a tutti gli effetti, potenziali attori alleati delle istituzioni pubbliche nel garantire un servizio di welfare cittadino, al pari degli altri attori del mercato che guidano lo sviluppo dei vari ambiti delle nostre città.

I “City Makers”, da parte loro, si stanno organizzando a livello europeo, e puntano ad avere un peso sempre maggiore nella discussione del futuro delle città: a fine maggio 2016, mentre SUPER girava per Via Padova e il Naviglio della Martesana, una delegazione internazionale presentava ai Ministri dell’Unione Europea riuniti ad Amsterdam la “City Makers Agenda”, un documento contenente le idee “dal basso” per lo sviluppo delle città europee del futuro.

A oltre un anno di distanza, due mesi fa si è chiuso il primo giro delle periferie, in cui SUPER ha raccolto oltre centosettanta testimonianze di realtà coinvolte nella “produzione di città”, un archivio di grandissimo valore umano oltre che documentario. Negli ultimi mesi è arrivato anche il primo riconoscimento istituzionale della qualità del lavoro intrapreso proprio dalla European Cultural Foundation, fondazione che ha partecipato attivamente alla mobilitazione dei City Makers europei.

IdeaCamp 2017

La ECF ha dapprima selezionato SUPER tra oltre cinquecento idee progettuali provenienti da tutta Europa nell’ambito della sua piattaforma IDEAcamp 2017 “Moving Communities”, e poi ha confermato l’intenzione di supportarlo con un primo finanziamento quanto mai necessario per sostenere le nostre prossime iniziative.

Tornando a quel lontano Dicembre 2015, all’uscita dalla Chiesa Rossa, con i dieci di SUPER avevamo commentato di come la cultura e l’arte abbiano il potere di scardinare un luogo dalla sua quotidianità locale e inserirlo in una prospettiva internazionale e in luoghi altri. Ripensandoci ora, quello è stato solo il primo esempio di un fenomeno che si è poi ripetuto in molti altri Tour collegando di volta in volta una chiesa, un sottotangenziale, un parco, un ex garage o una palazzina del macello cittadino ora agli Stati Uniti, al Sudamerica, al Maghreb e alla Germania.

La sfida di SUPER, per me, è anche questa: dare seguito, valorizzare e creare ulteriori connessioni nazionali e internazionali che sappiano nutrire e suggerire la creazione di una città che è qui e cento altri luoghi contemporaneamente.

foto di Chiara Lainati

Da maggio 2017, ogni mese su Q Code Town vi raccontiamo qualcosa a proposito di Super: il festival delle periferie.
Cliccate qui per il racconto di maggio, dove vi spieghiamo cos’è Super
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