Abruzzo e rifiuti

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24 Agosto 2021

Dalle ecoballe bloccate in Marocco e Romania alla contestata gestione dell’unica discarica pubblica

Ci sono temi, prima, durante e (se e quando ci sarà) post Covid-19 che sono significativi dello stato di una società, di un tessuto economico, della salute delle istituzioni e dei cittadini.

Uno di questi è la gestione del ciclo dei rifiuti, nel quale da sempre emergono fino in fondo virtuosismi e incapacità della gestione della cosa pubblica, integerrimi amministratori e consorterie di ogni tipo. Un tema nel quale mezze verità, falsità, ragioni di comodo, silenzi, mezzi silenzi ed imbarazzi dominano.

Settore caldo, caldissimo, metaforicamente e non solo. Anche materialmente e così, più o meno casualmente, più o meno accidentalmente, ci sono balle ed ecoballe, rifiuti ed impianti che negli anni sono stati avvolti nelle fiamme.

Dalla ricca (e penetrata ed avvelenata dalle mafie) Lombardia alla Campania è cronaca di tutta o quasi la Penisola. Abruzzo compreso. Nell’ottobre di otto anni fa raccontammo le molte criticità della gestione dei rifiuti nella regione adriatica, “paradigma di una società”.

Tre anni dopo una nave di ecoballe partì dall’Abruzzo per il Marocco, fu fermata in porto perché lo Stato nordafricano chiese ulteriori analisi sulla qualità di quei rifiuti. Nel dicembre dello stesso anno fu un rapporto di Greenpeace a rendere noto che dopo quella spedizione, dall’esito infausto, il Marocco aveva sospeso l’arrivo di qualsiasi conferimento dall’Italia intera.

Tra il nostro primo articolo e questa vicenda ci fu un’altra nave di ecoballe che partì sempre dal porto abruzzese di Ortona nel 2014. Giunta in Romania fu anch’essa bloccata in porto per mesi, la spedizione ebbe per mesi altissima risonanza sulla stampa rumena che titolò ripetutamente su quella che definì “la nave dei veleni” italiana. La Romania respinse quel carico di ecoballe partito dall’Abruzzo e la nave venne dirottata in Bulgaria.

Queste sono alcune delle vicende, perse nel “porto delle nebbie” di una gestione rifiuti troppo spesso opaca e preda di interessi ancora più opachi che abbiamo citato nell’articolo del 30 aprile 2020.

Una delle vicende abruzzesi di cui accennammo, ancor più significativa perché sarebbe l’unico impianto pubblico per trattamento e smaltimento rifiuti nella regione adriatica, viene dal vastese.

Ed è l’ultimo capitolo di una storia nata travagliata e che, nei decenni, ha vissuto molti momenti di crisi. L’ultima, nel silenzio generale e ormai caduta nel dimenticatoio, sarebbe ancora in corsa. Tornare a raccontarla, evidenziarne i tanti aspetti critici, tornare ad accendere riflettori su una vicenda oscurata dall’emergenza sanitaria e da un territorio che non si pone mai domande ed interrogativi – definito due anni da Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo, riprendendo un vecchio proverbio popolare, Sant’Antonio che accetta tutto – è quindi importante e doveroso.

L’impianto si trova a Valle Cena, frazione del comune di Cupello nel vastese, ed è composto anche da tre discariche, definite vasche. Le prime due esaurite negli anni e la terza affidata in gestione alla Cupello Ambiente, società che fa a capo alla pugliese Agecos dell’imprenditore Rocco Bonassisa.

Nell’ultima vasca tra il giugno 2018 e l’ottobre 2019 per ben 5 volte scoppiò un incendio. In questo caldo anno e mezzo si colloca anche il sequestro nell’ambito delle indagini della Procura di Vasto seguite ad esposti presentati dalla Stazione Ornitologica Abruzzese e dal Forum H2O Abruzzo.

Sequestro scattato il 20 marzo 2019 e conclusosi solo nel gennaio dell’anno scorso. Le indagini, che puntano l’attenzione sulla provenienza e la gestione di rifiuti extraconsortili (soprattutto da altre regioni tra cui Campania e Lazio), ad oggi risultano ufficialmente ancora in corso.

Il dissequestro della «vasca» fu disposto dal gip di Vasto Italo Radoccia a febbraio dell’anno scorso, nonostante il parere contrario della Procura, in quanto erano «venute meno le esigenze cautelari» per «l’avvenuta esecuzione di opere riparatorie», «non sussiste più il pericolo di inquinamento probatorio» e non ci sarebbero il pericolo di «aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati».

Nei giorni successivi il Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo sospese i conferimenti nella vasca dissequestrata sussistendo, secondo i dirigenti del settore regionale, i «presupposti per l’applicazione della diffida e la contestuale sospensione della annunciata ripresa delle attività gestionali» della terza discarica del Civeta «in presenza del permanere delle violazioni alle prescrizioni dell’AIA di riferimento».

Valle Cena, gli ultimi interrogativi di cittadini e ambientalisti che attendono ancora risposta

«Attendiamo risposte» concludeva il comunicato stampa dello scorso 16 marzo il Forum H20 sugli ultimi sviluppi della vicenda della «terza vasca» del Civeta, gestita dalla società Cupello Ambiente e oggetto dell’inchiesta della Procura di Vasto partita due anni fa.

«Mentre si discute se e come aumentare la volumetria della discarica per accogliere più rifiuti nel futuro – ha sottolineato il sodalizio ambientalista – si chiede quali azioni gli enti pubblici stiano mettendo in campo per risanare la Valle Cena, in cui sono state accertate pesanti criticità ambientali». Oltre cinque mesi dopo le risposte, che si attendono da lunghissimo tempo, non sembrano in dirittura d’arrivo.

«L’ARTA, a seguito di una verifica tecnica sulla terza discarica del polo impiantistico del CIVETA, gestita dalla Cupello Ambiente, il 26 febbraio scorso ha rilevato che “Sulla base della documentazione autorizzativa in ns. possesso, permangono le difformità dell’intero invaso rispetto all’autorizzazione D.D. DPC026/02 del 23/07/2015 e nulla-osta alla V.N.S. (variante non sostanziale, ndr) datata 24/05/2017 prot. 139234” – riportava la nota del Forum – lo scorso 24/02/2021 il Servizio Rifiuti della Regione Abruzzo ha prorogato la sospensione delle attività gestionali della terza discarica di Cupello gestita dalla Cupello Ambiente di altri tre mesi, dopo i primi sei mesi di stop seguiti al periodo di sequestro a cui era stato sottoposto l’impianto da parte della Procura di Vasto».

Atto regionale motivato da una «pendenza delle pareti delle vasche è maggiore rispetto ai progetti approvati, determinando anche un aumento della volumetria disponibile rispetto a quanto autorizzato nel 2013 per la Valutazione di Impatto Ambientale. Per questo la società avrebbe dovuto avviare una nuova procedura di V.I.A. per la variante in aumento, depositando la relativa documentazione, cosa che finora non è stata fatta» davanti la quale « il 9 marzo, il Servizio Gestione Rifiuti della Regione ha rilevato che “che alla data odierna la Cupello Ambiente non ha ancora attivato le procedure di cui alla Parte II, Titolo III del D.lgs. 152/06 di competenza del Comitato VIA per “l’aumento della volumetria netta dei rifiuti da 450.000 mc a 517.400 mc”, nonostante le diverse sollecitazioni sia da parte dello stesso Comitato VIA che del SGR“».

Ad una segnalazione del 5 dicembre 2019 da parte di Augusto De Sanctis del Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, due settimane dopo la Regione Abruzzo – servizio VIA (Valutazione Impatto Ambientale) ha risposto di aver rilevato  sulla realizzazione della terza vasca (che ricordiamo è quella sequestrata e teatro dei vari incendi)  «i presupposti per l’applicabilità di quanto disposto dall’art. 29, commi 2 e 5 del D.Lgs. 152/06» e, di conseguenza, ha chiesto al Civeta (il soggetto che originariamente aveva presentato il progetto della terza discarica) di «attivare la presentazione di istanza di riesame del progetto» perché sono chiaramente «difformi dall’originaria autorizzazione dell’Autorità Competente: il CCR-VIA» le opere realizzate. Augusto De Sanctis via posta certificata aveva inviato al servizio VIA il verbale di una riunione del 18 ottobre 2019 (precedente quindi all’ultimo violento incendio) svoltasi presso un altro ufficio della regione, quello Rifiuti  (a cui il servizio VIA  non è stato invitato). Il commissario del Civeta ha messo a verbale che «secondo le evidenze dello studio tecnico geologico che il Civeta, in agosto, ha commissionato ad esperti (ed i cui dati saranno consegnati all’autorità competente) è stato acclarato che l’invaso in parola, quanto alle pendenze delle pareti, è stato realizzato dalla Cupello Ambiente in totale difformità tra quanto progettato dall’Ing. Mandolini ed autorizzato dalla Regione Abruzzo».

Valle Cena, i primi travagli partono da molto lontano

La prima volta che le cronache giudiziarie si interessarono di Valle Cena, ricorda ancora il comunicato, è addirittura nel 1995. Un’inchiesta scaturita da quella sull’assassinio dell’avvocato Fabrizi a Pescara. I mandanti non sono mai stati ufficialmente individuati ma l’inchiesta scatenò un terremoto politico così grande che nel 1992, pesantemente coinvolti dagli arresti, furono spazzate vie la giunta regionale e quelle comunali di Pescara e Chieti.

La costruzione della prima vasca ha portato a contenziosi legali nel 1998, chiusi solo dieci anni dopo con un atto transattivo. Un’ATI – Daniele – nel 1989 si era aggiudicato l’affidamento per la costruzione e gestione dell’impianto ma, dopo varie contestazioni, nove anni dopo il Civeta decise di rescindere il contratto addebitando vari inadempimenti all’ATI, che trascinò il Consorzio in tribunale. Nel 2015 una sentenza diede parzialmente ragione all’ATI condannando il Civeta che scelse di rinunciare all’appello dopo un parere legale che paventava il rischio di una maggior condanna in secondo grado.

La vicenda si è così chiusa nel 2018 con un accordo transattivo. Mentre questo primo contenzioso era ancora in attesa di definizione si era acceso lo scontro con la Regione per la gestione della seconda vasca.

Basandosi su diverse contestazioni dell’ARTA (l’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente) il Servizio Gestione Rifiuti,  nel luglio 2007, nel dicembre 2008 e nell’agosto 2009 inviò varie diffide al Consorzio accusandolo di effettuare «attività di gestione degli impianti difformemente» da quanto previsto e dovuto. In un atto della Regione la gestione venne addirittura definita «quasi senza regole». Accuse respinte e definite politiche dagli allora amministratori locali, dopo la crisi gestionale fu stipulato un “Accordo di Programma” con la Regione – per superare oggettive, evidenti “criticità” – e che in quegli anni fu nominato anche un commissario regionale per breve periodo davanti una situazione considerata insostenibile dal Servizio Gestione Rifiuti.