EZLN: oggi, 38 anni fa

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18 Novembre 2021

La delegazione zapatista in Italia per la Travesía por la Vida

Il 17 novembre 1984, 19 anni fa, celebravamo per la prima volta l’anniversario dell’EZLN. Avevamo 9 anni. Penso che fosse un campo chiamato “Margaret Thatcher” perché avevamo catturato una scimmietta che, ve lo giuro, era il clone della ‘Iron Lady’.

Così scriveva il 10 novembre del 2003 il Subcomandante Insurgente Marcos, quando era ancora portavoce e capo militare dell’EZLN. “Un anno dopo, nel 1985, lo festeggiammo in un campo chiamato “Watapil”, perché così si chiamava una pianta con le cui foglie abbiamo ricavato una tettoia per il cibo”.

L’EZLN nasce dalle ceneri delle Fuerzas de Liberacion Nacional, gruppo rivoluzionario messicano represso nel sangue negli anni ’70 dal governo.

Chi di loro non morì, non diventò desaparecidos e non fu arrestato, si prese quasi dieci anni prima di dare vita ad una nuova tappa del loro progetto rivoluzionario, quella tappa aveva il nome di EZLN – FLN, e si materializza con la fondazione del primo accampamento nella Selva Lacandona.

La storia della clandestinità dell’EZLN, a differenza di altri esempi continentali, non è per nulla pubblica. Custodita dal silenzio indigeno, e resa pubblica a piccole puntate dalla penna, magica, del Subcomandante Marcos.

Per esempio in quel 10 novembre ,il Sup, come spesso giocosamente si è auto-denominato, scrisse parecchio di quei giorni “Io ero il secondo capitano, eravamo nella cosiddetta “Sierra del Almendro” e la colonna madre era stata in un’altra catena montuosa. Avevo 3 ribelli sotto il mio comando. Se la matematica non mi delude, eravamo in 4 a quel campo. Festeggiamo con toast, caffè, pinole con zucchero e una cojola che uccidemmo al mattino. C’erano canzoni e poesie. Uno cantava o declamava e gli altri tre applaudivano con noia degna di una causa migliore. A mia volta, con un discorso solenne ho detto loro, senza altri argomenti che le zanzare e la solitudine che ci avvolgeva, che un giorno saremmo stati migliaia e che la nostra parola avrebbe fatto il giro del mondo. Gli altri tre erano d’accordo che il toast era probabilmente ammuffito, che probabilmente mi aveva ferito ed era per questo che stavo delirando. Ricordo che quella notte piovve”.

Ma tra una battuta e un ricordo divertente scrisse anche di più “In quella che noi chiamiamo la quarta tappa, furono presi i primi contatti con le popolazioni della zona. Prima hai parlato con uno e quello ha parlato con la tua famiglia. Dalla famiglia passò alla comunità. Dalla comunità alla regione. Così, a poco a poco, la nostra presenza è diventata un segreto di Pulcinella e una cospirazione di massa. In questa fase, che corre parallela alla terza, l’EZLN non era più quello che pensavamo al nostro arrivo. Ormai eravamo già stati sconfitti dalle comunità indigene e, in conseguenza di quella sconfitta, l’EZLN cominciò a crescere geometricamente e a diventare “molto diverso”, cioè la ruota continuò ad ammaccarsi finché, finalmente, fu rotonda e era in grado di fare ciò che aveva fatto, doveva fare una ruota, cioè rotolare. La quinta tappa è quella della crescita esplosiva dell’EZLN. A causa delle condizioni politiche e sociali, siamo cresciuti oltre la Selva Lacandona e abbiamo raggiunto Los Altos e il nord del Chiapas. Il sesto è il voto sulla guerra e sui preparativi, compresa la cosiddetta “Battaglia di Corralchén” nel maggio 1993, quando abbiamo avuto le prime battaglie con l’esercito federale”.

Un’alba di 38 anni fa, dopo almeno un anno di esplorazioni e assemblee preparatorie, 6 messicani, 3 indigeni, 3 meticci, 1 donna e 5 uomini, entravano nella Selva Lacandona e fondavano il 17.11.1983 il primo accampamento dell’EZLN.

Quel giorno prendeva forma un progetto politico che scontrandosi con il mondo indigeno ebbe il coraggio di riconoscere che “il soggetto rivoluzionario, il Maya sfruttato del Chiapas” non aveva alcuna intenzione di alzarsi in armi per replicare le strategie guerrigliere degli anni ’70 e ’80, non aveva interesse per il potere in sé ma come, nuovamente o meglio inizialmente, scrisse il SupMarcos nel 1994 l’EZLN si è modificato e quasi si può dire che “Come ogni anno segnaliamo qual è il piano del nostro Esercito di Liberazione Nazionale. Oggi come nel 1993, mentre preparavamo la guerra, come nel 1992, quando l’abbiamo decisa, come nel 1984 quando abbiamo festeggiato il nostro primo anno, come nel 1993 quando abbiamo iniziato il risveglio della speranza, il piano zapatista è lo stesso: cambiare il mondo, farlo migliore, più giusto, più libero, più democratico, come dire, più umano”.

Oggi, 38 anni dopo, quella storia oltre a stupire costruendo un mondo più umano, ha stupido l’Europa riuscendo, giocando con i limiti delle regolamentazioni Covid-19, a portare in Europa oltre 150 uomini e donne delle comunità e girarla dal basso e da sinistra.