Ucraina, il ritorno della paura

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8 Febbraio 2022

Dopo anni di guerra, sale la tensione al confine: l’attesa degli ucraini

Sono tornata a vivere nella paura. Nella paura di guardare la mattina le notifiche del mio cellulare e scoprire che è successo il peggio.

La paura di leggere che è avvenuta l’invasione dell’Ucraina su larga scala da mesi minacciata dalla Russia. Leggere che qualche parte del mio paese non c’è più, come è successo nel 2014, con la Crimea e Donbas.

Quella paura è nata nel 2013, quando la mattina del 30 Novembre mi svegliai con la notizia che erano stati picchiati a sangue gli studenti che pacificamente protestavano sulla piazza principale della capitale Kyiv, il Majdan, contro il rifiuto del presidente filorusso Yanukovyč di firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea.

Ero lì la sera prima a salutare il mio amico giornalista polacco, Tomasz Piechal, che la notte sarebbe rimasto travolto da una botta di manganello in testa.

Poi arrivarono i lunghi e duri tre mesi delle manifestazioni sul Majdan, vissuti sempre con la paura di leggere le notizie la mattina, perché le forze militari cercavano di attaccare la notte,  quando la piazza si svuotava e a pernottare rimanevano solo quelli che ormai avevano preso la residenza nella tendopoli.

I tre lunghi e duri mesi finirono con tre giorni a febbraio 2014 con gli scontri durissimi che portarono a quasi cento vittime assassinate nel centro di una capitale europea.

In quei tre giorni lo spazio per la paura non c’era. Il tentativo di spaventare i manifestanti con le armi ha avuto l’effetto contrario: il giorno dopo del massacro sul Majdan i manifestanti si sono triplicati. Anche gli artisti, che il giorno prima venivano a fare i concerti sul Majdan, per rafforzare lo spirito della gente, si sono messi a preparare le molotov per far resistere la capitale.

Anche i businessman, che di giorno mandavano avanti il paese, e di sera passavano a salutare gli amici sul Majdan, hanno sospeso le loro attività per servire come semplici autisti a portare gli aiuti al Majdan: cibo, legna per la stufe nella tendopoli, le coperte, i giubbotti antiproiettile.

Eravamo giunti al limite: o noi, o loro. Abbiamo vinto noi, il presidente filorusso Yanukovyč scappò in Russia, le nuove elezioni furono indette.

Per qualche settimana sembrava che il posto della paura venisse preso da qualche altro sentimento, scacciato via presto però dai i soldati russi che, a Marzo 2014, si presero la Crimea con un referendum fittizio e cominciarono a prendersi il Donbas.

La paura paralizzante crebbe con l’arrivo delle colonne militari russe che avanzavano per le strade dell’Ucraina orientale, sotto la copertura dei convogli umanitari. Erano lì in diretta streaming ad iniziare una guerra in corso fino ad oggi.

In otto anni di guerra sul Donbas, costantemente presente nel quotidiano ucraino, abbiamo imparato a convivere con la paura e le sue sfumature. Pur bisogna organizzarsi la vita in qualche modo e mandare avanti il paese: chi lo fa con il fucile in mano, chi lo fa con il computer, chi lo fa con la penna, chi lo fa con lo scalpello. Ognuno ha il suo fronte da combattere.

In otto anni in Ucraina si sono svolte due elezione democratiche del presidente, in un paese che ha saputo riequilibrare il suo settore energetico, ha ottenuto il “no visa” per l’ingresso nei paesi Schengen, ha ospitato il concorso di Eurovision, ha aperto il primo negozio IKEA a Kyiv e tante altre attività nuove che aiutano a mantenere e a crescere, anche se con i passi lenti,  il tenore di vita dei cittadini.

In otto anni di guerra è nata un’intera nuova generazione che l’anno scorso ha già iniziato la prima elementare e che non conosce il paese al di fuori della guerra.

Ed ora la paura è tornata di nuovo, ancora più forte di prima. La paura di leggere la mattina le notizie che non avrei mai voluto leggere.

Le minacce ibride, e le operazioni velate di false flag sono diventate le minacce concrete sotto forma di 100mila soldati russi ammassati al confine ucraino e la lunga lista delle richieste dalla Russia, tra le quali quella di non far entrare l’Ucraina nella NATO. L’Ucraina è tornata presente in tutti i notiziari, in tutti i social media, in tutte le comunicazioni ufficiali dei paesi democratici e anche nel discorso inaugurale del presidente Mattarella.

É tornata nei messaggi che si ricevono, dove chiedono di spiegare cosa sta succedendo davvero in Ucraina, perché i notiziari sono vaghi, nelle telefonate dei giornalisti italiani che chiedono i contatti dei giornalisti ucraini sul posto.

Da qualche mese, tutti i giorni, con la disperata paura addosso, passo il tempo ad aggiornare i siti dei notiziari sul cellulare o sul computer in attesa che qualche altra emozione prenda il sopravvento sulla paura.