Pedofilia: venti anni di drammi tra Nuova Zelanda, Olanda e Afghanistan

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2 Settembre 2021

L’ultimo rapporto dell’associazione Meter

Il web è una preziosissima miniera di risorse di ogni tipo. Il confinamento sociale dovuto all’emergenza pandemica ha portato all’emersione di un dato che accompagna le nostre vite ormai da tanti anni: internet rappresenta una parte fondamentale della vita e delle quotidiane attività di ognuno di noi.

Ogni giorno abbiamo a disposizione una sterminata biblioteca, fonti di informazioni che qualche decennio ci saremmo sognati, possiamo approfondire e studiare qualsiasi cosa, le nostre coscienze sociali e politiche si formano soprattutto grazie alle finestre virtuali sul mondo. Senza il web non esisterebbe, probabilmente, il giornale su cui state leggendo quest’articolo.

O avrebbe una forma ben diversa, vicina ai ciclostilati o alle radio e le televisioni libere che hanno segnato gli ultimi decenni del novecento e i primi anni duemila.

Grazie al web siamo costantemente in contatto con gli altri, su internet passiamo anche ore intere a giocare, divertirci, avere momenti spensierati. Ma non esiste rosa senza spine, luna senza l’altra faccia, quella nascosta e buia. Internet non fa eccezione e praterie sconfinata e terribili sono state aperte per i maggiori pericoli, rischi, crimini odierni. Il terrorismo internazionale, il narcotraffico, lo sfruttamento dello stupro a pagamento, la pedopornografia, l’esaltazione e la propaganda delle mafie fino ad intimidazioni e minacce anche di morte.

Una delle praterie più frequentate è quella dei crimini contro le donne e l’infanzia, dello sfogo di ogni perversione sessuale. Sui social network più diffusi, su forum e siti web di varie tipologie, su piattaforme di messaggistica vengono diffusi migliaia, se non milioni, di foto e video a sfondo sessuale. Spesso di minori e/o completamente illeciti.

Meno di un anno dopo la prima denuncia, Meter ha documentato e denunciato nuovamente l’esistenza di pedomamme. «90 links con indicibili e infernali abusi sui … probabili loro figli (anche neonati)» ha riportato su facebook il fondatore don Fortunato Di Noto.

Quest’estate Di Noto e la sua associazione hanno denunciato anche l’esistenza di un manuale pedofilo pubblicato sul web: un «portale web madre che giustifica l’attrazione degli adulti nei confronti dei bambini», in cui pedofili che si definiscono «virtuosi» hanno scritto che«la pedofilia è una scelta, un destino, un orientamento». In un «quaderno di istruzioni e di informazioni rivolto ai genitori e agli insegnanti – denunciò Di Noto – la pedofilia viene definita banalmente un «orientamento sessuale» e non c’è nessuna traccia di criminalizzazione.

«Lo scopo di questa guida – si legge in apertura della prima pagina – è insegnare agli adulti come fare sesso con i bambini in modo sicuro e innocuo senza ferire il bambino, utilizzando la psicologia e la pedagogia infantile avanzate e profondamente studiate».

170 pagine redatte in lingua spagnola (ma gli autori, ignoti, invitano a tradurlo in altre lingue e diffonderlo), diffuse su una piattaforma web, dove sono in contatto pedofili di varie parti del mondo e sono attivi scambi di materiali pedopornografici, che si basa «sull’idea che, in fondo, farebbe del bene ai bambini, che i bambini possono starci» e si descrivono nero su bianco quelle che definiscono «tecniche non invasive». Delineando come fare «per evitare traumi ai bambini, dato che il sesso piace e non è affatto traumatico» e che si appoggia la «la causa della normalizzazione della pedofilia perché si tratterebbe di un orientamento». «Insegnare agli adulti come fare sesso con i bambini in modo sicuro e innocuo senza ferire bambino, utilizzando la psicologia e la pedagogia infantile avanzate e profondamente studiate» si legge sempre sulla prima pagina.

Gli stessi autori scrivono che scaricare questo e-book in alcuni Stati è un reato e, quindi, consigliano di scaricarlo e cancellarlo. Meter ha denunciato, appena venuta a conoscenza di questo «manuale», la pubblicazione alla polizia neozelandese (il server provider ha l’estensione nz) e per conoscenza alla polizia postale italiana.

I tentativi di «normalizzare» la pedocriminalità avanzano, il monito di don Fortunato Di Noto davanti fatti del genere. Lo dimostra quanto accaduto in Olanda all’inizio di quest’estate: «il Partito Pedofilo Olandese (PNVD) è stato nuovamente rifondato (nel 2020) con un fitto Programma di iniziative (2020/2021). Saranno sparuti militanti, ma quei pochi ….fanno molto pensare – la denuncia del fondatore di Meter – Il diritto della libertà di espressione, a loro dire: perché criminalizzare chi è pedofilo? Chi ha questo orientamento sessuale? chissà perché lo denunciamo solo noi».

In queste settimane l’Afghanistan è tornato all’attenzione dei media e della “politica” italiani, dopo il ritiro statunitense e l’avanzata dei talebani. Questi vent’anni non sono stati un buco nero e nessun paradiso in terra ha avvolto l’Afghanistan, terra insanguinata da decenni di guerre, terrorismo, oppressione, occupazione, crimini feroci e disumani. Donne e infanzia sempre tra le maggiori vittime, come in ogni barbarie i più deboli e fragili sono i più colpiti.

Centinaia di bambini sono stati detenuti per presunto terrorismo, spesso vittime di tortura in carceri gestite dalle forze di sicurezza governative ha denunciato due mesi fa Human Rights Watch.

«La Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) ha scoperto che i bambini detenuti in Afghanistan per accuse relative alla guerra avevano maggiori probabilità degli adulti di denunciare la tortura. Quasi il 44% dei bambini intervistati nel 2019-2020 ha fornito resoconti credibili di torture o maltrattamenti, rispetto a circa il 32% di tutti i detenuti – riporta il sito web di Osservatorio Diritti – Interviste casuali dell’Unama durante quel periodo hanno trovato bambini di 10 anni detenuti in strutture militari o di sicurezza.

Durante il conflitto in Afghanistan, forze armate e gruppi hanno reclutato migliaia di bambini sia per ruoli di combattimento sia di supporto, in violazione del diritto internazionale. I talebani, l’IS-KP e altri gruppi armati hanno usato i bambini per compiere attacchi suicidi, piazzare ordigni esplosivi e partecipare alle ostilità. Anche le forze di sicurezza afghane hanno reclutato e utilizzato ragazze e ragazzi».

Tra gli abusi e le violenze sistematiche contro l’infanzia non mancano lo stupro e lo sfruttamento pedofili. Lo ha ricordato di recente il presidente di PeaceLink Alessandro Marescotti.

«In alcuni paesi del mondo i bambini hanno un prezzo, chi lo paga ne decide anche l’identità. Accade in Afghanistan e loro sono i bacha-bazi – la denuncia già 6 anni fa del portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini – È una pratica atroce, anche se socialmente accettata, perché protetta dallo scudo della tradizione secolare di questo paese. Sono abusi di cui si parla poco, che ancora oggi rappresentano un tabù. I bacha-bazi sono letteralmente i “bambini per gioco”, minori, maschi, costretti a indossare abiti femminili ed essere sfruttati sessualmente da uomini molto più grandi di loro».

Nel 2019 il Parlamento Europeo votò una risoluzione in cui si esortava « il governo afghano ad avviare una campagna nazionale per educare la società al divieto del bacha bazi». Rimasta lettera morta mentre i signori della guerra e delle armi hanno continuato ad aumentare i propri affari, anche in tempi di pandemia, sulle sofferenze e le morti atroci del popolo afghano. Il bacha bazi, la denuncia di Vittoria Paterno di Amistades un anno e mezzo fa, è tornato a crescere esponenzialmente dal 2002, «anche nelle principali città come Kabul e Kandahar».

Praticato «da uomini ricchi o signori della guerra» e dalle «forze di polizia afghana». Dopo il 2002 e il nuovo esplodere di questo crimine pedofilo «la complicità del governo – ha sottolineato Vittoria Paterno – divenne, quindi, rapidamente un problema. Secondo quanto riferito, molti funzionari di alto rango risultano coinvolti nei bacha bazi e raramente sono perseguiti dai loro colleghi.

La maggior parte delle persone coinvolte hanno pagato tangenti o hanno avuto rapporti con forze dell’ordine, pubblici ministeri o giudici compiacenti, che li hanno effettivamente esentati dall’accusa». Il bacha bazi, denunciò l’analista, è «una forma di schiavitù sessuale contemporanea dei bambini che mette in pericolo la vita di giovani ragazzi vulnerabili. Lasciandoli con poca o nessuna abilità per perseguire una vita significativa».

«I genitori vengono persuasi a consegnare i propri figli in cambio di un esborso finanziario, anche sotto forma di alimenti e terre, con la promessa che riceveranno in cambio lavoro e istruzione. Altri invece vengono rapiti senza possibilità di scelta – riportò nell’articolo pubblicato sul sito di Amistades Vittoria Paterno – Apparentemente i giovani lavorano come ballerini a feste private, in realtà molti di loro sono costretti ad avere rapporti sessuali con i loro padroni. I ragazzi che si rifiutano di farlo vengono spesso violentati, senza avere alcuna possibilità di denuncia poiché la legge non li proteggerebbe, anzi rischierebbero altre violenze o la loro stessa vita. È accaduto, infatti, che alcuni di essi siano stati condannati a morte per il reato di omosessualità, punito duramente in Afghanistan specialmente nelle aree rurali dove i capi villaggio hanno un potere assoluto». I bambini vengono drogati con oppiacei e subiscono le peggiori torture e violenze che possono anche ucciderli.

Il “Dossier Afghanistan” numero 87 del 21 settembre 2011, realizzato da Rai World e pubblicato sul sito del Ministero degli Affari Esteri, pubblicò un articolo de La Stampa in cui veniva sottolineato che «la povertà endemica di alcune zone dell’Afghanistan sta costringendo molte famiglie in condizioni di miseria a vendere i propri figli per sopravvivere, segnala Radio Free Afghanistan.

Associazioni a tutela dei diritti umani hanno riferito che nella provincia settentrionale di Jawzjan – una delle regioni meno sviluppate del  Paese – questo triste fenomeno è in continuo aumento. Un rapporto pubblicato nel 2010 dalla ONG Internazionale ‘Save the Children’, dedicata all’abolizione del lavoro minorile nel mondo, rivela che circa il  28% di tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni residenti a Jawzjan è stato venduto dai propri genitori o tutori».

«Numerose famiglie povere mandano i propri figli ai lavori forzati, li vendono per lo sfruttamento sessuale, o li costringono a matrimoni precoci» denunciava il rapporto di Save The Children.

Il 21 Agosto 2015 (articolo che risulta essere stato aggiornato il 2 maggio dell’anno successivo) Fox News pubblicò la notizia di un militare pluridecorato costretto a lasciare l’esercito dopo essersi scontratato con un comandante della polizia afghana a Kunduz.

Alla base dello scontro la scoperta da parte del militare che il comandante aveva rapito e violentato un ragazzino di 12 anni e, successivamente, aveva picchiato la madre che aveva scoperto lo stupro.

Lo stesso anno il New York Times definì dilagante il bacha bazi tra l’esercito statunitense e la polizia, l’articolo riportò il caso di un bambino tenuto incatenato al letto e ripetutamente stuprato, trattato come “schiavo sessuale” da un comandante afghano.

Il quotidiano ha pubblicato una nuova inchiesta il 23 gennaio 2018 denunciando ancora una volta il dilagare di questi crimini, soprattutto nell’esercito e nella polizia afghana, e le complicità dei militari statunitensi.