Portogallo, l’ora della crisi politica

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28 Ottobre 2021

Verso elezioni anticipate: in crisi il governo tra socialisti e sinistra rosso-verde

Con la bocciatura del progetto di bilancio di mercoledì scorso, governo e parlamento portoghesi sono al capolinea. Il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, lo aveva detto che, senza una finanziaria per il 2022, avrebbe rispedito i deputati a casa, e la strada ormai pare imboccata, sebbene non sia ancora ufficiale al momento in cui scriviamo.

L’alleanza fra socialisti e sinistra radicale (Partito comunista, Verdi e Blocco di sinistra) era iniziata nel 2015 e gli avversari l’avevano chiamata geringonça, cioè “trabiccolo”, proprio perché si pensava che non sarebbero andati lontano.

Il Partito socialista era forza minoritaria, le sinistre davano per la prima volta il loro appoggio esterno e l’allora Presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, conservatore rigido e profondamente avverso all’ipotesi di un governo con i comunisti, aveva preteso un dettagliato accordo scritto. Per una sorta di eterogenesi dei fini, l’ostacolo finì per blindare l’alleanza. Funzionò.

La nuova legislatura, iniziata nel 2019, vedeva di nuovo i socialisti minoritari, anche se più forti, e nessuna intenzione di firmare impegni.

Sembrava una svolta a destra, ma il primo ministro António Costa ha continuato a guardare a sinistra. Tuttavia, lo stress del lungo anno e mezzo di gestione pandemica e la nervosa trattativa di questi ultimi giorni hanno mostrato che la profezia del trabiccolo, sia pure in ritardo di qualche anno, stava per avverarsi.

Costa, dopo essersi preclusa qualunque ipotesi di dialogo a destra, ha proposto ai vecchi partner una manovra in linea con le precedenti: maggiore progressività degli scaglioni Irpef, aumento di stipendi e pensioni, varie forme di sostegno alle famiglie con figli.

Le sinistre, spinte anche da una dinamica di rivalità reciproca (non è una vera alleanza di governo e i partner non si sono mai seduti allo stesso tavolo) hanno rilanciato con insistenza su una maggiore spesa pubblica soprattutto in ambito sanitario (ora che le regole europee sull’indebitamento sono più lasche) e sulla riforma delle leggi sul lavoro (che in Portogallo sono ancora quelle dei tempi della troika). Ma la linea di contenimento del debito in Portogallo non si tocca e la riforma del lavoro non riguarda direttamente il bilancio, così i socialisti hanno chiesto di rinviare il dibattito in altra sede. E il trabiccolo si è sfasciato.

Eppure, avevano percorso insieme una strada lunga sei anni, dimostrando che si potevano conciliare gli impegni presi a Bruxelles con una politica attenta al sociale.

Un suo peso lo ha certamente avuto anche la sinistra portoghese nel cambio di rotta registrato in seno all’UE quando si è trattato di reagire alla seconda grave crisi del decennio, la crisi pandemica. Invece, proprio ora che stavano per arrivare i fondi del piano di ripresa (circa 15 miliardi), la grande iniezione di danaro che in Italia ha convinto quasi tutti a saltare sul carro di Draghi, la sinistra portoghese abbandona il campo e apre un vuoto che la destra potrebbe presto occupare. Ma il boccone è talmente ghiotto che anche la destra storica rischia di affogarsi.

Nel Partito socialdemocratico già da un po’ si affilavano le armi per la battaglia interna. L’attuale presidente, Rui Rio, che perfino in Italia aveva conquistato i giornali per come aveva abbassato la guardia e sostenuto il governo nei mesi più drammatici della pandemia, in casa era sotto attacco da parte di chi voleva un’opposizione più muscolare. L’eurodeputato Paulo Rangel, candidato a sostituirlo, adesso mira a calendarizzare le elezioni interne in tempo utile per il grande appuntamento delle legislative.

I maggiori benefici di questa situazione, però, potrebbero ricadere sulle formazioni piccole e in fase di espansione: gli animalisti del PAN, che fino all’ultimo hanno dato un’insufficiente fiducia al governo, la destra ultraliberista di Iniziativa liberale o addirittura l’alt-right populista di Chega!, il partito fondato nel 2019 da André Ventura, amico personale e seguace del Salvini prima maniera.

Per evitare scenari di questo tipo a Costa non rimane che chiedere agli elettori i numeri per governare da solo.

L’impresa della maggioranza assoluta ai socialisti è riuscita una sola volta, nel 2005, in più di quattro decenni di democrazia, ed è prevedibile che a sinistra voleranno ancora molti stracci, il che potrebbe portare a un’ulteriore frammentazione del voto da quelle parti. Un altro possibile scenario sarebbe quello di una nuova leadership socialista capace di tornare a dialogare al centro, come da tradizione. Di sicuro c’è solo che il trabiccolo, per ora, sembra malinconicamente destinato a far bella figura in un museo di auto d’epoca.