Transizione o finzione ecologica?

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3 Novembre 2021

Alla cop26 di Glasgow l’Italia arriva tra le contestazioni degli ambientalisti ad un ministero della transizione ecologica sempre più ancorato ad un passato fossile che non vuol passare

Glasgow ospita dal 31 ottobre al 12 novembre la nuova Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, la COP26. È l’ennesima occasione dei supposti «Grandi della Terra» per fermare la corsa verso la distruzione ed imprimere una svolta verso quella che Alexander Langer, già decenni fa negli anni della Conferenza di Rio del 1992, definiva la necessaria «conversione ecologica». Gli obiettivi della Cop26 appaiono, già dalla presentazione sul sito ufficiale, più che ambiziosi e pongono l’attenzione degli oltre 190 leader mondiali che vi parteciperanno sulla necessità di radicali interventi in un decennio «cruciale»:

Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C

Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali

Mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima

Collaborare perché «solo lavorando tutti assieme potremo affrontare le sfide della crisi climatica» e quindi si deve «rendere pienamente operativo l’Accordo di Parigi», sottoscritto in occasione della Cop21 nel 2015 che prevedeva di impegnarsi a limitare al di sotto dei 2 gradi l’aumento della temperatura globale, e « accelerare le attività volte ad affrontare la crisi climatica rafforzando la collaborazione tra i governi, le imprese e la società civile.

Ma, come accade troppo spesso (basti pensare ai tanti incontri «di pace» o agli «obiettivi del millennio» che dovevano dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015, chi li ricorda più?) dietro il fumo o, meglio ancora, le emissioni delle dichiarazioni roboanti di quelli che De André definirebbe i ministri dei temporali si nasconde tutt’altro.

Greenpeace ha denunciato i tentativi dei governi di ridurre gli impegni contro i cambiamenti climatici in vista del vertice chiave di Glasgow. Gli Stati membri dell’Opec stanno facendo pressioni in vista del prossimo rapporto del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.

Dietro questi tentativi di indebolire gli impegni contro i cambiamenti climatici, denuncia l’associazione, ci sono anche le lobby dei combustibili fossili, ma anche quelle della carne. Lo ha rivelato un’inchiesta realizzata da Unearthed, il team di giornalismo investigativo creato da Greenpeace Uk, che ha avuto modo di visionare decine di migliaia di documenti, normalmente secretati.

All’alba di questo 2021 le speranze per la conversione ecologica, per una radicale inversione delle politiche energetiche, sembravano aver trovato accoglimento nelle stanze dei bottoni con la nascita del Ministero della Transizione Ecologica, il nuovo evocativo nome per un super Ministero dell’Ambiente.

Divenuto quasi subito meno super di quanto atteso e le cui speranze si sono, col passare dei mesi, definitivamente spente. Ed infatti quando la vera direttrice del nuovo ministero era iniziata ad apparire chiara, non casualmente, a partire da movimenti ambientalisti abruzzesi è stato coniato il termine sarcastico (ma non troppo) «finzione ecologica».

Le prese di posizione sul ritorno del nucleare in Italia, già sonoramente bocciato due volte dal popolo italiano e ormai in netto declino in tutto il mondo, i comportamenti nei confronti delle lobby del fossile, su Taranto, sui costi dell’energia e gli attacchi del ministro Cingolani contro ambientalisti radical chic – l’etichetta sempre in auge contro chi critica ed è scomodo ai padroni del vapore, anzi delle emissioni – che chiedono veri impegni concreti hanno svelato la realtà vera.

LE CONTESTAZIONI DI GENITORI TARANTINI E CAMPAGNA “PER IL CLIMA, FUORI DAL FOSSILE” AL MINISTRO DELLA “FINZIONE ECOLOGICA”

«Con la sua filippica contro gli ambientalisti, durante il suo intervento al convegno di Italia Viva, ci ha dato l’impressione di voler compiacere il padrone di casa, del quale noi tarantini conserviamo ricordi sgradevoli. In alternativa, le sue parole sono frutto del suo libero pensiero – ha scritto in una lettera aperta ad inizio settembre l’associazione dei genitori tarantini – Colui che desidera un ambiente pulito, scevro da quell’inquinamento (in particolare, quello industriale che procura benefici economici a pochi e danni a una vastissima platea di esseri viventi) che minaccia la vita e la salute propria e dei propri figli non è un ambientalista, è una persona normale». «Lei, quindi, con le sue parole ha inteso offendere una platea di esseri umani, non solo italiani, molto più vasta di quanto abbia mai potuto immaginare – prosegue la missiva – quegli oltranzisti e radical chic che lei individua come “parte del problema” e definisce “peggio della catastrofe climatica” esistono proprio per cercare, tra le altre cose, di porre un argine a folli elucubrazioni come quelle uscite dalla sua bocca». Oltranzisti radical chic, sottolinea l’associazione, ci sono «genitori che hanno perso per sempre i propri figli, genitori che cercano, spesso invano, di curare i propri figli, fratelli derubati dei propri fratelli, figli derubati dei propri genitori, e nonni e zii e amici. Tutti vittime, e non certo cause, di spregiudicato inquinamento ambientale. A Taranto, ne contiamo a migliaia! Quindi, se come suggerito da lei, dobbiamo guardare i numeri, ci lasci il tempo di fare un salto al Cimitero monumentale di Taranto (sempre che si possa visitarlo in toto, visto che varie zone sono inaccessibili, come da ordinanza sindacale, perché fortemente inquinate da diossina); ci lasci il tempo di chiedere ai medici dell’Ospedale San Giuseppe Moscati i numeri dei pazienti che giornalmente devono accedervi per ricoveri e, in lunghe file di attesa, per la chemioterapia in day hospital; ci lasci il tempo per parlare con il dirigente del reparto di oncoematologia pediatrica dell’ospedale Ss Annunziata. Ce lo lasci fare per il semplice fatto che questi sono i numeri che contano, in una repubblica democratica. “Se non guardate i numeri, rischiate di farvi male!”, ha detto lei. Quali numeri, dott. Cingolani? Quali sono i numeri che interessano una transizione ecologica?». La lettera dell’Associazione dei Genitori Tarantini si è conclusa chiedendo le dimissioni di Cingolani definito «indegno del ruolo che occupa» e «anche per quella giustizia sociale ed ambientale» che le parole del ministro «tendono a nascondere, denigrare, affondare».

Il 9 ottobre scorso la campagna «Per il clima, Fuori dal Fossile» – animata da associazioni e comitati di tante regioni italiane accomunati dalla devastazione ambientale e dal saccheggio fossile dei territori – ha portato centinaia di persone a manifestare a Roma davanti la sede dell’ex Ministero dell’Ambiente.

«La riconversione ecologica deve essere radicale e immediata, ma governi e multinazionali continuano ad osteggiarla, anteponendo ad essa l’irrinunciabile priorità dei loro profitti ed interessi. Di fronte a tali urgenze, mentre si susseguono i soliti ed inconcludenti vertici internazionali, i governi italiani degli ultimi anni si rivelano tra i più succubi delle lobby del fossile e dei grandi gruppi industriali – hanno scritto gli attivisti convocando il sit in – Il Ministro Cingolani, l’uomo incaricato di portarci fuori dalla crisi climatica si scaglia contro gli ambientalisti “radicalchic” e porta avanti politiche in netto contrasto con le indicazioni drammaticamente stringenti dell’IPCC. Nessuna iniziativa verso l’incremento delle fonti rinnovabili, verso le bonifiche dei siti altamente inquinati, né in favore delle nascenti “comunità energetiche”, e nemmeno in favore dei tanti progetti alternativi ed ecologici proposti da comitati, lavoratori e cittadini. Assistiamo invece, nelle dichiarazioni del ministro, a continui interventi a favore di nuovi gasdotti e centrali turbogas, idrogeno blu, CCS, trivellazioni, grandi opere inutili, non ultimo persino le proposte di ritorno al nucleare. È in atto un continuo GREENWASHING, diventato pratica istituzionale per coprire i “regali” fatti al fossile: 20 miliardi all’anno in favore delle multinazionali di gas e petrolio». Il Forum H2O e la Stazione Ornitologica Abruzzese nelle settimane precedenti la manifestazione hanno sottolineato come la proposta di PITESAI (il Piano delle Aree per le trivellazioni) è stata contestata da regioni, parchi, comuni, associazioni e vari enti. Un Piano che è, hanno attaccato le due associazioni abruzzesi, «un vero manifesto fossile» con «migliaia di kmq in più in mare per nuovi titoli minerari, altro che transizione ecologica e lotta alla crisi climatica».

«Mentre tutta Europa punta sulle auto 100% elettriche (basta guardare le pubblicità delle auto in TV), Lei guarda alle auto e alle caldaie per riscaldamento a idrogeno blu, un mercato che non ha né domanda né offerta? E a nuovi gasdotti? A inceneritori? A nascondere la CO2 sotto terra con i CCS? A nuove trivelle di petrolio e gas? Sono tutti progetti esclusi dalla UE dai progetti finanziabili con Recovery Plan e Just Transition Fund. Si chiamano “stranded assets” in economia, opere che godono del finanziamento pubblico, ma che poi non diventano operative o comunque sono già progettati in perdita – hanno sottolineato le organizzazioni della campagna “Per il clima, fuori dal Fossile” nella convocazione del sit in del 9 ottobre scorso – Il 24 agosto 2018 è entrato in vigore il “Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico” (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76), che obbliga lo Stato Italiano a sottoporre a consultazione pubblica e democratica tutte le grandi opere. Come hanno fatto per esempio Germania e Francia per ogni progetto PNRR presentato. Perché non sappiamo nulla degli oltre 150 progetti che dovrebbero essere finanziati con la prima tranche del PNRR, ma avete pubblicato solo dei capitoli di spesa generali? Quali sono tali progetti e dove sono? I fondi del PNRR sono solo in parte un “regalo” della UE, ma due terzi sono debiti che dovremmo restituire noi “radical chic” e tutti gli italiani, in particolare i nostri figli, nei prossimi decenni: e vogliamo sapere per cosa saranno spesi gli oltre 50 miliardi per la parte fondamentale degli investimenti nelle energie». «No Snam, No Hub del Gas: stop greenwashing, fermare i progetti fossili» ha chiesto il Coordinamento No Hub del Gas di cui numerosa era la delegazione presente al sit in. «Assieme a delegazioni di comitati dal Veneto, Puglia, Molise, Lazio, Lombardia, Marche ed Emilia Romagna e di associazioni e movimenti nazionali come Friday For Future, Extinction Rebellion Laudato Sii e Greenpeace, hanno voluto ricordare al ministro che la crisi climatica si combatte azzerando le emissioni dalle fonti fossili, metano compreso – sottolineano gli attivisti abruzzesi – Il Ministro della “Finzione” Ecologica finora, a parte molte chiacchiere, ha approvato nuove trivelle in mare e in terra nonché diversi progetti di nuove centrali a gas. Un’ipocrisia palese, alle luce dell’ennesimo rapporto allarmante dell’IPCC e considerato che la stessa Agenzia Internazionale dell’Energia ha evidenziato la necessità di non finanziare da oggi nuovi progetti fossili se vogliamo provare a rispettare gli accordi di Parigi sul clima».

In Abruzzo le necessità evidenziate dal coordinamento si riassumo nel «fermare la centrale di compressione che la Snam vuole realizzare a Sulmona assieme al metanodotto Sulmona-Foligno, i nuovi progetti di perforazione a Bomba e in Adriatico di fronte a Martinsicuro e tutti gli altri progetti dei petrolieri a cui la proposta di Piano delle Aree del ministero apre le porte nel medio Adriatico» a cui si aggiungono «i potenziamenti di alcuni impianti fossili come il metanodotto San Salvo – Biccari e lo stoccaggio gas Treste».

Il progetto di perforazione sul lago di Bomba, già abbandonato ad inizio anni novanta per i troppi rischi, grazie alla mobilitazione portata avanti da tanti anni da associazioni, comitati, movimenti e cittadini ha registrato una importantissima vittoria con la bocciatura da parte della Commissione Valutazione Impatto Ambientale nazionale. «Il Ministero della Transizione Ecologica, sommerso da osservazioni di comuni, regione e associazioni, non ha potuto che esprimere un parere negativo su un progetto che era stato già pesantemente censurato dalla V.I.A. regionale e dal Consiglio di Stato – hanno sottolineato la Stazione Ornitologica Abruzzese e il Forum H2O – Dobbiamo dire che il comportamento del Ministero è stato comunque grave visto che ha permesso di riaprire un procedimento che in realtà doveva essere considerato chiuso».