Grazie presidente, grazie Pepe,
Te lo scrivo nell’ultimo tuo viaggio, quando, come dicevi, saremo cibo per vermi, ma lo dicevi ridendo. Perché tu la vita l’hai vissuta. O ballano tutti, o non balla nessuno, diceva la tua formazione del Movimento nazionale di Liberazione Tupamaro e il seme dell’eguaglianza e la militanza che tu avevi iniziato a quattordici anni sono stati il sale della tua vita. Grazie presidente, grazie Pepe, perché dentro l’arco di una vita semplice, ma combattiva, idealista e coerente, hai avuto parole forti e precise su concetti chiave: la lotta, la sobrietà. Dentro la tua vita c’è anche il il senso storico di molti che hanno conosciuto il Novecento, delle guerriglie e del Plan Condor, orchestrato dai generali delle dittature sudamericane con il supporto degli Stati Uniti, i suoi tribunali speciali a caccia di sovversivi, cioè di amanti della libertà, dell’anarchia, del comunismo, non come mere dottrine politiche o stili di vita, ma come strumento per raggiungere un futuro egualitario e di partecipazione, soprattutto per chi ha meno e viene vessato dal potere. Hai conosciuto le sparatorie, ferito sei volte, il carcere, due evasioni e poi dieci anni nel calabozo, nel buco dove ti avevano, vi avevano rinchiusi come perdenti. Voi i rehenes, gli ostaggi, che sareste stati uccisi se l’organizzazione avesse ripreso l’attività guerrigliera. Tu e il tuo vaso da notte, che tenevi stretto il giorno che sei finalmente uscito da lì, per diventare nove anni dopo deputato del parlamento del tuo Paese. Fino ad arrivare alla presidenza.
Grazie presidente, grazie Pepe, perché oltre alla romantica e dura lotta della guerriglia, sei riuscito, siete riusciti non senza scontri e divisioni, a entrare nel piano della legalità e a vincere il potere, che nelle tue mani è diventato quasi una parola buona, mansueta. Non abbiamo un aereo presidenziale, dicevi in una intervista, perché costa molto e allora abbiamo comprato un elicottero con dentro la sala operatoria e lo abbiamo sistemato in una base al centro del paese. E poi con quella faccia da riccio, gli occhi piccoli e il naso lungo, la bocca con dentiera o senza, aggiungevi con gravità e furbizia: meglio un aereo presidenziale o un elicottero per soccorrere i cittadini che soffrono e che hanno urgenza? Che dilemma eh? La semplicità delle decisioni politiche, dei tuoi, dei vostri valori e il buon senso del contadino. Quello che eri prima, quello che ti ha salvato nell’ora d’aria del carcere, curare un orto, e quello che hai continuato a fare da presidente nella tua casa ricca di libri – che per sette anni non hai potuto leggere in prigionia – e di colori e con il campo fuori e le piante, i sandali da lavoro.
Grazie presidente, grazie Pepe. Per essere andato il primo giorno in Parlamento con i jeans e la giacca a vento, a bordo di uno scooter. Lo hai parcheggiato e prima di entrare un poliziotto ti ha chiesto se ti saresti fermato molto e gli rispondesti: cinque anni, se non mi cacciano prima. E grazie per tutti i tuoi discorsi che dovremmo scrivere sui muri delle nostre città del consumo, dove ci racconti il, segreto della felicità. Che è vivere con poco, che è la consapevolezza che la felicità è dentro la nostra testa e non nelle cose che abbiamo. Grazie per dirci che dobbiamo lottare contro il Produci, Consuma, Crepa. Grazie per insegnarci anche nel nuovo secolo, anzi soprattutto nel nuovo secolo, che: “Non veniamo al mondo per lavorare o per accumulare ricchezza, ma per vivere. E di vita ne abbiamo solo una”. E che vita la tua, che esempio, che legato. Con fatica, dolore, passione e impegno, testardaggine e tenacia, e tanta semplicità, sobrietà e coerenza, che forse è la virtù che manca tanto, troppo, da troppo nella politica e nelle nostre società.
Grazie Pepe, per tutto.
Fai buon viaggio, presidente.
Effetto Mujica.
La quota della spesa sociale sul totale della spesa pubblica passa quindi dal 60,9% al 75,5% tra il 2004 e il 2013. Durante questo periodo, il tasso di disoccupazione è diminuito dal 13 al 7%, il tasso di povertà nazionale dal 40 all’11% e il salario minimo è stato aumentato del 250%.Secondo la Confederazione sindacale internazionale, l’Uruguay è diventato il paese più avanzato nelle Americhe in termini di rispetto dei “diritti fondamentali del lavoro, in particolare la libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva e il diritto di sciopero”.