Siria, tra già vissuto e ipotesi di cambiamento

Le guerre siriane non sono finite. Israele a sud e Turchia a nord est continuano la loro invasione territoriale: il primo per creare teste di ponte nel paese che era stato alleato dell’Iran nella cosiddetta, ormai in frantumi, “asse della resistenza”; il secondo per esercitare la sua egemonia nei confronti della Amministrazione Autonoma Nord Est della Siria (AANES) il cui progetto di Confederalismo democratico è fumo negli occhi per Erdogan.

Sdoganato dalla diplomazia di destra e sinistra, ma anche da mass media, Ahmed Shaara alias al Joulani, l’autoproclamato presidente siriano, eletto da un consiglio militare, si trova a fare i conti con la Siria, che non è una “entità sunnita” come rivendicava quando guidava, fino all’ottobre dell’anno scorso, la sua milizia jihadista Hayat Tharir al Sham, nella roccaforte di idlib. La Siria è una paese composito di etnie, religioni, con una forte venatura tribalista, che la dittatura sanguinaria della famiglia Assad appiattiva attraverso la repressione spietata in una visione nepotista e mafiosa. Sharaa e la sua milizia nella fretta di ricevere riconoscimento internazionale ha allestito una parvenza di dialogo attraverso dichiarazioni inclusive o l’iniziativa della Conferenza di dialogo nazionale, individuale, nella quale, tutte le componenti organizzate dell’ opposizione al regime del Baath sono state escluse, in primis l’AANES.

Ha nominato a capo delle brigate del nuovo esercito, comandanti delle milizie fedeli ad HTS o comunque saliti sul carro del vincitore siano essi jihadisti siriani che stranieri o personaggi come Abu Ahmsa capo di un delle milizie sanguinarie dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) longa manus e sul libro paga della Turchia, accusato di violenze sequestri torture uccisioni della pulizia etnica ad Afrin. Abu Ahmsa, nominato comandante della 25a Brigata Hama, fu messo sotto inchiesta dallo stesso SNA ma l’intervento delle Turchia a sua protezione si risolse in nulla di fatto. Un signore della guerra che secondo alcune fonti disporrebbe di un patrimonio di 30 milioni di dollari grazie a suoi traffici di diversa natura. E lui è tra i nomi dei protagonisti chiamati in causa nella mattanza nel sud della Siria di questi giorni contro la comunità alawita con centinaia di morti civili, perché considerata la roccaforte delle milizie filo Assad che avrebbero provocato la rappresaglia dopo attacchi alle forze di sicurezza del nuovo regime siriano. Una violenza vendicativa, che sembra un modus operandi storico nei confronti dell’opposizione di chi governa a Damasco basato sulla cultura settaria e sciovinista, sullo stigma etnico e sulla costruzione del nemico tanto in voga nella politica dei nostri giorni. Basti ricordare che sono stati più di 30 mila i giovani alawiti che sono fuggiti all’ estero perché rifiutavano il servizio militare obbligatorio nell’esercito di Assad. Ahmed al Sharaa ha dichiarato domenica scorsa che è stata costituita una commissione per accertare le responsabilità delle uccisioni di civili. Un altro banco di prova della sua credibilità.

Accordo SDF e HTS

E mentre la mattanza di alawiti è esplosa dopo mesi di esecuzioni sommarie “di bassa intensità”, ad Hama, Homs, Latakia Tartous arriva un accordo, di 8 punti, già annunciato da settimane tra Ahmed Shaara e Mazluom Abdi comandante della Forze Democratiche Siriane. Un accordo che arriva poche ore dopo la denuncia da parte della AANES e del SDF dei massacri nel sud della Siria e che prevede l’integrazione della AANES e di tutte le sue articolazioni nello stato siriano. Nulla di nuovo nonostante il silenzio dei mass media sull’argomento. L’AANES fin dalla sua nascita 2013 rivendica una Siria unita, plurale etnica e religiosa, democratica partecipativa e dove le donne sono centrali nel progetto politico. Nell’accordo che dovrebbe entrare in vigore a fine anno ci sono alcuni punti che sono una cartina tornasole delle intenzioni di Damasco. Il più immediato che si concorda è la fine delle ostilità in tutta la Siria. Una richiesta rivolta di fatto alla Turchia le cui milizie continuano ad attaccare anche in queste ore l’AANES ma anche ad Israele che occupata località nel sud della Siria e che su mass media siriani filo turchi si affermava sostenesse SDF. Nell’accordo che sarà sviluppato da da diverse commissioni si parla di rispetto delle diverse componenti della società siriana, del ritorno dei profughi ai loro luoghi di origine, una lotta congiunta contro le milizie filo Assad; contrastare i discorsi di odio e di separazione nella società siriana; e che la comunità curda riacquisterà i diritti costituzionali che il regime di Assad le aveva tolto. Sarà da verificare che funzione avrà il progetto inclusivo della AANES, nell’ambito istituzionale, delle donne, nel sistema educativo e culturale, nell’articolazione amministrativa. Una sfida che dovrà fare i conti con gli interessi delle potenze regionali Israele, Turchia e Iran principalmente ma anche di Russia e Stati Uniti. Saranno però Ahmed al Sharaa e il suo esecutivo che dovranno dimostrare di seguire un’agenda politica siriana e democratica. Dare corso all’accordo firmato con l’SDF è l’unica e solida strada per intraprendere questo cammino.

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