La natura ucraina non cadrà nel silenzio

Geografa e insegnante fino a prima della guerra, oggi Valeriia Kolodezhna dà voce alle zone umide proibite del Paese nelle policy e nelle classi on line. Una doppia sfida a chi vuole che ce ne si dimentichi.

Perché lottare per proteggere le paludi e cercare di farle amare ai bambini in un Paese devastato dalla guerra come l’Ucraina? A Valeriia Kolodezhna pongono spesso questa domanda, ma lei non si infastidisce, anzi, la prende come una piena autorizzazione a procedere con il dettagliato racconto delle sue due “mission” e di come, intrecciandosi, spera che formino un solido cavo da traino per il futuro del suo Paese. 

Geografa e ricercatrice esperta in zone umide, maestra finché la guerra le ha permesso di esserlo, Kolodezhna oggi da si batte ogni giorno per migliorare policy e interventi di conservazione della natura ucraina. Allo stesso tempo si dedica a raccontarne l’importanza ai bambini creando in prima persona materiali interattivi, multimediali, online, gratuiti e divertenti, consultabili anche quando gli attacchi aerei li costringono nei rifugi invece che in classe.

«Sembrano due vite parallele, ma non lo sono», scherza Kolodezhna, iniziando a rispondere alla prima delle due domande che molti le pongono. Racconta dei report e dei documenti su fauna e flora selvatiche nei territori occupati a cui sta lavorando con l’Ukrainian Nature Conservation Group. «Oggi molte di queste aree sono irraggiungibili, poco note o mal raccontate: vogliamo dimostrare che sono preziose da molti punti di vista e che vale la pena di prendersene cura», spiega. 

Foto di Stanimira Deleva

La sua attenzione si concentra in particolare sulla diga di 30 metri di Kakhovka, lungo il fiume Dnipro: negli anni 50 la sua costruzione causò lo sfollamento di migliaia di persone ma col tempo diventò centrale per l’economia e la cultura regionale tanto che, quando il 6 giugno 2023 è esplosa, i danni sono stati devastanti. Villaggi inondati, centinaia di morti, migliaia di persone in fuga, milioni rimaste senza acqua potabile. Alcuni esperti assegnano la responsabilità del disastro alla Russia e molti lo definiscono un crimine di guerra, una “violazione sia dei diritti umani che del diritto ambientale”.

Kolodezhna, invece, guarda al futuro dell’area, un’area «profondamente significativa per la nostra democrazia, perché è nata qui, dove nel XV secolo si sono stabilite alcune comunità cosacche strettamente legate alla lotta dell’Ucraina per l’indipendenza».

Il presente sembra florido: a un anno dall’esplosione, l’ex serbatoio ospita salici e pioppi neri, tanti ruscelli e paludi. Gli scienziati puntano a conservarli e proteggerli, sottolineando anche il loro valore strategico-militare: «Se non fosse per le difficili condizioni che le paludi creano per il passaggio di attrezzature militari pesanti, forse la parte settentrionale dell’Ucraina avrebbe potuto subire conseguenze molto maggiori della guerra», ricordano. Ma c’è anche un’intera comunità rimasta senza acqua che spinge per ricostruire la diga e non può restare completamente inascoltata.

Di fronte a questo dilemma, i report e gli studi di Kolodezhna e dei suoi colleghi sono più che mai preziosi, soprattutto perché «non è facile raccogliere dati su quest’area, serve un permesso speciale da parte del governo, o anche una scorta militare – racconta – e anche dopo la guerra, sarà complicato: l’area resterà a lungo rovinata da munizioni nascoste». Questa prospettiva la lascia per un attimo pensierosa, ma poi torna bruscamente al presente, e con tono acceso afferma: «Ora l’importante è che questa palude non venga abbandonata e dimenticata. Quando qualcosa non è visibile per lungo tempo, tende a cadere nel silenzio, ma noi non permetteremo che accada. Ricordare il valore di zone umide come questa, e la loro capacità di sequestrare il carbonio, è anzi più che mai importante oggi che il cambiamento climatico sta sfuggendo sempre di più al controllo umano».

Il “rischio del silenzio” è proprio ciò che unisce la Kolodezhna ricercatrice con la Kolodezhna educatrice e divulgatrice scientifica nelle scuole. Anche lí, soprattutto lí, le zone umide oggi intoccabili a causa della guerra hanno bisogno di essere raccontate. Per farlo in modo innovativo ed efficace, continuativo e diffuso, sta nascendo un’organizzazione non-profit dedicata e di cui lei stessa è parte. Si chiama EDUna: Educazione nella Natura e per ora crea materiali che gli insegnanti possono usare per trasmettere efficacemente il valore e la bellezza delle paludi ucraine anche da remoto. Anche durante gli attacchi aerei. Usa le storymap, pagine web dove navigare liberamente tra foto, immagini animate, video e testi: non ci sono aree proibite, non ci sono limiti di tempo e di accesso. «Per molte scuole ucraine ormai da molto costrette a lavorare online a causa dei bombardamenti, queste mappe sono un prezioso strumento per continuare a stimolare i giovani a guardare l’ambiente in un modo nuovo», spiega Kolodezhna.  

Tra interruzioni di corrente e lezioni annullate a seguito degli avvisi di raid aerei, tra aree proibite e pericolo di mine, il suo cruccio è infatti quello di non permettere che le nuove generazioni crescano totalmente disconnesse dal patrimonio naturale del proprio Paese.

Con EDUna si vuole rivolgere a loro anche direttamente e puntando sul “super potere delle piante”. «Spiegare frontalmente il valore scientifico di un’area umida e la sua importanza strategica per l’Ucraina, sarebbe difficile e poco efficace. Noi coi ragazzi abbiamo scelto un’altra strategia – racconta – da remoto, proviamo a far percepire loro la sensazione di benessere che la natura regala quando ci si immerge. Cerchiamo di ricrearne l’atmosfera, raggiungendo gli studenti ovunque si trovino: con le nostre storymap li vogliamo fare innamorare di questi preziosi ecosistemi». Mentre ne disegnano una dopo l’altra, Kolodezhna e il team di EDUna lavorano anche a una serie di webinar interattivi che aiutino gli insegnanti a usarle per semplificarsi la vita. Il primo sarà il prossimo febbraio, in occasione della Giornata mondiale delle zone umide. Il 2025 sarà anche l’anno in cui «accompagnare l’Ucraina nella sua transizione verde per avvicinarsi all’Unione Europea – ricorda – per iniziare a ragionare come futuri europei vanno spiegati a tutti il green deal e le nature based solution, in modo capillare a accessibile. E, soprattutto ai giovani, va fatto percepire il valore della natura ucraina».

Appena possibile, Kolodezhna vuole che lo possano fare in prima persona, in presenza, e con tutte le cellule del loro corpo. Fosse anche solo per un giorno, vuole portarne dei gruppi in alcune aree naturali sicure e accessibili e, senza troppe spiegazioni scientifiche o mappe, lasciare che facciano caso a come li fa sentire lo stare semplicemente lì. «Non penso a nulla di rivoluzionario, ma a un semplice ascoltare le rane e l’acqua che scorre e l’effetto che hanno sul corpo e sulla mente. Per me è l’unico modo per tornare a essere di nuovo me stessa, libera da pensieri e problemi ingombranti. Penso che anche su di loro avrà un effetto più potente di qualsiasi discorso sull’importanza della natura: sarà il modo per garantire all’Ucraina dei cittadini che in futuro avranno voglia di prendersene cura».