La repressione della Tunisia contro quartieri popolari e comunità LGBTQIA+

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23 Marzo 2021

Un comunicato di solidarietà verso le vittime delle recenti repressioni politiche e poliziesche in Tunisia

Nel corso dei mesi passati, diverse persone tunisine sono stata incarcerate e perseguite per avere preso parte alle manifestazioni che hanno segnato il decennale della caduta del presidente Ben Ali, ma anche denunciato un sistema corrotto e inefficace. La risposta politica e delle forze dell’ordine è stata fortemente repressiva e moltə esponenti della comunità LGBTQIA+, a cominciare dall’attivista queer Rania Amdouni (arrestata il 27 febbraio e liberata il 5 marzo), ne hanno fatto le spese

Il 19 marzo, il Presidente della Repubblica Kais Saied ha annunciato che oltre 1500 detenut3 arrestat3 a seguito delle proteste saranno graziatə, venendo liberatə o ricevendo una riduzione della pena. Al momento, tuttavia, non sono disponibili altre informazioni. 

Qui di seguito un comunicato di solidarietà redatto dalla sociologa Abir Krefa (traduzione in italiano a cura di Mishel Mantilla) e sottoscritto da diverse associazioni, organizzazioni e collettivi tunisini e da gruppi solidali internazionali.

Per sostenere la lotta delle persone queer/LGBT, le spese di assistenza medica per i danni riportati in seguito alle violenze della polizia e garantire degli alloggi di emergenza in un contesto in cui il numero di persone queer/LGBT senza fissa dimora è in aumento, è possibile fare una donazione al seguente indirizzo: https://www.leetchi.com/c/solidarite-avec-les-personnes-queer-lgbt-en-tunisie

 

La repressione del movimento di protesta in Tunisia: militanti queer/LGBT e giovani dei quartieri popolari sono i principali bersagli

 

In Tunisia sta prendendo piede un movimento sociale di protesta che ha avuto origine nei quartieri popolari e nelle zone marginalizzate tre settimane fa [gennaio 2021 N.d.t]. Il movimento è nato in seguito a una serie di episodi di violenza poliziesca ed è alimentato dall’aumento della povertà e da un contesto di pauperizzazione delle condizioni socioeconomiche delle classi popolari. In molte città del Paese la gioventú si è scontrata con le forze dell’ordine, e in alcuni casi si è resa protagonista di attacchi alle catene della grande distribuzione.

Il governo ha risposto con una repressione feroce. Ha dispiegato le forze militari in molte delle regioni e località dove sono scoppiate le proteste. Piú di 1700 persone sono state arrestate – tra cui 300 minori -, che sono statə trasferitə in stazioni di polizia e centri di detenzione dove hanno subito torture, umiliazioni e violenze sessuali. Alle persone fermate sono stati affibbiati capi d’accusa gravi e menzogneri, come la partecipazione a gruppi organizzati con la finalità di distruggere beni pubblici e privati.

Oltre alla gioventú insorta, la violenza della polizia e la repressione dello stato hanno preso di mira anche chi abita nei quartieri popolari. Tra le persone arrestate molte non hanno nemmeno partecipato alle manifestazioni. Una delle forme di repressione che lo stato mette in atto nella quotidianità è la criminalizzazione del consumo di cannabis. Secondo l’associazione per la legalizzazione della cannabis, dal 1992 a oggi, cioè da quando la legge 52 che punisce il consumo di droga è stata adottata, sono circa 120mila le persone che sono state incarcerate per consumo di cannabis, la cui maggioranza sono giovani delle classi popolari.

Durante le insurrezioni nelle zone marginalizzate e nei quartieri popolari si è avuta una partecipazione sempre più numerosa di militanti, appartenenti in gran parte alle nuove generazioni. Giovani militanti queer/LGBT, femministə, esponenti dei sindacati studenteschi, simpatizzanti e membri dei partiti di sinistra hanno organizzato diverse manifestazioni nel centro di Tunisi (la capitale) e una nel quartiere del Bardo (dove  risiede l’Assemblea dei e delle Rappresentanti del Popolo) per denunciare la repressione violenta nelle zone marginalizzate e nei quartieri popolari, rivendicando giustizia sociale per la popolazione che li abita. Un’ulteriore manifestazione è stata organizzata da abitanti del quartiere popolare di Ettadhâmon (situato nella periferia della capitale) con il supporto di militanti appartenenti alla classe media di Tunisi.

All’inizio le manifestazioni delle classi popolari erano relativamente piccole, ma il numero di partecipanti è aumentato rapidamente. Circa 60 associazioni, organizzazioni e reti informali di militanti, la maggior parte appartenenti o simpatizzanti della sinistra, hanno lanciato una manifestazione per il 6 di febbraio. Nonostante la crisi sanitaria e il dispiegamento imponente di forze di polizia per impedire l’accesso al centro della città, circa 4mila persone hanno partecipato all’evento, rivendicando la giustizia sociale e il rispetto delle libertà pubbliche e private, usando gli slogan ereditati dalla rivoluzione “lavoro, libertà e dignità”.

La repressione poliziesca in Tunisia sta aumentando e sta diventando sempre piú grave. Durante gli ultimi anni le forze di polizia si sono organizzate in sindacati, che rappresentano una minaccia per la sicurezza della popolazione, in particolare per chi fa parte dei movimenti sociali. Le forze di polizia stanno implementando una repressione sistematica che sta implementando nuove forme di violenza come il sequestro e il successivo pestaggio di militanti.

Tra le soggettività prese di mira dall’ampia e imponente strategia repressiva ci sono due categorie particolarmente colpite: giovani delle classi popolari e militanti queer/LGBT. Molte persone facenti parte o solidali con l’associazione queer/LGBT Damj per la Giustizia e l’Uguaglianza, la quale gioca un ruolo importante nelle mobilitazioni in corso, sono state arrestate o sequestrate e picchiate selvaggiamente.

Così facendo, le autorità cercano di indebolire il movimento e fermare l’alleanza che è emersa tra attivisti queer/LGBT e le altre soggettività che fanno parte del movimento di protesta: la gioventù delle classi popolari, militanti femministə, difensorə dei diritti umani, avvocatə, sindacati studenteschi, etc..

Le forze di polizia stanno conducendo una repressione imponente non solo contro militanti queer/LGBT ma anche contro tutte le persone con identità di genere non conformi e contro le minoranze sessuali. Il primo febbraio, durante una manifestazione a Sfax lanciata dai sindacati, la polizia ha minacciato esplicitamente le persone queer/LGBT presenti, oltre a insultare militanti di sinistra e avvocatə delle organizzazioni femministe e di difesa dei diritti umani, tra cui quelle che difendono le giovani persone incarcerate.

Attraverso l’uso delle pagine ufficiali dei loro sindacati, la polizia sta dando vita ad una campagna di violenza organizzata, pubblicando le foto delle persone prese di mira e le informazioni relative alla loro vita privata, pronunciando nei loro confronti ingiurie e minacce, in particolare di violenza fisica e sessuale. Le foto in questione provengono dai profili Facebook o Twitter delle persone catturate dalla polizia durante le manifestazioni, che sono oggetto di una sorveglianza e di un controllo rafforzati.

La repressione prende forme anche più invisibili: la polizia chiama le famiglie delle persone segnalate come militanti o partecipanti queer/LGBT per costringerli a fare outing (ossia a rivelare il loro orientamento sessuale o la loro identità di genere non conforme alla norma dominante) cercando così di esporlə a violenze intrafamiliari e a privarli della solidarietà  e del supporto delle loro famiglie.

 

  1. Associazioni, organizzazioni e collettivi tunisini:

 

Coalition Tunisienne Contre la Peine de Mort

Union des Tunisiens pour l’Action Citoyenne (UTAC)

Association tunisienne de défense des libertés individuelles

Association Nachaz-Dissonances

Association L’ART RUE

Ligue tunisienne des droits de l’homme

Free Sight Association

Association Intersection pour les droits et les libertés

ATP+

L’initiative Mawjoudin pour l’égalité

EuroMed Droits

Fédération des Tunisiens pour une Citoyenneté des deux Rives (FTCR)

Organisation Contre la Torture en Tunisie

CDCMIR : Association Citoyenneté, Développement, Cultures et migrations des deux Rives

Comité pour le Respect des Libertés et des Droits de l’Homme en Tunisie (CRLDHT)

Association Joussour De Citoyenneté

Aswat Nissa

Association Tunisienne de l’Action Culturelle (ATAC)

Union des Tunisiens pour l’Action Citoyenne (UTAC)

Association de défense des libertés individuelles (ADLI)

Comité de Vigilance pour la Démocratie en Tunisie – Belgique

Damj l’Association Tunisienne pour la justice et l’égalité

Intersection Association for Rights and Freedoms

BEITY

Forum Tunisien pour les Droits Economiques et Sociaux (FTDES)

la Ligue des Electrices Tunisiennes (LET)

Coexistence with Alternative Language and Action Movement-Calam

DAAM Center

Association Tunisienne des Femmes Démocrates (ATFD)

Le Groupe Tawhida Ben Cheikh

l’Association tunisienne de soutien des minorités (ATSM)

L’Association Vigilance pour la démocratie et l’Etat civique

L’Association Tunisienne de Lutte contre la Violence -ATLV

Association Venus droits de l’homme

L’Association tunisienne de défense des valeurs universitaires

ATTALAKI

ARTICLE 19

ATL MST sida Tunisie

Organisation Mondiale Contre la Torture, bureau en Tunisie

Organisation Martyr

Association Ness pour la prévention combinée

 

  1. Associazioni, organizzazioni e collettivi solidali:

 

SolidaritéS (Svizzera)

Les internationalistes tunisien.ne.s en Suisse