Costruire rendendo visibili gli invisibili e pari i dispari

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29 Ottobre 2021

Sotto le macerie della pandemia e della ristrutturazione della società sempre più milioni rimangono schiacciati, devastati, silenziati

Siamo nelle settimane in cui c’è chi sogna il post pandemia, l’uscita dall’emergenza sanitaria, il ritorno a quando si era belli e forti, invincibili e inscalfibili. E siamo alle soglie di un nuovo «Generale Inverno» che, come ogni anno, solca il calendario.

Un incrocio che racconta la società ai tempi della pandemia, le macerie sociali e culturali di quest’anno e mezzo ma che affondano le radici in una guerra e un determinismo sociale molto più profondi e molto più antichi.

Il freddo, i rigori della stagione più rigida, portano a restare a casa, a proteggersi dentro mura che si considerano nido protettivo, culla della propria intimità e della propria vita. Restare a casa esattamente come un anno e mezzo fa. E intanto si discute di come tornare alla «vita normale», dal caffè al bar al ristorante, dai luoghi di ritrovo al lavoro, quasi sterminato potrebbe apparire l’elenco.

E si scatenano conflitti, discussioni infinite, tensioni sociali. Perché ogni ulteriore restrizione, ogni dover attendere ancora per il ripristino di quelli che consideriamo diritti inscalfibili vengono sentiti come soprusi, ingiusti, violenze. Esattamente come un anno ci sarebbero dei rimossi, dei silenzi, degli insoluti considerati così banali, determinati, squallidamente normali, che non vengono neanche posti, su cui cala il disinteresse più egoistico e vergognoso per una società che si definisca civile.

Restare a casa ma se la casa non c’è o è un luogo di pericolo, violenze, abusi, botte, soprusi, rischi per la vita? Tornare alla vita sociale, dal caffè al bar al cinema a tanto altro, e al lavoro ma se si sopravvive fuori da questo mondo? Se il lavoro non c’è (più) o non ci si può permettere tutto questo? Se anche il costo di un cappuccino mattutino o di un film al cinema è un lusso che non ci si può permettere?

Sono solo alcune delle situazioni più terribili e devastanti che esistono accanto a noi, quelle degli emarginati della società e dei più fragili, delle periferie cittadine ed esistenziali, degli impoveriti e dei senza fissa dimora, delle donne violentate e sfruttate, delle schiave della tratta e degli schiavi dell’economia del profitto ad ogni costo, degli ammalati di uno sviluppo che non sviluppa nulla se non i portafogli di pochi e il saccheggio, la devastazione, l’avvelenamento per troppi.

Il mese di ottobre è stato quotidianamente insanguinato da infortuni gravi e vite spezzate dal lavoro. Un bollettino che si ripete ogni mese di ogni anno, «in 14 anni ci sono stati 15.000 morti sul lavoro e 10 milioni di infortuni» ha denunciato in una recente audizione parlamentare il direttore generale dell’ispettorato nazionale del Lavoro Giordano.

Morti che raccontano più di qualsiasi analisi sociale ed economica l’Italia di oggi, l’Italia di Luana uccisa da un macchinario a cui – in nome del profitto – erano state eliminate fondamentali misure di sicurezza. L’Italia del caporalato dai campi alla logistica, di ricatti su posti di lavoro precari, sottopagati, dove la dignità umana viene quotidianamente calpestata da kapò, abusi, soprusi. Anche violenze.

Persone di fatto escluse da larga parte della partecipazione politica e sociale perché non possono permetterselo. Economicamente e per i ricatti e i soprusi. Lavoratori che se provano a chiedere il rispetto dei loro diritti, anche i più elementari, possono essere picchiati selvaggiamente da squadracce del padrone – come accaduto a Prato in un’azienda in cui a Luglio aveva verificato lavoro nero e turni di 12-14 ore al giorno ma una multa, che il padrone ha potuto pagare senza problemi, è stato l’unica sanzione dello Stato italiano – o addirittura uccisi.

Il calendario del mese di Ottobre ci ha consegnato, tra le altre, due ricorrenze accomunate dal ricordarci l’esistenza degli sfruttati, degli emarginati, delle vittime. Delle mafie, di un sistema economico-sociale ingiusto, iniquo, disumano. Due giornate che dovrebbero svelare l’ipocrisia, l’arroganza e la vergogna criminale dell’odierna società. Che dovrebbero ricordarci quanto avremmo vitale necessità di una narrazione altra e alta, radicalmente opposta alle mura d’acciaio dell’oppressione del profitto di alcuni sulle lacrime e le sofferenze di troppi.

QUINDICESIMA GIORNATA EUROPEA CONTRO LA TRATTA, L’IMPEGNO DELLA COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII E DELLA CAMPAGNA QUESTO E’ IL MIO CORPO

«Nella Quindicesima Giornata Europea Contro la Tratta – hanno scritto in un post su facebook  i promotori della campagna Questo è il mio corpo  – ricordiamo Jamina, giovane madre rumena, finalmente libera! “Mi racconta che ci sono parti del suo corpo che a volta urlano ancora, come ferite che talvolta si riaprono e che sembrano riportarla all’inizio di quell’incubo – spiega la psicologa Martina Taricco della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.

“Poi aggiunge che ha capito che quelle ferite rimarranno e che sta a lei provare a ricucirle e a scegliere il colore del filo con cui poterlo fare. Mi dice “ho scelto l’azzurro sai, perché è il colore che arrivata la prima volta in Italia mi ha colpito: il cielo era azzurrissimo, senza una nuvola. In Romania c’è sempre la nebbia nel paese da cui vengo. Ora ogni volta che il cielo è così luminoso, io mi sento meglio”». «Il nostro tentativo di cura ci chiede di legittimare l’Altro che abbiamo di fronte, facendolo sentire creduto. Molte donne che ho incontrato, tra le loro narrazioni, mi dicevano: “Io te lo racconto ma so che in questo Paese non ci credete” – è un’ulteriore testimonianza di Martina Taricco riportata sulla pagina facebook della campagna – È importante metterci in ascolto e non semplificare le loro traiettorie di vita, di viaggio, di sofferenza».

Lo sfruttamento della tratta sessuale, le mafie della schiavitù sessuale muovono ogni anno – dalle strade alle moderne frontiere del web dove avanzano sempre più – tra i 4 e i 5 miliardi di euro l’anno.

GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA POVERTA’, LA MOBILITAZIONE DELLA RETE DEI NUMERI PARI

Il giorno prima della Giornata europea contro la tratta si è celebrata la Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà. La Rete dei Numeri Pari ha organizzato iniziative ed eventi dal 15 al 17 ottobre in molte piazze d’Italia accanto ai lavoratori in lotta come alla GKN, con le associazioni impegnate nel mutualismo e la solidarietà, per denunciare ogni mafia e come le organizzazioni criminali tentano di sfruttare la disperazione sociale e l’emergenza pandemica, scendendo in piazza contro il ritorno del neofascismo squadrista e sociale che sta cercando di sfruttare la fragilità sociale ed economica in tempi di pandemia per avvelenare e inquinare la democrazia.

«In assenza di risposte adeguate all’altezza della sfida, vista la mancanza di ascolto del Governo Draghi delle realtà sociali e dei movimenti impegnati sul campo a contrastare disuguaglianze, povertà e mafie, le realtà della Rete dei Numeri Pari sono scese in piazza per i Diritti e la Giustizia sociale» hanno dichiarato i promotori nazionali della Rete. «Associazioni, cooperative sociali, sindacati,  reti studentesche, centri antiviolenza, parrocchie, comitati di quartiere, circoli culturali, movimenti per il diritto all’abitare, scuole pubbliche, biblioteche popolari, centri di ricerca, presidi antimafia, progetti di mutualismo sociale, fabbriche recuperate, fattorie sociali impegnate da anni sui propri territori nel contrasto a disuguaglianze, povertà e mafie», che «durante il lock down si sono rimboccate le maniche  sostenendo decine di migliaia di persone in difficoltà attraverso forme di mutualismo e solidarietà» e dalle piazze mobilitate «hanno segnalato dei bisogni, delle risposte e delle pratiche nuove portate avanti dal basso attraverso forme di partecipazione e inclusione che rappresentano una risposta alla distanza tra chi è in difficoltà e la politica. Tutte le piazze hanno avuto un valore unico, espressione del lavoro dei soggetti sociali e sindacali che compongono la Rete a livello locale, segnalando proposte e pratiche utili non solo a dare risposte nell’immediato ma a costruire un punto di vista condiviso e partecipato».

«Oggi in Italia il lavoro è sempre più precario e con lo sblocco dei licenziamenti assisteremo a uno squarcio del tessuto sociale e lavorativo senza precedenti; il nostro sistema di protezione sociale è inadeguato e sottofinanziato, mentre continua a scaricare tutto il peso del lavoro di cura sulle donne; le misure di sostegno al reddito sono ancora parziali e lontane dai “social pillar” europei che garantiscono a tutte le cittadine e i cittadini reddito minimo garantito, diritto all’abitare e servizi sociali di qualità – ha denunciato la Rete dei Numeri Pari sottolineando che – dove crescono povertà, precarietà lavorativa, dispersione scolastica, deprivazione materiale, crescono le mafie. In questi anni l’accumulazione originaria mafiosa è mutata. Così come il loro modo di agire nelle periferie, dove è cresciuto a dismisura il welfare sostitutivo mafioso».

Il PNRR, prosegue il documento della Rete  «nonostante decine di migliaia di morti, l’aumento delle disuguaglianze e delle povertà» è un’enorme occasione mancata, difende gli interessi dello stesso modello responsabile della crisi, non promuove né equità sociale e né sostenibilità ambientale. Il presidente Draghi, in merito ai fondi del Next Generation EU destinati all’Italia, non ha rispettato l’art.3 previsto dal Codice del Partenariato Europeo che impone ai governi di co-programmare e co-progettare con le reti sociali presenti sui territori la parte dei progetti relativa all’equità sociale.

Per sconfiggere le ingiustizie sociali abbiamo bisogno di politiche sociali che mettano al centro il metodo della co-progettazione e co-programmazione come stabilito dalla sentenza costituzionale 131 del 2020; di lavoro dignitoso e di qualità utilizzando i fondi del PNRR per promuovere la riconversione ecologica, non la transizione, in maniera pianificata, inclusiva, equa e partecipata, socializzando le infrastrutture strategiche tra paesi e municipi, utilizzando come leve per portarla avanti investimenti pubblici, lavoro di cittadinanza e attività di riproduzione socio-ecologica; di investimenti strutturali e non emergenziali sul diritto all’abitare che garantiscano alle centinaia di migliaia di famiglie in emergenza abitativa una casa di qualità, sostenibile in termini energetici; di investimenti per potenziare il diritto allo studio, contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa; di introdurre un sistema di sostegno al reddito meno condizionante».