I fuochi criminali nell’estate più calda

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28 Settembre 2021

Tra cambiamento climatico e mafia

I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”. Davanti quel che solo con un immenso sforzo di fantasia, e molta forzatura, si possono definire dibattiti torna alla mente la frase del Piccolo Principe di Antoine de Saint – Exupéry.

I piccoli, i tanti piccoli che hanno fatto irruzione nella storia, non ancora si stancano completamente. Ma il giorno in cui avverrà sarà tra i più disperati di sempre. Le devastazioni ecologiche, la totale distruzione del Pianeta Terra per saccheggiarne le non infinite risorse fino a stravolgere anche il clima è tema di ricerca e dibattito scientifico già dagli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.

Milioni sono i libri e gli articoli scientifici pubblicati nei decenni. Ma nel fu Belpaese, sui grandi mass media, tra gli onnipresenti opinionisti senza opinioni dei talk show o nel cicaleccio dei Palazzi, siamo ancora al livello di un ministro che grida al “vi aumenteranno le bollette”, a chi si diverte con patetici insulti come gretini, al negazionismo più assoluto davanti ad ogni pioggia e simili.

Eppure ormai mancano pochi mesi al trentesimo anniversario del “Vertice della Terra” di Rio de Janeiro. Due anni dopo Alexander Langer lanciò un appello ai supposti “Grandi della Terra” riuniti a Napoli per il G7: «silenziate un po’, per favore, i vostri altoparlanti, moderate le vostre televisioni, limitate le vostre pubblicità, contenete le vostre telenovelas! Date spazio e voce, ospitalità e megafono alle molte voci dei piccoli, alle voci del sud, alle voci di coloro che non scelgono di gridare, o che non hanno più fiato per farlo».

Aldo Capitini indicava le periferie – oneste, pulite e nonviolente – come luoghi da cui poteva giungere la risurrezione del mondo.

Quel mondo oggi sempre più agonizzante, devastato, distrutto, impossibile da consegnare alle generazioni future. I “piccoli”, i miliardi di “piccoli” nell’epoca del disordine globale continuano ad indicarla quella risurrezione, ad indicare la strada tracciata già decenni fa dal Club di Roma fino alla mobilitazione intorno al vertice di Rio, passando per le mobilitazioni altermondialiste che videro protagonisti i “sotterranei della Storia” (come li definisce profeticamente Alex Zanotelli sin dagli anni di Korogocho) alle mobilitazioni per il clima indette dai giovani di tutto il Pianeta.

Gli insulti alla ‘gretini’ e simili, i negazionismi davanti ad ogni minima pioggia (che testimoniano totale ignoranza scientifica in quanto quelle stesse perturbazioni dimostrano l’esistenza dei cambiamenti climatici), le pressioni decisive nei processi politici delle lobby energetiche, il battere cassa in nome di interessi di pochi sembrano egemonizzare il dibattito – anche se solo con immensa difficoltà lo si può definire tale – italiano.

Ma i fatti, i nudi e crudi fatti, irrompono sempre. E, così come uno scoglio non può fermare il mare, certo non vengono influenzati dalle italiche amenità. «L’attuale fase di fusione dei ghiacciai è iniziata negli anni ’50, dapprima lentamente e poi con un ritmo sempre più veloceriporta un’inchiesta del Corriere della Seradalle ultime immagini della Nasa, relative a 217 mila ghiacciai (il 99,9% del totale) fra il 2000 e il 2019, si può stimare una fusione accresciuta del 130%, con una perdita del volume totale dei ghiacciai rilevati del 4%».  «Dal 1975 al 2000 i principali ghiacciai dell’Himalaya hanno perso 4 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, dal 2000 al 2016 la media è di 8 miliardi di tonnellate, con una riduzione di spessore media di circa 50 centimetri ogni 12 mesi – scrivono Milena Gabanelli e Francesco Tortora – secondo lo studio «The Hindu Kush Himalaya Assessment. Mountains, Climate Change, Sustainability and People», se il riscaldamento climatico aumenterà «solo» di 1,5 gradi Celsius rispetto all’epoca pre-industriale, dalla macroregione sparirà un terzo dei ghiacciai entro il 2100, che diventerebbero 2 terzi se invece si toccassero i 2 gradi. Questo causerà nel tempo la riduzione della portata dei fiumi himalayani, mentre la sovrabbondanza d’acqua nella stagione dei monsoni e la grave siccità in quella secca provocheranno crolli, inondazioni, la migrazione di milioni di persone e inevitabili scontri geopolitici per il controllo dell’acqua». La destra italiana può esercitarsi in tutte le peggiori ironie (che non fanno ridere) pur di vomitare conati di odio contro gli abitanti del resto del mondo ma già oggi i migranti climatici e le guerre per l’acqua esistono. E sono fatti incontrovertibili contro cui le loro tastiere, propagande e ignoranze nulla cambia.

«La fusione dei ghiacciai continentali e polari ha causato negli ultimi 20 anni fino al 21% dell’innalzamento del livello del mare, circa 0,74 millimetri all’anno. Gli esperti prevedono che entro il 2100 gli oceani subiranno un innalzamento compreso tra i 30 cm e il metro mettendo a rischio metropoli e litorali in tutto il mondo, ovvero aree in cui vivono circa centoquindici milioni di persone – prosegue l’articolo – secondo le proiezioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, entro quella data città come Venezia e Giacarta rischiano seriamente di finire sott’acqua. Ma già entro il 2050, senza provvedimenti drastici contro il pericolo di inondazioni, l’IPCC segnala danni tra 1.600 e 3.200 miliardi di dollari per 136 grandi città costiere. Tra le più colpite ci sono anche New York, Mumbai, Tokyo, Shanghai, Miami, Rotterdam, Città del Capo».

L’inchiesta di Gabanelli e Tortora, almeno nel mondo dorato dei grandi mass media, rappresenta una rarità purtroppo per l’Italia. Al contrario, soprattutto, della stampa anglosassone che analizza, approfondisce e documenta gli effetti dei cambiamenti climatici da tempo con vero piglio scientifico. La BBC ha lanciato l’allarme in questi giorni sull’aumento dei giorni con temperature superiori ai 50 gradi, raddoppiati nei dodici mesi dagli Anni Ottanta ad oggi. Mettendo a rischio sempre più anche la salute umana. Il 25 Luglio il Guardian ha pubblicato la notizia dell’avvio di uno studio partito dal “Club di Roma” che riprende “I limiti dello sviluppo” del 1972.

Le conclusioni, scrive il Guardian, sono desolanti: i dati attuali sono allineati a quelli del 1972 e lo sviluppo economico potrebbe arrestarsi entro la fine di questo decennio e, nello scenario peggiore, entro i dieci anni successivi arrivare il collasso definitivo.

Venti giorni prima un articolo del quotidiano  sottolineava come veniamo da “sessant’anni di allerta sul cambiamento climatico” con “segnali mancati (e ignorati)” e “gli scienziati che collegavano i combustibili fossili al cambiamento climatico” che già negli anni sessanta “furono liquidati come profeti di sventura”.

Nel 1974 persino la CIA produsse uno studio che arrivò ad una “diagnosi drammatica”: i cambiamenti climatici avrebbero causato l’aumento esponenziale di migrazioni e guerre.

La caldissima estate 2021, con temperature intorno ai 50 gradi da Catania al Canada ad altre latitudini, sono state segnate da vasti incendi in larghe parti del mondo e dell’Italia. Uno dei più drammatici ha colpito persino la freddissima Siberia. Il 20 luglio sempre il Guardian ha sottolineato che gli incendi stavano bruciando un milione e mezzo di ettari nel nord est della Siberia causando una cappa asfissiante di smog nella regione della Yakutia nell’estate più secca degli ultimi 150 anni.

Il quotidiano britannico ha pubblicato alcune testimonianze degli abitanti che hanno lanciato accuse contro la crisi climatica, i tagli alle guardie forestali, la corruzione e il dolo umano. È la Russia post sovietica di Vladimir Putin ma sembra l’Italia in cui, anche quest’estate, di fronte i terribili incendi che hanno devastato Sicilia, Sardegna, Puglia, Molise, Abruzzo e altre regioni l’attenzione è tornata sulla soppressione del Corpo Forestale dello Stato stabilito dal governo Renzi, la privatizzazione del servizio anti-incendio con la cronica carenza di canadair (mentre invece le spese per F35 e altri aerei militari ha goduto sempre di incrementi) e la mano criminale dell’uomo.

Secondo i dati dell’European Forest Fire Information System al 10 agosto in Italia gli incendi avevano bruciato 102.933 ettari, un’area vasta come 140mila campi da calcio e nelle stesse settimane Coldiretti ha stimato un aumento del 120% degli incendi. L’Unione Sindacale di Base di Catania dopo un’assemblea pubblica a Ponte Barca (Paternò), a seguito degli incendi che stavano colpendo il territorio distruggendo intere aziende agricole, ha denunciato “la presenza sempre più aggressiva della mafia nei territori tradizionalmente agricoli”.

Il sindaco di Grotteria Vincenzo Loiero ha dichiarato al giornalista di Avvenire Toni Mira che gli incendi in Calabria «un attacco terroristico al territorio, alla comunità, allo Stato». «Abbiamo avuto dieci focolai, sicuramente dolosi, a grande distanza l’uno dall’altro, anche 5-6 chilometri. Così i vigili del fuoco dovevano correre da una parte all’altra. Spegnevano un incendio e ne partiva un altro» il racconto del primo cittadino che ha individuato diversi possibili moventi «dal pascolo agli interessi sull’antincendio».

Tra le regioni più colpite c’è stata anche l’Abruzzo dove quanto accaduto il 1° agosto – con incendi contemporanei lungo quasi tutta la costa tra Pescara, Ortona, Rocca San Giovanni, Casalbordino e Vasto che hanno colpito soprattutto aree protette, alcune ogni anno nel mirino dei piromani – e la domenica successiva in cui è stata colpita soprattutto un’area tra Vasto e San Salvo già attaccata negli anni scorsi può portare a delineare un qualche disegno criminale.

Un inferno di fuoco apparso organizzato quasi in maniera militare, di terrorismo ambientale dalle fosche tinte di “menti raffinatissime” mafiose.  Il 1° agosto è stato ripetuto un copione purtroppo consolidato negli anni, per esempio nel 2013 furono incendiate quasi tutte le stesse aree protette come denunciarono l’Associazione Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo, mentre l’8 agosto sono state devastate le abitazioni di un intero quartiere tra Vasto e San Salvo e sono bruciati anche i rifiuti di una discarica abusiva.

Tra i rifiuti anche amianto, il minerale cancerogeno bandito dal 1992 e il cui nome è legato ad una delle più drammatiche pagine della storia industriale locale.

Colpite in queste settimane, anche in pieno Settembre, anche le aree interne tra cui quelle del Parco della Majella. Ancora aree preziose da un punto di vista ambientale nel mirino.

La Provincia aquilana già l’anno scorso registrò un drammatico criminale inizio di Agosto e rimane incancellabile nella memoria l’estate 2017, quella degli incendi sul Morrone. Già in quelle settimane ci fu chi ebbe il coraggio di indicare i probabili moventi mafiosi, gli interessi delle “mafie dei pascoli” e gli affari sporchi e loschi di clan e mafiosi di varia provenienza, soprattutto pugliesi.

Riscontri su soggetti organici ai sistemi criminali pugliesi sono riportati in una ricerca coordinata dalla professoressa Lina Calandra dell’Università aquilana che ha evidenziato la presenza della mafia dei pascoli nell’Abruzzo interno anche in relazione ai devastanti incendi sul Morrone dell’estate 2017.

«Nella zona del chietino per il pascolo ci sono grossi problemi: lì ci sono allevatori di Foggia e San Severo e fanno veramente un casino, al confine con il Molise. Ci sono degli allevatori poco avvezzi al rispetto delle regole e vanno su con animali malati. Più di una volta ci sono stati problemi di brucellosi e tubercolosi» è una delle testimonianze riportate.

Queste altre tre testimonianze riportate nella ricerca:

«Il furto di bestiame «c’è sempre stato, è una piaga che è sempre esistita, ha un canale finale che è la macellazione clandestina ciò significa che ci sono dei mattatoi clandestini che operano tranquillamente, questo nel pugliese: nell’area garganica e sanseverina, quella è la zona più difficile questi furti sono sempre su commissione. Sono persone esperte perché non è una cosa facile rubare 30 mucche in una notte, sono animali indocili e pericolosi. Quindi chi lo fa sa bene come farlo, ha i mezzi e sa dove portarli per la macellazione, quindi c’è un canale attraverso il quale smistare gli animali».

«Qua vengono da Latina e da Foggia, portano gli animali alla montagna e a fine settembre lasciano gli animali incustoditi, abbandonati e vengono a fare i danni. Non c’è un controllo dei pascoli, il proprietario dovrebbe controllare, ma i proprietari si fanno vedere ogni tanto, e vengono e fanno danni, distruggono gli ortaggi. Siamo riusciti un giorno a rintracciare i proprietari e ci hanno aggredito dicendo che eravamo noi che dovevamo recintare l’orto. Soprattutto quando inizia il freddo, settembre-ottobre. Sono tutti di fuori gli allevamenti, noi non li conosciamo neanche. È una piaga grande».

«Prima venivano i foggiani e le aziende hanno tutte chiuso per la brucellosi e la tubercolosi. Io nel 2000 ho dovuto abbattere 138 capi, per un danno di 11mila euro»