«Voglio la vita, ma prima di tutto voglio una casa»

Haidar al Ghazali, 20 anni, poeta di Gaza. Scrive, pubblica e recita le sue poesie su Instagram – @haidar.ghazali – e in Italia alcune sue poesie sono state pubblicate nel libro “Il loro grido è la mia voce“. Finché gli è stato possibile, ha studiato Letteratura inglese e traduzione a Gaza, dove è finora intrappolato sotto i bombardamenti, ma oggi la sua università è rasa al suolo.

1
Se il paradiso è il mio fato, insolite saranno le mie aspirazioni:
rivivrò l’intero film 
e crescerò tra gli stolti che mi fisseranno il volto
tendendomi trappole,
dove calzanti sarebbero le mie cadute.
Mi laureerò all’università che amo  
e nel paradiso danzerò poiché si schiuderà una porta radiosa. 
Che infine sia squarciato l’incanto di questa visione. 
Desidero che ogni cosa sia ardua. 
Queste mani sono state forgiate per amare 
ma anche per frantumare rocce. 
Desidero il peso della fatica
mentre edifico la mia prima casa, 
la stanza dei miei figli e il giardino. 
Desidero che ogni pietra, mio rifugio nel torpore,
abbia una storia di dolore. 
Che sublime sia il riposo! 
Mentre gli altri si crogioleranno nel piacere,
io sarò caduto nelle trappole degli stolti, 
mi sarò laureato all’università che amo 
e con la fatica avrò edificato una casa piena di finestre e figli. 
E quando di sudore sarò madido, potrò esclamare: 
Oh, ho assolto il mio compito,
ho vissuto la vita.

2
Voglio vivere, 
il che significa non saper riparare gli interruttori  
o cambiare la maniglia delle porte, 
essere assalito dalla noia delle lezioni e della marea di appunti,
ingaggiare una battaglia contro un topo indiscreto che invade la stanza,
e dopo la preghiera dell’alba ascoltare Umm Kulthum alla finestra.
Significa indovinare la vita delle ragazze dal tratto di kajal preciso e affilato,
commettere peccati che richiedono perdono divino e incappare in fallimenti culinari.
Significa nutrire un amore cronico per gli odori delle case, 
i muri imbiancati
e il dialogo con le rose del balcone.
Voglio vivere,
voglio scrivere lettere a un’amata reale, non come faccio ora ogni giorno, 
donarle un taccuino per annotare le onde che sulla riva si inchinano ai piedi di due amanti,
e i baci desiderati mai consumati, divenuti erba e rose lungo le vie.
Un taccuino per annotare i nomi dei nostri figli, scelti da lei,
a condizione che nel grembo canti loro 
della rivoluzione 
e della Palestina che ci vuole vivi.
Voglio la vita,
ma prima di tutto 
voglio una casa.

3
Sapete forse il significato di una lesione che si apre quanto basta
da poter affermare che il cuore stesso è una ferita?
Sapete forse cosa accade quando una persona porge l’ultimo addio agli amici
esaurendo la propria quota di greve dolore
e di lutto?
Nulla.
Perisce poco dopo la loro dipartita.

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