Freedom Hospital, la cura al tempo della guerra in Siria

Dalla caduta di Bashar al Assad, ormai un mese fa, la Siria ha iniziato una difficile transizione verso la fine della guerra: una fase di passaggio dominata per il momento dall’incertezza, tra incognite politiche e difficoltà economiche.

Probabilmente, dunque, servirà ancora molto tempo prima di consegnare alla Storia un conflitto durato oltre tredici anni, che ha causato decine di migliaia di vittime, milioni di sfollati e rifugiati, nel quadro di una complessità spesso difficile da comprendere.

Forse però questo momento di stasi apparente è quello giusto per cominciare a riannodare qualche filo, recuperare i primi pezzi di un puzzle davvero intricato chiedendosi cos’è stata davvero la guerra in Siria.

Le possibilità in questo senso sono molteplici, con l’accortezza di scegliere sempre una fonte che sa di cosa parla e non il primo opinionista prestato all’argomento. Nel caso di Nona Arte, come sempre, la strada scelta è quella del racconto a fumetti.

Freedom Hospital. Una storia siriana è un graphic novel di Hamid Sulaiman, “ispirato a fatti cui ho assistito direttamente, prima di lasciare la Siria, e alle vicende vissute da persone che mi sono vicine”, scrive l’autore nella postfazione.

Un libro nato dall’esigenza dell’autore di fare chiarezza su una situazione percepita in modo distorto, soprattutto da chi trovandosi al di fuori del Paese non sia ben preparato e costantemente aggiornato sulla situazione siriana.

“Penso che nessuno possa raccontare esattamente quello che succede in Siria, neppure le persone che sono lì” dice ancora Sulaiman. “Ho deciso di scrivere Freedom Hospital per raccontare il mio punto di vista sulla situazione, non per spiegarla”.

La scelta della non-neutralità e della commistione tra elementi di realtà e finzione non toglie nulla all’efficacia del racconto, tanto da un punto di vista prettamente narrativo quanto alla capacità del graphic novel di offrire al lettore alcune coordinate basilari per orientarsi all’interno del conflitto siriano.

Pubblicato in Francia nel 2016 da Arte Éditions, l’opera è frutto di quattro anni di lavoro da parte di Sulaiman, che in 288 pagine racconta la vicenda del Freedom Hospital, attivo nella città fittizia di Houria per soccorre e curare gli oppositori al regime di Assad a prescindere dalla loro appartenenza politica o religiosa.

La centralità della cura e il suo ruolo relativamente trasversale rispetto agli schieramenti in campo non può che far pensare al lavoro di realtà come Emergency: non a caso, l’edizione italiana pubblicata nel 2018 da add editore è arricchita da una folgorante prefazione scritta da Cecilia Strada.

Nelle pagine a fumetti, invece, prende vita un cast di personaggi ricco e variegato, che consente all’autore di spaziare tra le tante componenti politiche e religiose schierate contro il regime di Assad, non esenti da conflittualità reciproche nonostante la comune permanenza al Freedom Hospital.

Yasmine, la protagonista, ha dato vita all’ospedale clandestino che cura i ribelli con l’aiuto di alcuni medici volontari, mentre l’amica Sophie la raggiunge dalla Francia per girare un documentario sul Freedom Hospital.

Fin dall’attraversamento del confine turco-siriano da parte delle due donne, tuttavia, è chiaro che la guerra non lascia scampo neanche a chi si occupa di curare i feriti, specie se alla guida di un ospedale clandestino schierato contro il regime.

Tra lutti e qualche sporadica gioia, lavoro quotidiano e periodiche ricostruzioni, il Freedom Hospital è costretto a curare anche sé stesso per riuscire ad andare avanti e prestare soccorso alle tante vittime del conflitto.

Emblematica in questo senso la scena dell’insegna dell’ospedale, che si ripete più volte nel corso del fumetto, con Yasmine sempre determinata nel farla ricollocare al suo posto in attesa dell’elettricità per poterla accendere.

La stessa scena – come in un cerchio che si chiude solo all’apparenza, perché la guerra non è terminata – si ripete nel finale, quando i superstiti del Freedom Hospital sono costretti a ricominciare l’attività in un campo profughi turco dopo che Houria è diventata teatro di combattimenti senza quartiere.

Come a dire che se non si ferma la battaglia per la libertà, di certo non si può fermare l’impegno per la cura, specie quello prestato in luoghi dov’è in azione la guerra, la più potente macchina di morte inventata dall’uomo.