Il 6 e il 7 luglio prossimi, a Rio de Janeiro, si terrà il vertice annuale dei BRICS.
Dopo la parentesi del governo Bolsonaro, che alla cooperazione internazionale aveva dedicato poca o nessuna attenzione, il Brasile torna a ricoprire la presidenza rotativa del gruppo in un periodo storico complesso, dove il dialogo multilaterale è minato dall’incertezza e dal conflitto.
Un gruppo in evoluzione
Saranno molte le sfide che il Brasile dovrà affrontare durante questo mandato, in primis la crescente eterogeneità del gruppo.
Formatosi come raggruppamento informale nel 2006 a San Pietroburgo, a margine di una cupola del G8, per volontà di Brasile, India, Cina e Russia (da qui l’acronimo BRIC, già coniato dall’economista Jim O’Neill per indicare le maggiori economie emergenti all’inizio del terzo millennio), il gruppo si è costituito ufficialmente nel 2011 includendo anche il Sudafrica e assumendo definitivamente il nome BRICS.
Per tredici anni è rimasto una piattaforma compatta e coesa e solo a partire dal 2024 hanno iniziato ad aggiungersi nuovi membri: prima Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran e poi, all’inizio di quest’anno, l’Indonesia.
Secondo Elen Bueno, dottoressa in Diritto internazionale e ricercatrice del Grupo de Estudos sobre os BRICS (Gebrics) dell’Università di São Paulo, “l’ampliamento e l’ingresso di nuovi membri molto diversi fra loro ha fatto perdere la coesione iniziale del gruppo e questo renderà necessario, da parte della presidenza brasiliana, un’enorme capacità diplomatica per costruire il consenso necessario a prendere le decisioni.”
Per Bueno, le differenze ideologiche, economiche e diplomatiche tra i Paesi possono rappresentare un ostacolo agli sviluppi più ambiziosi dei BRICS e alla definizione di un’agenda comune. Un problema ben noto all’interno del gruppo, che fin dall’inizio si è posto il problema di allargare la partecipazione senza perdere rilevanza ed efficacia. Una difficoltà che ha già penalizzato altre piattaforme, come il G77.
L’ingresso di nuovi Paesi però non rappresenta solo una sfida ma anche un’opportunità, perché “amplia la legittimità dei BRICS sul piano internazionale e li rafforza dal punto di vista non solo economico ma anche politico e geografico”. In questo senso è stata cruciale l’adesione dell’Indonesia, importante punto di riferimento per l’area del Sud-est asiatico.
“Ampliando la piattaforma,” spiega Bueno, “i BRICS potranno creare una rete sempre più dinamica di partnership e scambi” sia politici che commerciali. Rimarrà però da discutere in che modo le nuove e numerose richieste di adesione potranno essere accolte.
“Finora abbiamo visto che esistono due diverse modalità di partecipazione. Da un lato ci sono i membri permanenti, che votano e firmano le dichiarazioni, e dall’altro dei Paesi, come Bolivia, Malesia, Kazakistan e Nigeria, che partecipano su base tematica e che non hanno voce in capitolo nelle decisioni finali della cupola. Ad oggi non è chiaro se queste partnership potranno portare a una piena integrazione nel gruppo.”
Aumentare la rilevanza internazionale
Fin dalla sua origine, il gruppo dei BRICS si è posto come obiettivo quello di promuovere la trasformazione del sistema globale affermatosi in seguito alla Seconda Guerra mondiale e di riformare le istituzioni finanziarie nate in seno agli accordi di Bretton Woods (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale).
Partendo dal riconoscimento di un ordine mondiale dove il potere è detenuto da pochi attori, i BRICS intendono dare voce e rilevanza internazionale ai Paesi più marginalizzati promuovendo un nuovo ordine multipolare che rispecchi gli equilibri, anche economici, del mondo contemporaneo.
In quest’ottica, nel 2014 a Fortaleza, è stata creata la New Development Bank, oggi diretta dall’ex presidente brasiliana, l’economista Dilma Rousseff.
“L’avanzamento istituzionale del gruppo e la promozione di discussioni più complesse come quelle che riguardano un comune sistema di pagamento, nuovi meccanismi di cooperazione, e avanzamenti comuni in ambito scientifico e tecnologico è un tema che la presidenza brasiliana dovrà sicuramente affrontare” afferma Elen Bueno.
Tra i temi del vertice di luglio spiccano l’abbandono del dollaro e la creazione di un sistema di pagamento basato sulla tecnologia blockchain. Due punti che trovano nel presidente Lula un energico sostenitore.
Secondo Bueno, la grande sfida sarà portare la discussione da un livello solo teorico a uno più pratico.
“La politica estera di Lula sull’abbandono del dollaro finora è rimasta più vicina a un’agenda retorica e diplomatica che non a una vera trasformazione strutturale”.
L’unico passo concreto compiuto finora è stato un accordo commerciale con la Cina per condurre gli scambi nelle due monete locali, yuan e reais. Tuttavia, un conto è stipulare accordi bilaterali, un altro è superare le barriere tecniche e politiche all’interno di un più vasto gruppo. Specialmente quando ci sono Paesi più cauti ad abbandonare il sistema dollaro, come l’India o il Sudafrica.
“Il dollaro domina ancora il sistema economico mondiale” spiega Bueno, “e perfino il Brasile, per quanto lo critichi, fatica a sganciarsene e continua a partecipare al Fondo monetario internazionale e a detenere gran parte delle proprie riserve in dollari.”
BRICS, una piattaforma alternativa?
La terza difficoltà, che secondo Elen Bueno caratterizzerà la presidenza brasiliana, è il difficile scenario geopolitico, e in particolare la tensione tra Cina (e, ora, Iran) e Stati Uniti e tra la Russia e l’Occidente.
Dall’altro lato, l’instabilità in cui versa la politica internazionale a causa dei conflitti e dell’evidente inaffidabilità di un attore chiave come gli Stati Uniti, può rafforzare i BRICS nel loro ruolo di piattaforma multilaterale alternativa.
“Il gruppo può offrire uno spazio di dialogo più equo, specialmente per quei Paesi che storicamente sono stati marginalizzati ed esclusi dalle discussioni internazionali” spiega Bueno, “ma per poter assumere un peso specifico più importante sullo scenario globale è necessaria una maggiore istituzionalizzazione e un meccanismo di governance più robusto ed efficiente”.
Di sicuro, l’attrattiva che i BRICS esercitano sui Paesi del sud globale è grande, come dimostra il gran numero di domande di adesione e il fatto che la reputazione del gruppo non abbia risentito in modo sostanziale dell’invasione russa dell’Ucraina.
Secondo Bueno, i vantaggi di una piattaforma più orizzontale di scambi economici e diplomatici hanno prevalso sulle questioni militari.
Tanti dunque i nodi da sciogliere per il Brasile in questo anno di presidenza dei BRICS. Nodi che, se sciolti, rafforzerebbero non solo il gruppo a livello globale, ma anche il ruolo Brasile. Il Paese potrebbe affermarsi come leader regionale e come interlocutore privilegiato del Sud globale per altri attori come gli Stati Uniti e l’Europa.