Haiti e Giovanni Arpino

La nazionale italiana di calcio incontra in amichevole la nazionale caraibica. Unico precedente nel 1974, ai campionati mondiali in Germania. Resi eterni da Azzurro tenebra, il libro capolavoro di Giovanni Arpino

di Christian Elia

 Martedì sera, giugno a Milano. Lentamente l’afa comincia a scivolarti addosso. La televisione accesa distrattamente, c’è l’Italia. Gioca contro Haiti, amichevole. Incasso per la popolazione dell’isola caraibica, che tra terremoto e uragani ha conosciuto tutti i flagelli biblici. Haiti…unico precedente 1974, mondiale in Germania.

Neanche il tempo di pensarci che Giaccherini segna. Esulta come fosse la finale di Champions, in passato qualche compagno l’avrebbe ripreso. Le mani scorrono i dorsi dei libri in biblioteca, non si trova mai quello che cerchi. Invece eccolo là, Azzurro tenebra, il capolavoro di Giovanni Arpino.

I commentatori parlano di ripartenza, densità, occupazione degli spazi. Roba che il vecchio Arp avrebbe chiamato uno psichiatra. Il libro racconta i mondiali del 1974, che a dirla così son buoni tutti. Invece Arpino riesce con una scrittura acida, che sa di vino, a dipingere un mondo. Il Vecio, il Golden Boy, il Bomber, lo Zio, Giacinto, il capitano. Un romanzo popolare, un affresco di un’Italia che correva senza sosta verso l’edonismo delle cambiali, ma che rimaneva ancora quella di chi era cresciuto nei cortili, correndo dietro un pallone. In copertina, nella vecchia edizione Einaudi, una bella foto di Giacinto Facchetti che scatta, ma in dissolvenza, come un ricordo che sbiadiva in diretta.

azzurrotenebraFinisce per essere un saluto, quel mondiale, non solo all’Italia eliminata nei gironi iniziali, ma al Paese che dopo la seconda guerra mondiale si era rimboccata la maniche per ricostruire sulle macerie umane e materiali del fascismo.

“Mosconi che andavano a sbattere nella ragnatela. Vecchi mosconi dall’addome gonfio e molle, aggravati dall’ostilità dell’autunno. L’istinto gli soffia ancora nelle ali però non hanno più forza e allora si catapultano nella ragnatela, alla cieca. Mosconi carichi di antiche polveri dorate che però sono zavorra. E la ragnatela haitiana, nera, che dondola”.

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Così Arpino racconta di quel 15 giugno 1974, a Monaco di Baviera. Gli haitiani passano addirittura in vantaggio, con tale Sanon, prima che gli azzurri ribaltino il risultato in un 3-1 che sa più di terrore da linciaggio che di vittoria sicura. Chinaglia, bomber della Lazio, sostituito manda al diavolo il commissario tecnico Valcareggi. Sembra l’immagine di una generazione che, sparando o cantando, si libera dei padri.

Gli immigrati italiani, anche loro retroguardia di un’Italia che fu, dove poco dopo si sarebbe iniziato a viaggiare per diletto, emigrando con le lauree e non con la valigia di cartone, soffrono sconfitti. Una retroguardia che chiedeva al pallone un riscatto, dopo tante umiliazioni. Il mondiale dell’Italia nel 1974 finisce presto, resta il libro di Arpino.

Azzurro tenebra è un capolavoro del giornalismo narrativo, della letteratura sportiva. Due regioni dove i puristi si perdono, arricciano il naso. Ma i puristi non hanno mai giocato a pallone in un cortile.

La partita è finita, pareggio 2-2. L’Italia, come sempre quando non c’è da fare l’impresa, fa una figuraccia. Questo, almeno, è rimasto immutato. Ma è troppo poco per scriverci un capolavoro.



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