Gezi Parki e il futuro

Nonostante le rassicurazioni delle autorità, dimostranti e polizia si sono scontrati duramente a piazza Taksim, nel cuore di Istanbul. Vera e propria guerriglia urbana, il movimento accusa infiltrazioni di provocatori, ma Erdogan promette tolleranza zero

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-09-alle-20.48.03.png[/author_image] [author_info]Sara Chiodaroli, da Istanbul. Milanese, dopo un Dottorato di ricerca sulla letteratura dell’immigrazione in Spagna e in Italia, dal 2012 è docente di Lingua Italiana e Spagnola a Istanbul[/author_info] [/author]

Due giorni fa, 11 giugno 2013, Taksim si e’ trasformata nuovamente in uno scenario di guerriglia urbana. Inizialmente il sindaco di Istanbul, Hussein Avni Mutlu, aveva dichiarato un stato di tregua nei confronti dei manifestanti all’interno di Gezi Parkı: quella mattina la polizia sarebbe stata presente solo per rimuovere barricate, bandiere e striscioni affissi al palazzo dell’Ataturk Kultur Merkesi e nell’area monumentale della piazza. La calma generata dalle parole del primo cittadino si e’ presto rivelata apparente: nelle stesse ore un piccolo gruppo di manifestanti ha dato il via a una guerriglia aperta nei confronti della polizia.

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Secondo Diren Gezi Park (Occupy Gezi Park Movement) si e’ trattato di un gruppo di provocatori che non avevano alcuna relazione con i dimostranti: hanno utilizzato molotov contro la polizia. Sempre secondo il movimento Gezi, la polizia non avrebbe tentato di bloccare con fermezza il ridotto gruppo, cosa abbastanza facile considerato il numero ridotto di persone, ma si sarebbe limitata a rispondere a ogni singolo attacco, in un regolato botta e risposta: una blanda reazione delle forze dell’ordine se comparata alla forza adoperata in altre occasioni.

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Dopo alcune ore, sempre in mattinata, da Ankara il premier Erdoğan parlava al Parlamento in diretta tv su tutti i canali, ribadendo il concetto della ‘tolleranza zero’ nei confronti della violenza, rimarcando le derive violente che si erano appena mostrate poche ore prima in Piazza Taksim.

Nelle stesse ore, all’interno del Tribunale di İstanbul nel quartiere Çağlayan, la polizia ha fatto irruzione nell’atrio dell’edificio dove stava avendo luogo una protesta da parte degli avvocati a favore di Gezi Parkı.

Piu’ di 50 avvocati sono stati presi in custodia dalle forze dell’ordine. La Bar Association di Ankara e’ intervenuta per denunciare la gravita’ dei fatti. Numerose le adesioni di colleghi da tutto il paese, Ankara, Gaziantep, Konya, Marmaris. Ieri, 12 giugno, nuove protesta di fronte al Palazzo di Giustizia ad Ankara e a Istanbul. Secondo dichiarazioni ufficiali della Bar Association, questa azione di forza nei confronti dei colleghi colpisce l’intera categoria e attenta alla pace sociale, come riporta Radikal.

Il Presidente dell’Unione delle Associazioni Bar della Turchia, Feyzioğlu, condanna l’accaduto: “L’11 giugno 2013 a Istanbul, circa 50 colleghi nel Palazzo di Giustizia dalla sono stati trascinati dalla polizia antisommossa, e percossi, ammanettati, portati via, caricati su un pullman e portati al dipartimento di polizia. (…) molti colleghi che hanno cercato di intervenire in aiuto dei colleghi sono stati altrettanto coinvolti, come dice ancora Radikal.

Gli avvocati sono stati rilasciati in serata, tuttavia, secondo quanto ha dichiarato il presidente dell’Associazione Bar di Istanbul, Ümit Kocasakal, al portale Sabah, i segni dell’ingiustizia e della violenza subite restano.

Gezi parkı, nel frattempo, due giorni fa ha vissuto uno dei momenti piu’violenti. Gli attacchi della polizia, dopo la calma apparente della giornata precedente, hanno ripreso con piu’ e piu’ forza. Ripetutamente fino a tarde notte sono stati sparati gas lacrimogeni verso all’interno del parco. Testimoni raccontano che i feriti sono molti. La solidarieta’ da parte dei cittadini enorme: c’e’ bisogno di materiale per il primo soccorso e di maschere ant-gas per i medici che assistono.

Ormai le intenzioni del governo sono chiare e senz’ombre: tolleranza zero, il progetto si fara’, gli alberi saranno tagliati e si andra’ avanti con il progetto. Dopo la dura nottata di ieri, il parco e’ ancora occupato, ma si attende una nuova sera di scontri. I messaggi del premier, lanciati durante le dichiarazioni delle ultime settimane, non lasciano intravedere alcuna apertura al dialogo. Lo stesso sindaco Mutlu ha dichiarato che ‘”Continueremo nelle misure prese per la sicurezza senza indugio, di giorno e di notte, fino a quando gli elementi marginali saranno stati ripuliti e la piazza sarà riconsegnata alla cittadinanza”.

Tuttavia nel pomeriggio di ieri, 12 giugno, sono stati alcuni passi che potrebbero far sperare in un’apertura, per quanto ancora molto lontana dal realizzarsi. Nel pomeriggio, infatti, Erdogan ha incontrato una delegazione dei movimenti pro-Gezi, un momento molto atteso per tutti i sostenitori, che tuttavia si è trasformato in un ennesimo motivo di malcontento. Questa delegazione, costituita da 11 attivisti tra docenti, studenti ed esperti, secondo il movimento Taksim piattaforma, non ritrae in modo eterogeneo tutte le voci del movimento Gezi e non è rappresentativa per coloro che hanno portato avanti la protesta per sedici giorni.

In prima serata giunge una dichiarazione del Premier “la faccenda sarà conclusa entro le prossime 24 ore”, parole che avrebbero fatto pensare a un ennesimo uso della forza a scopo risolutivo, ma che invece sono state poi chiarite dal discorso dal portavoce dell’AKP, Huseyin Celik, in conferenza stampa: potrebbe delinearsi la possibilità di un referendum popolare per decidere le sorti dell’area del Parco Gezi, a condizione che i manifestanti abbandonino la protesta. L’abbassamento dei toni politici utilizzati dal governo ha influito anche sulla protesta serale di ieri notte, alla quale hanno partecipato anche alcuni avvocati di Istanbul. Non c’è stato alcun attacco da parte delle forze dell’ordine presenti intorno al perimetro di Piazza Taksim. Da queste ultime mosse, il governo sembrerebbe essere orientato verso risoluzioni democratiche per porre fine a una protesta che per troppi giorni ha posto la Turchia sotto i riflettori mediatici di tutto il mondo.

 



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