La pena e il luogo della pena

Era il 2011. Quando si disse che Anders Breivik avrebbe passato la sua pena fra le mura del carcere di Handel Fengsel, si scatenò un gran battage di stampa, a livello internazionale. Breivik e ‘la prigione di lusso’, come venne descritta la struttura modello della Norvegia. Ricordiamo gallery fotografiche sulle bellezze degli interni, là dove avrebbe potuto scontare la pena il mostro di Oslo e di Utoya, ideatore ed esecutore materiale del piano criminale del 22 di luglio 2011, con 77 morti e oltre 240 feriti.

di Angelo Miotto

Breivik è il caso perfetto per simboleggiare l’estremo in un dibattito che tocchi temi garantisti: ha diritto alla difesa un uomo del genere? Ovviamente sì, visto che il principio di difesa fa parte della nostro cultura giuridica.
Sì, certo, è stata l’obiezione più ricorrente, ma proprio in un carcere come quello?
Qui il dibattito si sposta sulla privazione della libertà come pena per un crimine commesso e il luogo stesso in cui avviene l’espiazione e come vorrebbe il Carrara, anche la famosa emenda del reo. Costruire, cioè, carceri capaci di aiutare chi è detenuto ad affrontare un percorso rieducativo che consegnino alla società individui non, o meno, inclini alla recidiva.

[blockquote align=”right” cite=”~Josef Hohensinn, architetto”]La cultura di un Paese si esprime anche attraverso il trattamento che viene riservato ai gruppi sociali più deboli e marginali [/blockquote]In Italia, come in gran parte dei Paesi del pianeta, si parla spesso di popolazione carceraria, strutture inadeguate, legislazione insufficiente sulle pene alternative, sovraffollamento. Molto spesso vengono promesse nuove prigioni, nuove di zecca, magari prendendo spunto da qualche idea creativa, come nell’estate del 2012 quando si parlò, solo per un momento, dell’ipotesi di prigioni galleggianti al largo delle coste liguri.
Molto spesso il tema dell’edilizia penitenziaria si sposa con gli interessi dei costruttori privati e sempre più spesso l’unica idea che pervade la nostra mente al concetto di nuovi istituti di pena è il grigio cemento. Ben rinforzato, un blocco di cemento. È evidente che la costruzione di centri penitenziari che siano ‘belli’ e funzionali non sarà mai cavallo di battaglia di una qualsiasi personalità politica quando l’occhio dei partiti è sempre magnetizzato dal raggiungimento del consenso popolare. Immaginiamoci una coversazione sotto casa su un tema come questo, i luoghi comuni, il giustizialismo più becero, la legge del taglione. Eppure c’è chi ha voluto studiare e costruire delle case di detenzione dove dal emrine cella si passa a quello di abitazione.  Il tema è affascinante e Q Code Mag lo tratterà già nelle prossime settimane.

Qui di seguito pubblichiamo alcuni casi eclatanti, per la bellezza e intelligenza nel costruire la struttura – Norvegia e Austria –  un esempio di prigione che consente alla famiglia di vivere insieme al figlio fino ai 3 anni, e una storia davvero incredibile, boliviana.

 

Handel Fengsel – Norvegia

Per anni l’hanno chiamata ‘la prigione più umana del mondo’.
Per tutti gli apsetti specifici rimandiamo all’articolo di Emanuela Zuccalà che trovate nel dossier di Q Code Mag.

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Prigione di Leoben – Austria

E’ nella città di Leoben e la sua costruzione ha dato vita a innumerevoli polemiche. Il disegno dell’architetto Joseph Hohensinn fa apparire questo istituto più vicino a un centro uffici, o congressi che a un carcere. Può ospitare 205 detenuti, ognuno ha la sua abitazione con bagno e cucina privati, enormi finestre (ovviamente infrangibili), e una scrivania.

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Prigione San Pedro – Bolivia

La prigione di San Pedro, in Bolivia è un caso particolare di edilizia carceraria. Più che di edilizia, in realtà si tratta di un sistema complesso in cui il detenuto deve affittare o comperare la sua cella, una vera propria città nella città. Ci si chiederà come possano affittare o cmprare, con quale denaro, ma la priione boliviana non finisce di stupire con un sistema di botteghe, dal parrucchiere, bar, ristoranti e addirittura – incredibile – un hotel. Per alcuni anni sono state organizzate anche visite turistiche, oggi vietate. Dentro la città penitenziaria c’è il quartiere per ‘ricchi’, con celle che hanno televisore, bagno, cuvina e in qualche caso anche il biliardo.

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Prigione di Aranjuez – Spagna

Centro Penitenciario Madrid VI. Una prigione speciale, a meno di cinquanta chilometri dalla capitale spagnola con delle celle pensate per una convivenza familiare di chi è detenuto, con i propri figli e consorte fino ai tre anni di età. Hanno un arredamento ovviamente pensato per questo tipo di utilizzo: culle, personaggi Disney alle pareti, bagno e letto matrimoniale.

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