Berlino Capitale

Si può sacrificare una ventina di blocchi per costruire appartamenti di lusso sulla riva della Spree? Come può accadere nella Berlino “povera ma sexy” tanto sponsorizzata dal sindaco Wowereit?

di Nicola Sessa, da Berlino

Un paio di giorni fa, ho comprato per due euro una guida di Berlino del 1978. Berlin Haupstadt der Ddr, A bis Z. La capitale della Repubblica Democratica Tedesca dalla A alla Z. Il libro, promosso nel settore “Storia”, giaceva su uno scaffale di legno in una libreria di Friedrichshain, polverosa e profumata d’antico.

Berlin, Leninallee Kreuzung Ho-Chi-Minh-Straße

 

In una lunga introduzione si racconta delle meraviglie della capitale socialista, dei piani quinquennali, delle decine di migliaia di nuove abitazioni – moderne e confortevoli – costruite per i lavoratori di Berlino (Est). Dopo la caduta del Muro nel 1989, molti di quegli alloggi sono rimasti vuoti per anni. È per questo che per quasi vent’anni la città-stato non si è preoccupata di pensare a nuovi lotti per l’edilizia popolare e il prossimo intervento, circa duemila moduli abitativi, è previsto solo per il 2015.

Nel frattempo, è arrivato il capitale. Si è posato sulla città come una cappa gassosa, riempiendo tutti gli spazi lasciati liberi. Palazzi ultramoderni, sono piombati come delle astronavi su quella che fu la striscia della morte tra le due sezioni di Muro, o tra due palazzi, colmando il vuoto lasciato dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale. Si dirà: è normale! Il capitalismo ha vinto sul socialismo e adesso detta le regole. Bene, ma può il capitalismo vincere e abbattere anche la Storia?

[blockquote align=”left”]Chi viveva al centro è stato spinto ai margini della città, nella grande periferia dormitorio. I costi degli affitti, anche quelli, salgono in maniera inarrestabile e di pari passo cresce il sentimento contro la gentrification, l’imborghesimento di quartieri popolari e operai importato da stranieri dediti al fast buying, vedi e compra.[/blockquote]Il caso più eclatante riguarda la East Side Gallery, quel chilometro di Muro reso vivo dai pennelli di 101 artisti e diventato un patrimonio della memoria di Berlino. Si può sacrificare una ventina di blocchi per costruire appartamenti di lusso sulla riva della Spree? Come può accadere nella Berlino “povera ma sexy” tanto sponsorizzata dal sindaco Wowereit? I berlinesi non si arrendono, ma le speranze sembrano ridotte ai minimi termini. Il Muro di Friedrichshain è solo il simbolo più forte, ma le gru e i bulldozer sono all’opera in tutta la città. gli investitori, attivi soprattutto nella Berlino est, arrivano, sfrattano gli inquilini, ripuliscono, ristrutturano, rivendono a prezzi non alla portata di gran parte dei cittadini. Chi viveva al centro è stato spinto ai margini della città, nella grande periferia dormitorio. I costi degli affitti, anche quelli, salgono in maniera inarrestabile e di pari passo cresce il sentimento contro la gentrification, l’imborghesimento di quartieri popolari e operai importato da stranieri dediti al fast buying, vedi e compra.

Che succede poi se anche Alexanderplatz, tra i luoghi più celebrati e cari ai Berlinesi, viene sfregiata da un nuovo complesso con “uffici e appartamenti esclusivi” all’ombra della Fernsehturm? Berlino subisce.

alex

Sempre a due passi da Alexanderplatz è stata inaugurata a maggio la casa di Barbie, un mostro rosa dedicato al nemico numero 1 delle femministe. Un modello che le donne detestano. E assume i connotati della tortura in una città dove il femminismo, sia a est, quanto a ovest, ha segnato dei passi fondamentali per i diritti delle donne e dove il titolo “Fraulein”, Signorina, è praticamente bandito. Una donna è solo Frau.

Sono tanti i luoghi in pericolo, per un motivo o per un altro: c’è chi chiede di abbattere il monumento a Ernst Thälmann, perché simbolo del comunismo (ucciso dai nazisti nel 1943) e chi ha comprato i diritti di edificare e trasformare in lussuose residenze storici birrifici in Prenzlauerberg, Pankw o Treptow. Si alza il grido “Save Berlin” e le manifestazioni contro le lottizzazioni si moltiplicano: non si può lasciare la città nelle mani di politici inerti di fronte all’avanzata del capitale. In gioco non c’è solo il diritto di tutti di vivere a Berlino. In gioco c’è lo spirito stesso, l’anima, della metropoli che non vuole vendersi al diavolo.

Nicola Sessa



3 comments

  1. cora

    Da quando ho lasciato Berlino, nove anni fa, ci torno ogni tanto. E ogni volta mi trovo in una città diversa. Ricordo che nove anni fa si diceva che Kreuzberg era ormai “imborghesita” e che semmai era più cool andare a vivere a Neukoelln. Io vivevo a due passi da Rigaerstrasse, nel cuore di Friedrichshain. Ricordo che accanto agli squat iniziavano a nascere come funghi locali coi divanetti in pelle, tutti tirati a lucido. Non ho il coraggio di tornarci.

Lascia un commento