Il castello dei destini incrociati

Le storie invisibili di Italo Calvino, nato a Santiago de Las Vegas nel 1923, italiano di Cuba, scrittore di Sanremo

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/foto-tessera.jpg[/author_image] [author_info]di Alessandro Ingaria. Vivente. Laureato in giurisprudenza, con un passato di consulente gestionale per imprese profit e non, nel 2008 inizia una rivoluzione esistenziale: da cittadino del mondo, lavora in Afghanistan, in Latino America e in Est Europa, sperimentando soluzioni biopolitiche innovative sulla tematica dei diritti umani. Intensa l’attività creativa, da autore di articoli per riviste e periodici online (tra cui Peacereporter) a ideatore di progetti audiovisivi sull’analisi complessa delle comunità umane odierne. E’ uno dei fondatori del movimento Geronimo Carbonò. www.geronimocarbono.org[/author_info] [/author]

“Mi chiamo Italo Calvino. Sono nato a Sanremo; sono tanto nato a Sanremo che sono nato in America”. Novant’anni fa, Calvino nasce infatti a Santiago de Las Vegas, nell’isola di Cuba. E, approfittando della ricorrenza, è possibile rispolverare un episodio di storia minore avvenuto tra Sanremo e San Pietroburgo.

Correva l’anno 1908 e il Corriere della Sera del 21 febbraio riporta la notizia dell’arresto di Mario Calvino per un attentato ai danni dello Zar di Russia Nicola II.  In capo a due giorni l’attentatore viene identificato nel corrispondente italiano de La Vita di Roma e del Tempo di Milano, Mario, futuro padre di Italo Calvino. Nel volgere di poche ore sempre il Corriere della Sera riporta che il giornalista ha confessato in carcere di appartenere al Partito Socialista Rivoluzionario e che la Corte Marziale russa lo ha condannato a morte, da eseguirsi entro tre giorni dall’emissione della sentenza.

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Sulla scorta di queste notizie buona parte del giornalismo italiano si attiva, sottoscrivendo un appello al Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Giolitti, che denuncia:

A S. E. IL Presidente del Consiglio dei Ministri

E’ giunta a Roma la notizia che il collega in giornalismo Calvino è stato a Pietroburgo condannato a morte per delitto politico. I giornalisti sottoscritti fanno vivissima istanza all’E.V. perché voglia far promuovere dal governo italiano una energica azione che valga a salvare la vita del nostro connazionale.

Devotissimi dell’E. V.

(seguono 50 firme di noti giornalisti italiani dell’epoca)

 

Un inviato dell’ambasciata italiana riesce il 29 febbraio ad incontrare in prigione il “terrorista italiano” Mario Calvino. Riferiscono le fonti dell’epoca che il colloquio tra il recluso e il funzionario avvenne curiosamente in russo ma che, tramite il passaporto, quest’ultimo identificò senz’ombra di dubbio il Calvino.

In un crescendo di enfasi, dopo un frettoloso processo e un’inascoltata richiesta di sospensione della sentenza, Mario Calvino viene giustiziato lo stesso 29 febbraio mediante impiccagione insieme ai presunti complici. Tutta l’Europa viene informata della veloce soluzione adottata per liquidare gli attentatori.

Il primo marzo 1908, a Sanremo, un’indagine della questura identifica come residente un certo Mario Calvino, di anni 33, di professione agronomo. In tutta fretta questi viene convocato in questura per chiarire l’omonimia con l’attentatore di San Pietroburgo e, soprattutto, per capire come mai vi sia stato questo scambio di identità.

L’inchiesta della questura verte infatti sul fatto che il Calvino fosse a conoscenza che l’attentatore avesse utilizzato la sua identità. Nella dichiarazione resa agli inquirenti e inviata a Roma, Mario dichiara di aver conosciuto per caso in treno un russo che lo aveva invitato, per motivi lavorativi legati all’agricoltura, in Russia. E per poter viaggiare nel Paese degli zar, aveva chiesto il rilascio del passaporto, che poi aveva smarrito nel periodo degli incontri con questo straniero, supponendo quindi al momento dell’interrogatorio in questura che gli fosse stato sottratto da quest’ultimo.

Una versione poco verosimile che sottopone il Calvino ai riflettori della polizia italiana e lo catapulta al centro di un intrigo internazionale. Emerge infatti che l’attentatore dello zar era in realtà l’anarchico Vsevolod Vladimirovič Lebedintzev. E un’informativa del Prefetto di Sanremo inviata al Ministero dell’Interno ipotizza che Calvino “socialista, massone con simpatie anarchiche” avesse deliberatamente consegnato il passaporto al rivoluzionario russo per permettergli il ritorno in patria nonostante fosse  schedato come “sovversivo”.

A quel punto, giudicando la sua presenza in Italia troppo pericolosa, nel gennaio 1908 Calvino si imbarca verso gli Stati Uniti, per poi raggiungere il Messico, dove s’impiega come agronomo.  Nel 1918 si trasferisce poi dal Messico a Cuba, dove ottiene l’incarico di dirigere la Stazione Agronomica Sperimentale di Santiago de Las Vegas, presso l’Avana. Nel 1919 si sposa a Cuba con la botanica Eva Mameli e nel 1923 nasce il figlio Italo.

Anni dopo quest’ultimo confermerà la versione ricostruita dalla polizia: “Il passaporto rubato era la versione ufficiale che mio padre diede dei fatti alle autorità che sospettavano la complicità di mio padre col rivoluzionario russo. In realtà mio padre aveva dato il suo passaporto all’astronomo Lebedintzev per permettergli di tornare in Russia clandestinamente. (Italo Calvino, “Lettera al prof. Angelo Tamborra,” in Lettere 1940-1985).

Tanto italiano da riconoscersi straniero, Italo Calvino ha attraversato mondi, stili e città, instillando frammenti della sua storia, del suo inconscio perché: “arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.”

Si ringrazia il prof. Stefano Adami per aver messo a disposizione il materiale consultato per la stesura del presente articolo, consultabile on line all’indirizzo http://www.escholarship.org/uc/item/8qm3b0q3



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