Il Datagate è la vera spia

Che fra spie ci si spii, anche dalla stessa parte di un muro che non c’è, ma per questo c’è ancora di più, non è un segreto.

di Angelo Miotto


La portata delle rivelezioni del Guardian e del Washington Post, dello Spiegel, hanno una valenza ben diversa da quella che può assumere agli occhi di chi, innamorato della verità, si preoccupa di sottolineare a ragione la sovranità limitata dello stivale italico, e del Vecchio continente.

Nel paese delle stragi impunite, della politica estera a encefalogramma piatto, che ha fatto sussultare in rare occasioni – Sigonella – l’impulso grafico sul monitor, l’Italia del Cermis e dei do ut des per far tornare Silvia Baraldini, l’invasiva presenza nei giorni del G8 genovese, le antenne spiegate dai servizi Usa e le renditions -onore al magistrato Armando Spataro  non certo un pericoloso comunista! – e Claudio Fava, con il suo lavoro instancabile per la difesa delle garanzie e dei diritti umani. In tutto questo intricatissimo panorama, dimenticavamo l’omicidio Calipari, altro che fuoco amico.

Il dato odioso che riguarda il primo scandalo, quello del Prism con le grandi multinazionali del digitale che ci fanno firmare dichiarazioni sulla privacy e passano milioni e milioni di dati sensibili per quella che la Casa Bianca chiama la lotta al terrorismo.

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Poi il secondo corno dello spiare: ci sono delle dichiarazioni in sede europea che riportano il grado di preoccupazione reale delle istituzioni di Bruxelles rispetto alla notizia che le sedi diplomatiche e i movimenti istituzionali di alcuni Paesi, fra cui l’Italia, la Germania, la Francia,  fossero tenute in ascolto.

[blockquote align=”none”]Mentre a Roma si abbaia, ma non si capisce in nome di che ,vista la sostanziale continuità atlantica che corre da Gianni a Enrico letta, il nodo di potere dell’Aspen Institute o anche la presenza italiana di livello nella stanza dei bottoni del Bildelberg, Group, l’Europa è assai preoccupata per il Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP – che dovrebbe siglare con gli Usa, in quello che è stato letto come un superamento dell’attuale Organizzazione mondiale del commercio, ferma al palo, denunciata per quello che è, e cioè un trattato che non gode di nessuna legalità dal punto di vista di riconoscimento nella volontà delle singole sovranità popolari.[/blockquote]

Il rapporto di forza è più che mai evidente: si gioca in nome dei principi e dei valori – ma solo sulla carta -, mentre quello che interessa è la nuova frontiera della dominazione di aree di influenza: denaro, accordi, commercio, finanza. L’egemonia si è sempre giocata su quel terreno, nonostante la romantica propaganda del Bene e del Male, da una parte e dall’altra della Cortina. Sfere di influenza, dominazione, rapporti di forza fra gli assi centrali e le linee periferiche. Quel che cambia è la pubblicità, la crisi di coscienza di alcuni soggetti che da interni diventano bocca della verità, anche se i più maniacali lettori di spy stories potrebbero far aleggiare anche su queste nuove celebrità l’alea del sospetto di un gioco doppio, triplo o carpiato.

Il punto centrale della questione, in fondo, non cambia e sta nel mancato rispetto ossessivo e compulsivo da parte delle stesse autorità che si dicono pronte a creare cornici di legge e quindi di garanzie per poi infrangerle in nome della vetusta e quanto mai attuale ragion di Stato.

E allora? Il dato dirimente sta nella parola informare e nella capacità di reagire. Il conflitto, se è informato, è un momento che libera immense energie, che dà gambe a scelte e comportamenti capaci di mettere in crisi le storture dei sistemi costituiti. Non c’è niente di peggio di un potere elegante che rassicura sul democratico futuro in nome dei diritti della cittadinanza globale e avere le propve evidenti che la bugia è conclamata.
La coerenza è parola delicata e difficile.



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