Cambodia diaries

Storie di neocolonialismo. La corsa alla terra raccontata dalle strade della Cambogia

di Germana Lavagna, da Phnom Penh

Phnom Penh.
Questo è il primo giorno di un viaggio di ritorno.
Qualche mese fa alzavo polvere rossa sul sellino di una moto in mezzo alle campagne della provincia di Kratie. La macchina fotografica rimbalzava sul fianco e tradiva l’intenzione di voler raccontare una storia.
Qui il neocolonialismo, parola ri-coniata nel 2008 dal direttore della FAO per descrivere la corsa delle potenze economiche alle terre del Sud del mondo, è un’emorragia implacabile.

I primi scatti e le prime interviste nelle campagne assolate di febbraio: attivisti perseguitati, timidi nelle loro rivendicazioni, raccontavano davanti al mio obiettivo la storia di come la terra fosse stata loro sottratta. Parole interminabili, declinate con pazienza, descrivevano le dinamiche secondo le quali il Governo aveva disatteso le proprie promesse sul diritto alla proprietà.
Nei villaggi di case assiepate su esili palafitte, sparute galline e contadini inerti, appesi a giornate senza tempo.

foto di Germana Lavagna

foto di Germana Lavagna

 

Gli uomini rispondono al passare delle ore con minute attività quotidiane, dimentichi di non avere più nulla da coltivare, più nulla da mangiare. A pranzo le donne dispongono ciotole colme d’acqua e di qualche pavida verdura. Riso come sempre, ad ogni pasto. Si mangia a lungo, parlando, riempiendosi lo stomaco anche con le parole. La sera arriva in fretta poiché il pomeriggio non esiste più. Il lavoro nei campi richiedeva lo scandire delle ore in rituali stagionali, ora sostituiti da un lettore dvd attaccato ad una vecchia batteria d’automobile.

 

Il futuro non si domanda, resta sulla soglia di ogni giornata e con essa scompare al tramonto. Al mattino, il fumo di roghi vicini e lo sferragliare dei camion su strade disconnesse. Piccoli puntelli del business d’altri. Di compagnie straniere, che espandono e programmano i loro investimenti. C’è sempre più bisogno di terra, e qua ce n’è tanta e poche regole da seguire. Per le strade della Cambogia ho iniziato a raccogliere queste storie e, mano a mano che proseguivo, l’orizzonte si allargava. I personaggi, le rivendicazioni, le implicazioni politiche e la speranza di un cambiamento. Questo diario è la base di un documentario. Una struttura in movimento, che prende forma e aggiusta il tiro ad ogni rilettura, quando a casa la sera si sistemano le foto e le idee della giornata.



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