L’Italia peggiore

C’è un’infame questione da mettere subito da parte, e cioè che ci siamo abituati a subire qualsiasi stravolgimento delle regole per decisioni che avvengono in un pianeta parallelo che ha perso ogni sensibilità del reale.  Il calcolo politico, la strategia, l’arroganza del possiam-far- quel-che-vogliamo, tanto non ne rendiamo conto a nessuno.

di Angelo Miotto

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La Cassazione fissa un’udienza, il Pdl chiede il blocco del Parlamento per tre giorni.
Il Pdl ottiene il blocco dei lavori per un giorno.
Vota a favore il Pd nella capigruppo, M5S e Sel dicono no.

Il bello delle regole è che sono regole: il parlamentare è delegato dal voto ricevuto a svolgere quel servizio, di attore che legifera e amministra la cosa pubblica in nome degli elettori, come il Governo governa in nome del popolo italiano.

C’è un’infame questione da mettere subito da parte, e cioè che ci siamo abituati a subire qualsiasi stravolgimento delle regole per decisioni che avvengono in un pianeta parallelo che ha perso ogni sensibilità del reale.  Il calcolo politico, la strategia, l’arroganza del possiam-far- quel-che-vogliamo, tanto non ne rendiamo conto a nessuno.

E’ successo con i parlamentari sui gradini di un palazzo di Giustizia, compreso un vice presidente attuale di governo. Ma questa volta è peggio.
Non voglio guardare alla guerra delle dichiarazioni a uso e consumo delle agenzie di stampa e del gran parlottio che ci logora nei pastoni di politica interna.

Penso semplicemente a come sta diventando la comunità che lorsignori pensano di governare o rappresentare e che imita allo scalino darwiniano più basso elle origini questi comportamenti. L’Italia cafona, quella che si pesta a sangue per uno sgarro in un sorpasso, si accoltella fuori da una disco, che grugnisce minacce nel scendi-lo-sguardo in un far-west fortunosamente ancora senza allargamenti della portabilità di armi che ci renderebbe simili agli scenari di umanità perversa e animale dei migliori film o cartoon postatomici.

L’Italia dei furbi, evasori, raccomandati, che comunque te-l’ho-fatta, che supera sulla destra in autostrada, che si sente fiera e tronfia dell’ignoranza e considera la cultura come una cosa su cui crassamente ironizzare, e di cui vergognarsi.

Parte da lì, da partiti che si permettono di sospendere, bloccare, mentre la mia amica esodata piange ogni giorno perché è depressa, i miei ex colleghi sono in cassa integrazione, i sussidi di disoccupazione iniziano a scendere, i nipoti, i figli non trovano lavoro.

Non si cerca un paradigma virtuoso, si pretende un comportamento dignitoso che si adegua a quello che liberamente i candidati hanno chiesto: poter rappresentare la delega dei loro elettori, che a loro volta gliela hanno concessa.

Questi rapporti di forza, in cui il progresso della civiltà muore, sarebbero degni di sanzione. Ma anche quella, ahimé, riguarda solo il primo mondo, quello che vive la quotidianità oppressa e spesso, ultimamente troppo spesso, repressa via manganello.
La corda si spezza, ha detto Epifani segretario protempore Pd.
S’è rotta da un pezzo, ma fanno ancora finta di non accorgersene.



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