Peperoni: Apocalypse Now

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Sono passati almeno 10 anni dallʼuscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile[/note]

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Dovendo rinunciare alla sua aspirazione Jedi per cause di Forza maggiore, si laurea in cinematografia tra Londra e New York, con la speranza di potersi definire quanto prima una scrittrice. Già redattrice di cinema per altre testate online indipendenti, non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]

 

In questi giorni si è tornato a parlare, per lʼennesima e rivoltante volta, della questione F35. E per lʼennesima e rivoltante volta ci ritroviamo a fare i conti con qualcosa che va ben oltre la guerra e i cacciabombardieri, ovvero un cocktail letteralmente esplosivo di ipocrisia e codardia, alimento principale e sempre più sfacciato dei conflitti nel Mondo.

Non fraintendete quello che sto per dire, sono fermamente contro la guerra. Lʼarticolo 11 della costituzione italiana, come anche la Dichiarazione universale dei diritti umani sono imprescindibili. La guerra è una pratica ottusa e vergognosa. Ma credo che il conflitto sia da sempre una parte naturale e integrante dellʼessere umano in quanto animale. Per quanto orribile, non è un concetto incomprensibile. Ovvero, non ci trovo nulla di spaventoso, scandaloso o incomprensibile nellʼistinto al conflitto, proprio perché è un istinto che appartiene a tutto il regno animale, nessuna specie esclusa. Dunque, essendo la guerra una degenerazione di tale concetto, non mi risulta incomprensibile. Quello che trovo spaventoso, scandaloso e incomprensibile e che, invece, è una prerogativa prettamente ed esclusivamente umana (dunque non accettabile), è lʼipocrisia e la codardia con cui vengono ricoperti e giustificati i vari conflitti sparsi per il mondo. Quello che trovo spaventoso, scandaloso e incomprensibile è la “guerra umanitaria”, la “guerra per la pace”, “la guerra per la democrazia”. Bestemmie.

E gli F35 servono a bestemmiare.

E io, in merito a questo, non farò altro che citare Gino Strada quando, nella lettera a Cecilia, in Buskashì, scrive: “Non credere una parola, ogni volta che cercheranno di spiegare come sarà bella la guerra futura, tecnologica, selettiva, “umanitaria”. Sarà solo un altro carico di morte e di miserie”, a conclusione di un libro in cui viene spiegato un concetto molto semplice: che la guerra è un business, scusato da motivi del tutto fittizi (terrorismo, pace, liberazione etc.), mentre si massacrano civili innocenti per fare gli interessi di qualche governo straniero.

E quando assisto a tutto questo, quando sento parlare di cacciabombardieri che portano la pace e la democrazia a suon di morte, io penso a Paz! Penso a Enrico Fiabeschi allʼesame di semiotica. “Apocalipsi Nau. Regia di Francis Ford Coppola. Musica dei Dòrs”.

[sz-youtube url=”http://www.youtube.com/watch?v=kZhbfLUdfCc” /]Immagino siamo tutti abbastanza dʼaccordo che Apcalypse Now sia, cinematograficamente parlando, un capolavoro indiscutibile. Correva lʼanno 1979 e Coppola presentò una pellicola di una superiorità incontestabile, dalla regia alla fotografia, dalla sceneggiatura alla recitazione. Apocalypse Now, nonostante i suoi 202 minuti, inchioda alla poltrona e incanta. Epico, storico, assolutamente intramontabile. Eccellente. Come eccellente è la sua ipocrisia. Forse anche verso se stessi, un poʼ come Obama che orgogliosamente ha accettato il Nobel per la pace.

Quello che sto cercando di dire è che mai ci fu metafora migliore di Apcalypse Now rispetto a tutta questa storia della guerra umanitaria.

Come Coppola stesso affermò durante la presentazione della pellicola al Festival di Cannes, il suo intento era quello di dare al suo pubblico “il senso dellʼorrore, della follia, della sensualità e del dilemma morale della Guerra in Vietnam”. In altre parole, un film che denunciasse la violenza e la distruzione della guerra, mostrando anche lʼappeal che tale conflitto poteva avere per i marines che lo combattevano e le suggestioni da cui essi venivano pervasi. Fondamentalmente, un film contro la guerra. “Povero illuso”, verrebbe da esclamare.

Ora, ci si potrebbe scrivere un saggio intero su questa faccenda, quindi cercherò di sintetizzare il più possibile.

Apocalypse Now è stata una delle produzioni più imponenti della storia del cinema a livello mondiale. È costato 31.5 milioni di dollari, 2 anni di produzione, la salute fisica e mentale di vari componenti della troupe e quella della famiglia dello stesso Coppola, la cui stabilità è stata messa a repentaglio quando il regista, ormai in preda a un profondo delirio, decise di ipotecarsi casa per procedere con le riprese. Già così si può intendere che forse il primo intento della pellicola non era esattamente quello di protestare contro la guerra. Ma andiamo oltre. La regia e la fotografia, il tipo di scene, il montaggio, gli effetti speciali e la colonna sonora mirano tutte a unʼestetica di altissimo livello, a una spettacolarizzazione senza precedenti, quasi a una glorificazione dellʼatto in stile Futurista, il tutto rafforzato da un punto di vista (proprio a livello di camera da presa) prettamente americano ed estremamente statico, statico come gli spettatori davanti allo schermo, che assorbono le immagini senza re-agire. Oltretutto, questi ultimi due elementi insieme impediscono qualsiasi tipo di empatia con il lato vietnamita. Lʼesempio ultimo di tutto questo lo si può trovare nella scena detta “delle Valchirie”. In ultimo, ma non meno importante, la distruzione e lo sfruttamento della manodopera locale implicati nella produzione del film, che ha ampiamente inquinato e danneggiato le location di ripresa e sottopagato moltissimi dipendenti locali, spesso impiegati in nero e deceduti nel silenzio durante la lavorazione, ha fatto scalpore, piazzandosi come ciliegina sulla torta di tante contraddizioni presenti allʼinterno di questa pellicola.

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Eppure, nonostante tutto, Apocalypse Now è un film contro la guerra. Proprio come la guerra serve a portare la pace. E non voglio sminuire il capolavoro di Coppola, perché ha rapito anche me, né dipingere Coppola come un guerrafondaio. Penso che probabilmente anche lui, come molti, sia stato vittima di questo processo di spettacolarizzazione e giustificazione della guerra che ha paralizzato la sensibilità sociale e la capacità critica dei popoli. Ciò non toglie, però, che quando sento parlare di F35, io ci penso lo stesso a Enrico Fiabeschi.

 

Ps. Sempre in relazione a tale argomento, consiglio la visione di Lessons of Darkness (Apocalisse nel Deserto) di Werner Herzog. Per approfondire con qualche lettura in più, invece, “The Spectacle of War and the Specter of ‘The Horror’: Apocalypse Now and American Imperialism.” di Keith Salomon, Journal of Popular Film & Television, 35.1 (2007) pp. 22-31 e “Apocalypse Now: Coppola’s American Way.” di Ruby Rich, Jump Cut, 23 (1980) pp. 16-18.



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