Cambodia Diaries 3. La rivoluzione giovane

Dal 1993, l’anno in cui l’ONU presiedette le prime elezioni democratiche in Cambogia dopo l’era di Pol Pot e l’occupazione vietnamita, il potere ha sempre avuto un volto solo, quello di Hun Sen

di Germana Lavagna, da Battambang

“Qui in Cambogia non si era mai visto niente del genere” – Seng Phally ha 21 anni e studia Management all’università – mentre parliamo, lei alla guida, io in bilico su un motorino lanciato per le strade di Battambang, irrompono nei nostri discorsi i mantra politici del Cambodia National Rescue Party (CNRP), il partito dell’opposizione. Lei, con voce rauca, esausta di mille altre urla, risponde diligente alla chiamata corale. Intorno al nostro motorino ce ne sono più o meno altri diecimila. Un’orda di giovani convinti, rumorosi e ostinati sfila per le strade. Chiedono il cambiamento e, un po’ alla Obama, ne hanno fatto il loro motto. “Change or not change?” grida la voce unisona dell’esercito di motorini, “Change!” risponde la sua eco.

Dal 1993, l’anno in cui l’ONU presiedette le prime elezioni democratiche dopo Pol Pot e l’occupazione vietnamita, il potere ha sempre avuto un volto solo, quello di Hun Sen. Ex khmer rouge, è uno dei più longevi primi ministri in carica al mondo.
Sokhna Vor, 21 anni, il volto coperto di adesivi del CNRP, è iscritto a Studi Internazionali negli Stati Uniti. È tornato per votare. Sa di essere parte di qualcosa di nuovo ed eccezionale nella storia di questo Paese, sa che in questi ultimi trent’anni di pace e relativa stabilità, la politica, i diritti e la legge sono stati dogmi ad uso e consumo della élite al potere. Dettami trascendenti ed imperscrutabili ai quali offrire devozione ed il proprio voto ogni 4 anni.
L’uomo che ha portato in superficie la forza sommersa che mi circonda, instillando nei giovani e nelle classi più povere una nuova consapevolezza politica e la necessità di un cambiamento, si chiama Sam Rainsy ed è il leader del Cambodia National Rescue Party. Sessantaquattro anni, ex ministro dell’Economia e una lunga esperienza politica alle spalle, ha fondato il Sam Rainsy Party nel 1998, abbandonando le fila del Governo e puntando a creare una realtà politica stabile abbastanza da contrastare il sistema ubiquo ed onnipotente del partito di Hun Sen. Ha potuto fare ritorno in patria una decina di giorni fa, ottenuto il perdono reale all’ultimo momento, dopo essere stato per quasi quattro anni in auto esilio in Francia. [blockquote align=”none”]
Qui, chi non piace al primo ministro deve fare i conti con la corruzione delle autorità e affrontare una persecuzione mediatica e giudiziaria sapientemente disegnata per eliminare il dissenso.[/blockquote]

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foto di Davide Grotta

A Battambang, però, come a Siem Reap e nella capitale, le cose stanno cambiando. Sono migliaia le persone che si riversano per le strade, trascinati dall’entusiasmo degli studenti. Oggi, il giorno del voto, saranno più di tre milioni e mezzo gli under 30 che potranno recarsi alle urne.  [blockquote align=”none”] In un Stato dove la censura è una prassi talmente organizzata da sembrare naturale, il fatto che i ragazzi tornino a casa e parlino di politica in famiglia ha il sapore di una vittoria ideale. [/blockquote]

 

Sulla carta è pur sempre il Partito Popolare di Hun Sen ad avere la vittoria in mano, se non altro perché il suo apparato burocratico è in grado di comprare letteralmente decine di migliaia di voti. La resistenza elastica che si contrappone alla rivoluzione dei giovani del CNRP ha le sue radici nella povertà di questa nazione, la cui popolazione è quasi totalmente agricola e pronta a consegnare la propria carta d’identità per una manciata di riel e qualche promessa.
Lim Kimsor, 24 anni, è incaricata dell’organizzazione delle parate a Battambang. Mi racconta la sua storia mentre pubblica su Facebook le ultime notizie sulla campagna elettorale. Da Phnom Penh, dove vive, è venuta fino a qui con i suoi soldi, raccontando ai genitori che stava partendo per fare volontariato con una ONG locale. Suo padre, medico, non vuole sentir ragioni. In casa non si parla di politica, tanto meno di opposizione. Kimsor non ha paura delle conseguenze della sua scelta e quando le chiedo perché ha deciso di contrariare suo padre ed imbarcarsi in questa impresa, mi risponde che ogni cittadino dovrebbe occuparsi di politica, chiedendosi come mai in trent’anni lo sviluppo economico è stato così lento e, in ogni caso, a favore di pochi.
La corruzione del Governo ha progressivamente lavorato a favore dell’ascesa di Sam Rainsy, che nel 2012 ha unito le forze con Kem Sokha, segretario del terzo partito del Paese. Insieme arrivano a 29 seggi sui 123 del parlamento cambogiano.
Le scellerate politiche di concessione dei terreni a compagnie straniere, prevalentemente cinesi, coreane e vietnamite, hanno lentamente logorato il potere di Hun Sen e della sua corte, sollevando sempre più malcontento nelle campagne, dove negli ultimi 10 anni, più di 400 mila contadini sono stati costretti a lasciare la propria terra.
La Cambogia è chiamata ad un appuntamento importante, il punto d’inizio per aspirare ad un posto di rilievo negli equilibri politici ed economici del Sud-est asiatico o l’ennesimo giro di giostra per chi qui la fa da padrone.



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