Messina, 1908: il terremoto esce dal cassetto

Storia della famiglia Filoramo

testo raccolto da Giulia Bondi

Una fotografia senza data, scattata in uno studio di Catania. Due fratellini, Angelo e Antonia, con gli abiti della domenica e lo  sguardo serio.

Da Catania, Giampiero Filoramo ha risposto all’invito a raccontare del progetto “Tremare, rifare” e ha tirato fuori dal cassetto la storia di suo nonno, sopravvissuto al terremoto di Messina del 1908. Le cicatrici e la ricostruzione, che passa anche dalla ricerca delle proprie radici.

Sono passati 105 anni dal terremoto dello Stretto di Messina, un evento che fa parte della storia della mia famiglia, una grande tragedia che è la somma di tante, tantissime, piccole tragedie. Quella del mio nonno paterno, che perse la sua famiglia: padre, madre e un fratellino più piccolo, nel terremoto sullo Stretto è una di queste. Si salvarono solo lui, che all’epoca aveva 5 anni, sua sorella di 4 e sua nonna, rifugiandosi sotto un letto (uno di quegli antichi lettoni in legno di noce) e venendo poi estratti dalle macerie della casa crollata. Abitavano sulla zona collinare messinese e questo li salvò dal successivo maremoto che spazzò via tre quarti della città.

 giampiero1.jpg

In seguito sua sorella fu adottata, mentre lui passò 10 anni in orfanotrofio, finché, quindicenne, si imbarcò come marinaio, o mozzo per meglio dire, su di una nave mercantile. Girò il mediterraneo in lungo ed in largo prima di ritornare, dopo quasi un decennio, nella sua isola.

Era un siciliano poco tipico, capelli biondi, occhi di un pallido azzurro, un volto simpatico e quella sorta di aria stravagante del ventenne che aveva viaggiato tanto, a quei tempi rara. Sulle navi aveva imparato il mestiere dell’elettricista e, girando per lavoro, arrivò un giorno a Linguaglossa, cittadina ai piedi dell’Etna, e lì conobbe mia nonna. Nessuno si sarebbe aspettato che lei, uno dei “migliori partiti” della zona, avrebbe sposato uno spiantato, il che mi porta a dedurre che doveva possedere un certo fascino e che fu certamente un matrimonio d’amore.

giampiero2

Ma nonostante gli anni trascorsi, quasi venti, da quando aveva visto l’ultima volta sua sorella, non riusciva a dimenticare quel pezzo della sua famiglia che ancora esisteva da qualche parte. Unico legame con la sua vita passata, cancellata e sepolta dalla tragedia. Si mise quindi alla ricerca, cosa niente affatto semplice all’epoca, andando più volte a Messina a cercare registri dispersi, finché la sua ostinazione non fu premiata. Il nome di una famiglia, quello di un paese, Niscemi, e un ultimo viaggio prima di un abbraccio sognato da venti anni.

Quelle poche volte che me ne parlò gli si bagnavano gli occhi ed io non riuscivo mai a fare domande, anche se avrei voluto.

Sul finire degli anni ’70 persino nei paesi dell’entroterra come Niscemi il movimento era cresciuto e io, che mi dilettavo a passare dischi in radio (le prime radio libere), fui invitato lì dai compagni di Lotta Continua che avevano allestito una piccola emittente locale. Mio nonno, saputo del mio prossimo viaggio, mi raccomandò di andare dai suoi parenti per portargli i suoi saluti, sua sorella era già morta da parecchi anni, ma si capiva che ci teneva. Fu così che un giorno, durante la mia permanenza a Niscemi, andai a quell’indirizzo così ricercato.

Vi trovai un uomo anziano, seduto sulle scale davanti all’ingresso. Ricordo vagamente un volto tipico contadino, solcato dalle fatiche della vita, a cui provai a spiegare chi fossi e riportai l’ambasciata. Non fui del tutto sicuro del buon esito, ma bastò a farmi sentire la coscienza a posto e poter riferire di aver compiuto la missione.

Mio nonno se n’è andato da poco più di venti anni, pochi giorni fa ho trovato, quasi per caso, il nome della famiglia di questa prozia ed una foto di loro due, scattata poco tempo prima del terremoto. Una foto di due bambini adulti, dal volto serio, sui quali sembra quasi di sentir incombere l’atmosfera di un’imminente tragedia. Un’immagine che racconta meglio di qualsiasi scritto la necessaria e caparbia ricerca di mio nonno. Ho deciso perciò di provare a rintracciare qualcuno di questi lontani parenti, sarei curioso di sapere se c’è ancora chi conosce, o ricorda anche vagamente, questa vicenda di catastrofi, famiglie distrutte e fratelli dispersi. E magari cercare un’altra parte di questa, nient’altro che piccola, tragica ma meravigliosa, storia.

Giampiero Filoramo – 19 luglio 2013

Giampiero ci ha regalato la storia di suo nonno rispondendo al post di qualche tempo fa: “Tremare, rifare“.

Altre storie sono arrivate e sbarcheranno anche su queste pagine.

Le vostre, mandatele.



Lascia un commento