Bruxelles Portrait – Bruxellizzazion

Bruxelles, la più latina tra le capitali del Nord Europa. Almeno, così si dice. Indubbiamente, Bruxelles è una città paradossale, caratterizzata da ossimori e, per questo, affascinante. Bruxelles non la si ama all’improvviso. Piuttosto la si impara ad amare col tempo, con la pazienza. E’ un luogo che richiede approfondimento e che insegna che non è mai giusto fermarsi all’apparenza. In un certo senso, insegna a non essere superficiali. Ed è cosi che si instaurano i rapporti più sinceri e duraturi, d’altronde. Se il sole non splende, perchè la Natura qui non è particolarmente generosa, e le nuvole si rincorrono, cambiando forma e colori in un cielo plumbeo, la bellezza e i colori vanno necessariamente inventati e ricercati in altro. Ecco come si spiega forse il genio di Magritte che a Bruxelles ha coltivato la sua arte ed ecco perchè, malgrado nebbia e grigiore, Bruxelles è una delle città più colorate al Nord Europa. I colori della sua gente, delle sue diversità, delle iniziative culturali e dei suoi angoli nascosti abbagliano. Scopritela, gustatevela nelle sue particolarità ed anche, perchè no, nei suoi aspetti più controversi. Fate la conoscenza delle persone che la animano. Fate questo viaggio con noi. Anna e Javier

di Anna Maria Volpe, da Bruxelles. 
foto di Javier Aparicio Rubio. 

La Bruxellizzazione: quando l’incoerenza urbanistica diventa uno stile

La prima cosa che balza all’occhio passeggiando per Bruxelles è l’archituttera fortemente disomogena che la caratterizza. Antichi edifici in stile liberty si fanno spazio timidamente tra imponenti palazzoni che ci riportano alla grandi metropoli nord americane. La capitale belga è indubbiamente una città stilisticamente varia. Si gira un angolo della strada e cambia in un attimo l’atmosfera. Bruxellisation è il termine che designa tale fenomeno. Per capire meglio di cosa si tratta ne abbiamo discusso con Isabelle Pauthier, direttrice di ARAU, un’associazione bruxellese che si batte per la promozione del territorio e la difesa del tessuto urbano.

Come possiamo definire il fenomeno della Bruxellisation?

Il termine è stato inventato dai professionisti, quali architetti e urbanisti, per giustificare la distruzione di una città, attraverso i finanziamenti alla crescita edilizia e allo sviluppo immobiliare. In seguito all’Esposizione universale del 1958 e della modernizzazione, in particolare della rete ferroviaria, interi quartieri (come quello della stazione del Nord e il quartiere europeo) sono stati demoliti per fare spazio ad edifici di nuova costruzione.

Tale fenomeno si iscrive nel quadro del funzionalismo: la ricostruzione di intere aree a misura di ufficio. Privati dei piccoli negozi e delle abitazioni, questi quartieri hanno tutti gli stessi orari e la stessa modalità di funzionamento. Ad esempio, la rue Neuve (principale via commerciale della città, frequentata da 52.000 pedoni a settimana, ndr) è quasi disabitata.

In che modo la Bruxellisation ha cambiato la fisionomia della città?

I quartieri misti, che un tempo ospitavano sia abitazioni, che imprese sono spariti. Il piano Manhattan, realizzato in parte nel 1965 nel quartiere Nord, ha provocato l’espulsione di 10.000 abitanti e di 4.000 piccole medie impresi. Al loro posto si trovano oggi gli uffici occupati dalle Istituzioni pubbliche federali, regionali e comunitarie (comunità francese, fiamminga e tedesca, ndr). Molti degli impiegati che vi lavorano non vivono a Bruxelles e pagano le loro tasse nelle regioni di residenza, senza contribuire dunque al finanziamento pubblico della città.

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Bruxelles può essere considerata un caso di scuola?
Si, perchè la speculazione edilizia, esplosa dopo la seconda guerra mondiale, affonda le sue radici in un contesto particolare. Il Belgio, essendo un piccolo paese a forte tradizione liberale, subisce maggiormente le influenze straniere, in particolare americane. Manca qui la capacità di resistenza legata al rispetto della tradizione locale. Qui non ci sono vecchie mura da venerare o da rispettare. Tutto è merce. Manca, inoltre, il concetto di interesse superiore che in altri Paesi è presente. La corrente liberale spinge al riconoscimento al di sopra ogni altra cosa della libertà d’impresa e della supremazia del diritto di proprietà. Il proprietario può lasciare il suo patrimonio immobiliare vuoto e improduttivo (tra 15.000 e 30.000 edifici sono vuoti), senza dover rispondere delle proprie azioni ad alcuna autorità.

Ci sono degli aspetti positivi o è tutto da cestinare?

Francamente, non vedo degli aspetti positivi, a parte il bilancio dei costruttori. Ritengo che non ci sia dell’architettura contemporanea di qualità a Bruxelles, escluso tutto ciò che riguarda i piccoli progetti realizzati dai privati o dai comuni nel quadro delle politiche di rivitalizzazione urbana. Tuttavia, globalmente, sono i costruttori che gestiscono il mercato e che la fanno da padrone.

Il Belgio, se ho ben capito, non ha quindi saputo favorire, nel corso del tempo, il riconoscimento unanime del suo patrimonio storico…

Credo che sia il patrimonio urbano che caratterizza le città del Nord Europa, come Bruges o Gand, con i canali, le cattedrali e le facciate che sembrano merletti, a caratterizzare il patrimonio belga. Ma anche l’art déco e lo stile liberty che ancora oggi trionfano in alcuni quartieri come Saint Gilles. La Bruxellisation si spiega anche come una mancanza di cultura: il tessuto urbano della città è stato considerato come privo di interesse e inadatto alla vita moderna quando invece, anche in termini qualitativi, questi edifici sono estremamente ben costruiti e pratici.

Inoltre, il Belgio è un paese profondamente diviso a causa delle fratture insite nella socità (fiamminghi-francofoni, cattolici-laici, destra-sinistra, unionisti-separatisti). Pur esistendo una cultura specifica, come lo si vede nel cinema o nella letterattura, si tratta di un Paese che fatica a riconoscere un’identità comune.
A partire dagli anni settanta, un movimento piuttosto “culturalista”, che tende a riscoprire periodi quali l’Art Nouveau o l’Art déco, si è affermato. Ma c’è ancora tanta strada da fare poiché questa idea della proprietà incondizionata è profondamente ancorata nella Costituzione e nella mentalità dei belgi.

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Quali sono le ragioni che stanno favorendo un’inversione di rotta rispetto alla cotruzione selvaggia?

Senza voler peccare di immodestia, ritengo che il ruolo svolto dalle associazioni per la protezione del territorio, abbia contribuito notevolmente a sensibilizzare l’opinione pubblica L’ARAU organizza delle visite guidate da più di 30 anni, alla scoperta della città. Purtroppo, la legislazione in materia di protezione rimane molto debole. Il patrimonio neoclassico del XVIII secolo, ad esempio, che appartiene all’identità di Bruxelles, non è sufficientemente protetto e numerose richieste di demolizione hanno ricevuto un avviso favorevole delle pubbliche istituzioni.



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