No Tav, esercito, violenza, propaganda

Arrivano i nostri e i mostri. I mostri: la grande talpa che scaverà in Val di Susa per questa inutile, costosa e dannosa TAV, segno della testardaggine di chi vive in un mondo staccato dalla realtà, tranne che per gli affari, appalti, indotto, sistema di potere.

di Angelo Miotto

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Arrivano i nostri: lo dice Angelino Alfano, protagonista del governo a due teste, altro mostro, che annuncia preoccupato l’invio di altre 200 unità (che linguaggio orribile) in Val Susa e un nuovo Prefetto a Torino, che è poi la vice capo della polizia, Paola Basilone.

«Dopo un’approfondita analisi delle manifestazioni di protesta e dei recenti episodi di danneggiamento a carico di alcune imprese, legati alla realizzazione della Tav Torino-Lione – si legge in una nota del Viminale -, il Comitato, nell’evidenziare la necessità di tenere alto il livello di attenzione e vigilanza, ha deliberato, attraverso una rimodulazione del Piano di impiego dei militari nel controllo degli obiettivi a rischio, l’invio di ulteriori 200 unità per le esigenze di sicurezza del cantiere TAV in Val di Susa».

L’Espresso domani in edicola, ma anticipato oggi, scrive di avere un’esclusiva. Il titolo del servizio, a mano di autorevolissime firme, è “No Tav: gli infiltrati del caos”. Il sommario del lancio recita: “Un centinaio di insurrezionalisti a cui non interessa nulla della protesta ambientale si sono trasferiti in Val Susa per farne un laboratorio di guerriglia e azioni eversive. Da esportare poi nelle città. La procura di Torino indaga”. Le fonti sono, a oggi e a quel che si può leggere, soprattutto giudiziarie ma l’Espresso scrive anche che è andato a vedere cosa c’è dietro alle ‘nuove brigate No Tav’.

[blockquote align=”none”]I segnali per essere inquieti, non solo per una parte più violenta ben presente nella compagine della protesta (ne abbiamo scritto qui) ci sono tutti. Ma più che le ‘brigate’ destano forti preoccupazioni i segnali che vengono da chi usa il codice penale e i giornali. Arrestare in base ad ‘attentato per finalità terroristiche e di eversione’, o montare campagne di stampa – vedi Corriere della Sera – contro Erri De Luca perché ha sostenuto un’idea, dichiarandola con lucidità e raziocinio, solo perché si deve sempre e perennemente respirare l’aria dei cattivi maestri, sono i segni chiari di una china intrapresa che difficilmente farà marcia indietro. E che non può che portare a notizie nefaste, perché le divise, quando entra la parola ‘terrorismo’ si sentono ancora più libere di quanto sono state negli ultimi anni. E lo sono state in abbondanza.[/blockquote]

Che ci siano gruppi anarchici insurrezionalisti o autonomi è il segreto di Pulcinella. Che la Val Susa sia diventata qualcosa che va oltre la rivendicazione ambientalista e di terra, di decisione e cittadinanza è cosa ormai risaputa. Che l’internazionalismo di giovani che prediligono neri vestiti si alterni fra i diversi Paesi su viaggi Low cost, con appuntamenti che circolano in rete e che uniscono la Francia all’Italia, alla Germania, alla Grecia, è altrettanto risaputo. Non c’è timore di passare per fiancheggiatori di alcunché se si cerca di ragionare su quello che accade, mentre troppo spesso il giornalismo mainstream si getta nel giudizio che parte da un assunto non condivisibile: se c’è violenza non c’è ragionamento che tenga.

È, semmai, esattamente il contrario. Dove nasce il conflitto è necessario andare alle radici dello stesso per capire cosa stia accadendo. Potremo leggere anche mille informative questurine e della Digos, andare a scavare nei cassetti dei procuratori, rispolverare in maniera automatica i peggiori titoli degli anni Settanta, che oggi non sono un paragone accettabile, ma non avremo contribuito a capire. E se non si capisce non ci si fa un’opinione. Non è un processo alle inchieste giornalistiche, sempre benvenute, ma al lessico sì.

[blockquote align=”none”]Leggete e valutate ogni singola parola, cercate di capire cosa vi sia di funzionale, soprattutto nel Palazzo, nella costruzione di un nuovo nemico, violento, pecora nera e infiltrato, che viene ancora considerato marginale mentre le pratiche che esprime, che sono spesso violente e di scontro con le divise e il potere, sono già una realtà in espansione. Siamo pronti ad assistere all’escalation: la procura di Torino teme quella di violenza che si propagherà alle città partendo dalla palestra valsusina. Ma ci sarà anche l’escalation delle parole, delle dichiarazioni politiche, delle sopracciglia alzate e del tono grave di chi non ha fatto nulla per evitare che tutto ciò accadesse. Infine, la scelta dell’esercito, che non ha bisogno di parole o di commenti. L’immagine parla da sé.[/blockquote]

In tutto ciò, nel ricostruire, leggeremo con curiosità, le trame delle ‘brigate’ rimane sempre fuori il punto di partenza delle cose. Si rischia di dimenticare che vi sono ottimi motivi di salute per gli abitanti, di valutazione economica, ormai decisamente svantaggiose, e di modalità di approccio politico, nullo o di imposizione, che hanno fatto nascere il problema dei No Tav. Problema e risorsa. Perché il concetto che ribellarsi è giusto non è mai stato visto di buon occhio da chi cerca di ridurre la realtà secondo logiche che fanno comodo perché evitano la complessità del vivere collettivo, che non è fatto solo di cravatte, cavilli e strategie congressuali, ma soprattutto di vita che si srotola ogni secondo, anche in questi in cui state leggendo. Ecco perché siamo di fronte a un annuncio infausto, che grida sventura. Perché, brigate o no, si cerca di far passare un messaggio funzionale a chi non ha avuto la coerenza politica di ascoltare e saper decidere autonomamente, mentre si chiede agli altri, a quelli che si ribellano, di rinunciare alla propria di coerenza in nome del ‘pericolo terrorismo’.

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