Nairobi sotto attacco. Chi punta sul terrorismo?

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

La strage di Nairobi era, in qualche modo attesa. Il Kenya non è nuovo al terrorismo, basta ricordare l’attacco del 1998 da parte di Al Qaeda all’ambasciata americana, contemporaneo ad un analogo attacco in Tanzania.

Del resto poi i miliziani di Al Shebab lo avevano promesso: tutti i responsabili della loro sconfitta in Somalia avrebbero pagato. La guerra andava considerata tutt’altro che finita, sarebbe continuata, ad un livello diverso, in tutti i paesi che avevano contribuito alla loro sconfitta.

2013-09-21T145336Z_01_NAI122_RTRIDSP_3_KENYA-ATTACK

In effetti, paradossalmente senza il riscontro mediatico che quella guerra avrebbe meritato, la coalizione che era stata messa in campo per sconfiggere i miliziani Al Shebab in Somalia era immensa: quasi diciotto mila uomini composti da truppe dell’Etiopia, dell’esercito regolare somalo, dei caschi blu dell’Unione Africana e, naturalmente, del Kenya che, oltre alle truppe a terra, aveva messo a disposizione l’aeronautica che aveva spazzato a ripetizione il sud della Somalia, e la marina che aveva piazzato diverse navi da guerra al largo di Kisimaio e aveva martellato la cittadina che è il principale porto del sud del paese.

Su quella frontiera che divide Somalia e Kenya c’erano stati aspri combattimenti e le truppe kenyane non erano andate per il sottile. Avevano chiesto, e ottenuto, anche l’uso dei droni americani sebbene la notizia non sia mai stata confermate. Ora che gli Shebab abbiano fatto quello che hanno fatto a Nairobi è comprensibile e, addirittura, era prevedibile. Come pure è prevedibile che gli Shebab non si fermeranno. L’Etiopia, ai loro occhi, è responsabile della loro sconfitta almeno quanto il kenya.

Dunque ciò che accade non coglie del tutto impreparati. Anzi, dovrebbe indurre ad essere preparati per il futuro. Non solo a prevenire attacchi di questo genere ma soprattutto ad immaginarsi l’Africa Orientale alle prese con un terrorismo di matrice jihadista diffuso un po’ in tutta l’area, dall’Etiopia alla Tanzania.

L’area è strategica perchè in tutti i paesi africani che si affacciano sull’Oceano Indiano sono stati scoperti ricchi giacimenti di greggio o di gas naturale, talmente ricchi che oscureranno quelli della costa Atlantica (Angola, Congo, Gabon, Nigeria).

Ecco l’Africa del futuro che potrebbe essere riassunta in tre parole: terrorismo e risorse energetiche. Il primo, come accade in molti casi, servirà a definire equilibri e individuare destinatari delle risorse.

Per ipotizzare il futuro volto dell’Africa Orientale e il nuovo assetto geo-politico dell’area bisognerebbe capire chi, già adesso, investe sul terrorismo tenendo conto del fatto che l’impresa di Nairobi necessitava di risorse, di logistica, di armi, di combattenti, di addestramento e di preparazione. Tutte cose che non si creano solo col desiderio di vendetta.



Lascia un commento