Democrazia d’Egitto

Un tribunale del Cairo mette fuorilegge i Fratelli Musulmani, come nel 1981, aprendo un periodo sempre meno trasparente per la gestione del potere nel Paese

di Christian Elia

Nel 1981 l’accusa era di aver assassinato il presidente Anwer Sadat, mentre nel 2013 è quella di ‘’essersi nascosta dietro la tolleranza dell’Islam per attività che invece all’Islam sono contrarie”, come recita la motivazione della sentenza del 23 settembre scorso che mette al bando la Fratellanza musulmana.

Le accuse, oggi come nel 1981, sono pretestuose. L’omicidio di Sadat venne deciso e realizzato in ambienti ben più estremisti di quelli della Fratellanza, mentre oggi accusare un partito islamista e confessionale di ‘usare’ la religione a fini politici è come accusare il sole di sorgere ogni mattina. E’ la loro natura, mai celata dietro alcunché, e una massa maggioritaria di egiziani li ha votati liberamente sapendo quel che faceva.

La giunta militare guidata dal generale al-Sisi stringe il cappio attorno alla gola della Fratellanza. Sarebbero non meno di 2mila i militanti dei Fratelli musulmani arrestati dall’estate, migliaia le vittime delle violenze, i dirigenti della Fratellanza braccati e arrestati nei loro nascondigli.

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La sentenza del 23 settembre scorso, però, è solo la certificazione ‘legale’ di un processo politico che è iniziato con il golpe militare di qualche mese fa. Come contro Mubarak nel 2011 si erano saldate parti molto differenti della società civile egiziana, oggi contro i Fratelli si saldano gli interessi (anche e soprattutto economici) dei militari, dei cristiani e dei laici. Proprio questi ultimi, con l’organizzazione Tamarrod, sono stati i promotori dell’azione legale che chiedeva la messa al bando dei Fratelli musulmani.

Un’idea che ricorda molto il lancio di un boomerang. Una formazione laica e progressista, non può e non deve pensare di eliminare l’anima islamista della società egiziana, prestandosi a far da sponda alla farsa giudiziaria dei militari, ma deve lavorare nella società. Non restando, poi, stupita se un domani si ritroverà messa al bando dai militari.

Cosa accadrà adesso? La parte pratica prevede la confisca dei beni e delle sedi della Fratellanza e di tutte le associazioni a loro collegate. Colpo tattico, questo, perché messi al bando dai militari nel 1981, i Fratelli proprio grazie alla rete dell’associazionismo islamico hanno costruito il loro consenso, unica forma di welfare sociale presente nel Paese. Hanno voluto togliergli lo strumento di azione che garantivano le associazioni islamiche, ma non basterà a cancellare i Fratelli dall’Egitto.

Questo, in fondo, lo sanno anche i militari. Che per bocca di Amr Moussa garantiscono nuova costituzione ed elezioni entro febbraio 2014. L’idea è ricreare la situazione pre-rivoluzione del 2011: la Fratellanza tollerata, ma esclusa ufficialmente dal potere. Riuscirà questo piano? Difficile da dire. Nel 1981 c’era una distanza culturale enorme tra l’organizzazione e le istituzioni. Dopo il 2011 non è immaginabile che la Fratellanza accetti in silenzio di tornare nella clandestinità.

Il rischio, come in ogni repressione, è che si rafforzino gli estremismi. Le fila dei salafiti andranno monitorate, perché la loro retorica dello scontro aperto potrebbe venire agevolata dal fallimento subito dalla strategia parlamentarista dei Fratelli. Esattamente quello che, rispetto agli estremisti, capitò nel 1981. Uccisero Sadat, mentre gli egiziani dovettero subire la dittatura di Mubarak per trent’anni, con le leggi di emergenza. Buona fortuna, Egitto.



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