Bling Ring

BLING RING
di Sofia Coppola, con Emma Watson, Taissa Farmiga, Katie Chang, Georgia Rock , Israel Broussard.

Tratto da un fatto realmente accaduto.
Uscita: 26 settembre.

di Irene Merli

In una Los Angeles ossessionata dalle celebrità, ma anche dalle “socialites” e dai loro costosissimi look di marchi planetari, un gruppetto di sedicenni inizia a commettere una folle sequenza di crimini nelle ville sulle colline di Hollywood. Irresistibilmente attratti dal glamour che trasuda da attori, attrici, modelle e miliardarie varie, quattro fanciulle e un ragazzo tutti dello stesso liceo individuano sul web le abitazioni di Paris Hilton, Lindsay Lohan, Orlando Bloom, Megan Fox etc.

E quando scoprono su siti e stampa specializzata che le suddette star sono fuori città per party e première, si insinuano con grande facilità nelle loro case rubando abiti, scarpe, borse, bijoux, orologi che poi indosseranno per poter entrare nei migliori locali di L. A., bere drink e fotografarsi con gli smartphone a pochi passi dalle vittime dei loro furti di status symbol.

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Nicki, Sam, Rebecca ed Emily, quando passeggiano per le vie “giuste” della Città degli Angeli, indossano abiti aderentissimi, immancabilmente corti, occhialoni da sole, borse d’alta gamma e scarpe dal tacco vertiginoso, che conferiscono a queste esili ragazzine un’andatura rollante e sexy, da adulte di successo.

Al primo sguardo potrebbero sembrare la versione molto più giovane delle quattro inseparabili amiche di Sex and the city, ma a parte il fatto che nel gruppo c’è anche un maschio ossessionato come loro dal glamour, le ragazze di Bling Ring non parlano di storie sentimentali, sesso,amicizia e lavoro. discutono solo di abiti Chanel e Versace, di occhiali di Tom Ford, di scarpe Loboutin (per la cronaca, con un prezzo che va da 400 a 2000 euro).

O al massimo di cosa quello che fanno o mettono Paris Hilton e Lindsay Lohan. E come se fossero vittime di una coazione a ripetere, continuano le loro criminose incursioni notturne. In quelle ville stranamente è facile entrare, e una volta dentro è ancora più facile prendere tutto quello che si vuole e fuggire via senza conseguenze.

O almeno, così sembra ai ragazzi, che si sentono impunibili finché, dopo molti mesi, i detective non li individuano e li arrestano. A quel punto, la gang di ladri di beni di lusso ha già accumulato una refurtiva del valore di più di 3 milioni di dollari, non certo bruscolini. E anche quando finiscono in carcere, i cinque appaiono più felici di avere conquistato la fama che spaventati dal trovarsi dietro le sbarre. Non senza ragione, del resto. Mark, piuttosto impopolare all’inizio della vicenda, scopre di avere una fan page e riceve di colpo 800 richieste d’amicizia su Facebook, che accetta tutte in blocco senza neppure guardarle. Nicki e’ contattata dall’ ambitissima Vanity Fair e si disputa l’intervista con la madre…

Insomma, arrivata al suo quinto lungometraggio Sofia Coppola conferma la sua forte attenzione per il mondo dell’adolescenza e ci consegna un film che non giudica né condanna o mostra empatia, ma vuole essere un monito di quali danni può causare la non – cultura dominante su giovani che non hanno ricevuto forti valori dalle famiglie. Il suo sguardo di regista si ” limita” a descrivere con senso di impotenza un ritratto sociale di agghiacciante amoralità, il vuoto pneumatico delle coscienze, l’avere che ha totalmente ingoiato l’essere. Questi ragazzini, realmente vissuti a Los Angeles, pur di apparire si omologano al mondo degli adulti senza dimostrare un briciolo di ribellione. Compatti e uniti dalla logica del gruppo che salda gli adolescenti di ogni generazione a ogni latitudine.

E il film che racconta la loro vicenda, girato benissimo, è dominato da un ritmo incalzante, dettato dai rap della colonna sonora e dalla velocità vertiginosa dei fatti. I ragazzi vivono alla svelta, specie questi che pensano poco e desiderano molto. Alla fine della visione però un brivido lungo la schiena viene: noi ” grandi” restiamo scioccati da un mondo così e lo sentiamo distante, ne restiamo immuni.  Ma i sedicenni la penseranno allo stesso modo? Bling Ring non può invece suscitare desideri d’imitazione in chi, anche nelle nostre geografie, non ha anticorpi familiari forti?



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