Le grandi navi e l’onda del turismo a Venezia

Sabato 29 settembre, vado alla Giudecca, e sul canale che separa le Zattere dalla stessa, incontro l’enorme MSC Divina guidata e trainata da due rimorchiatori che cercano di tenerla in linea. Sono le 16.50 circa, poi alle 17.11 incrocia la Azamar – Club Cruises un po’ più piccola ma sempre grande troppo, infine alle 17.40 passa Oriana P&O Cruises, tre in poco meno di un’ora.

Da Venezia Bruno Giorgini, foto Ellis Boscarol

 

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6 ottobre 2013 – Intanto divento di cattivo umore, sono sempre più brutte queste grandi navi, e basta osservare le difficoltà di manovra alla fine del canale, quando sfocia di fronte a S. Marco, per comprendere che il problema non è soltanto l’offesa, lo sfregio, che portano alla bellezza, ma anche l’insostenibilità del loro tonnellaggio rispetto al bacino d’acqua in cui galleggiano e si muovono, per non dire dei fumi che emanano a sporcare il cielo. D’altra parte c’era da aspettarselo: il ministro Orlando dopo le parole ha fatto seguire il niente, il decreto governativo che vieta il transito di navi oltre le 40.000 tonnellate rimanendo lettera morta una volta di più, mentre la lobby “grandi navi sì” si mobilita, dopo lo scacco subito il 21 settembre coi giovani in acqua a fare gli scudi umani proteggendo la laguna dall’invasione dei bastimenti da crociera, mobilitata.  In testa confindustria, manco a dirlo, e al fianco orgogliosa la CGIL, coi portuali in strada che se la prendono tra l’altro col sindaco Orsoni, reo di avere tmidamente ventilato la possibilità di tasferire le navi più grosse, offensive e inquinanti, allo scalo di Marghera. Apriti cielo, quasi avesse detto di spostare S. Marco a Bari, o lo scalo a New York, quando Marghera è a due passi in laguna, ormai deserto postindustriale a cui non farebbe male una qualche animazione non funebre, come sono i rimasugli del suo passato produttivo. Nella manifestazione spiccava un grande cartello con su scritto in rosso: il porto porta soldi.  Già, i soldi, l’ossessione dei poveri che hanno rinunciato a ribellarsi.

[blockquote align=”none”]Mala tempora currunt quando i lavoratori, persa ogni autonoma coscienza di classe, diventano pura e semplice forza lavoro cioè merce, senza libera volontà e ragione che non sia quella di piegare la schiena, implorando di essere comprati, e il sindacato, CGIL in testa, non solo si adegua ma promuove questa deriva che, prima di tutto, scancella la dignità delle persone che lavorano. Facevano sul serio pena a sgolarsi assieme ai piccoli padroncini delle più varie corporazioni e ai più influenti albergatori e commercianti, da cui essi, gli scaricatori, raccolgono al più le briciole. Si parla di un indotto dovuto al passaggio delle grandi navi da crociera che ammonterebbe a circa cinquemila addetti, cinquemila posti di lavoro insomma, che, se lo scalo dovesse cambiare, andrebbero persi, o messi a rischio, in realtà è il ricatto di sempre fatto da chi vuole continuare a essere il padrone del vapore per esercitare in totale arbitrio lo sfruttamento di uomini e cose. [/blockquote]
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Comunque sembra così crearsi una contrapposizione tra chi vuole perservare la bellezza di Venezia e chi vuole preservare le attività che “portano soldi”, e in subordine, posti di lavoro, poco importa se siano lesive del paesaggio lagunare, se non addirittura distruttive. D’altra parte, rumoreggia la lobby “sì grandi navi”, che vuoi che sia qualche bastimento che passa per i canale della Giudecca di fronte ai 25 milioni di turisti l’anno. E infatti Orsoni risponde che anche lì bisognerà mettere un freno, magari introducendo il numero chiuso, il biglietto d’ingresso e quant’altro. Ora se il discrimine è tra chi vuole le grandi navi – e chi propugna Venezia come museo a cielo aperto, siamo di fronte a una scelta tra la padella e la brace, e i portuali affonderanno insieme ai critici d’arte e ai conservatori di musei. Ma si potrebbe anche pensare Venezia un po’ in grande, come metropoli capitale mondiale della bellezza, e maestra nell’intelligenza del rapporto tra esseri umani e natura, in particolare con la dinamica delle acque. Basta leggere il rapporto del GIEC (Gruppo di Esperti Internazionali sull’Evoluzione del Clima) pubblicato venerdì 27 settembre, per rendersi conto di quanto l’innalzamento del mare peserà nei decenni a venire. Insiema è una buona guida “Venezia e le acque”, sottotitolo: una metafora planetaria, libro encomiabile dove Piero Bevilacqua racconta la millenaria discussione e azione dei cittadini veneziani per preservare e sviluppare la loro città nell’ambiente acquatico della laguna. Venezia è in questo senso una città del futuro, non del passato.

[blockquote align=”none”]Il destino di Venezia di stare coi piedi a mollo, potrà essere in un tempo più o meno breve il destino di molte altre città, come New York per esempio. Viceversa per il cambiamento climatico indotto dall’immisione di gas serra nell’atmosfera, le grandi navi sono una esemplificazione e metafora eccezionalmente negativa, talchè credo senza esagerare che attorno alla interdizione delle stesse a navigare lungo il canale della Giudecca si giochi una partita esemplare a livello mondiale. [/blockquote]

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Ma torniamo a un possibile orizzonte di sviluppo per Venezia che ne preservi e incrementi la bellezza, senza perderne la vitalità dovuta alle genti che lì vogliono vivere e lavorare, e a quella di quanti/e da ogni dove affluiscono per vederla e goderne le meraviglie. Credo che bisogni operare un doppio cambiamento di punto di vista, sui luoghi e sugli esseri umani che li visitano. Sui luoghi. Bisogna smetterla di pensare Venezia soltanto come il Canal Grande, S. Marco, Rialto e poco più. Insomma bisogna ampliare l’orizzonte oltre la cosidetta città storica. Il territorio di  Venezia è la laguna che va assunta e valorizzata intiera come un patrimonio inestimabile, con la sua biodiversità, con le sue acque e isole, non per dare un’occhiata di straforo a Burano, Murano, Torcello, ma per conoscere ad esempio S. Erasmo, la terra degli orti veneziani.

Non c’è città, se non Marsiglia, che io conosca con un’estensione di orti coltivati grande come S. Erasmo , una ricchezza proprio oggi quando si fa un gran parlare di agricoltura a chilometro zero o di prossimità, per non dire della passeggiata meravigliosa che si può fare, a piedi se si è buoni camminatori, o in bicicletta.  Se poi andiamo verso la terra, sui bordi a Marghera l’attuale deserto postindustriale potrebbe diventare uno straordinario luogo di bellezza, mi viene in mente il lavoro di riassetto fatto da Renzo Piano sul porto di Genova, ieri moribondo, oggi spazio pubblico vivissimo. E a Marghera ristrutturata certo le grandi navi da crociera (se ancora solcheranno i mari) e/o quelle più piccole e ragionevoli, potrebbero attraccare senza devastare la laguna e con soddisfazione estetica dei passeggeri. Ovviamente dovrebbe funzionare un sistema di trasporto verso la città storica efficiente e veloce, per esempio una sopraelevata che, se ben progettata, potrebbe essere un’opera anche sul serio bella. Sulla terra ferma poi  il ruolo di Mestre andrebbe rivalutato, intanto perchè ha luoghi belli come Piazza Ferretto, poi quale ponte tra civiltà della laguna e civiltà di terra. Quindi spostiamoci al Lido, un’isola piena di spazio che potrebbe essere pensata come la manhattan italica, anche coi grattacieli perchè no (sento qui le grida scandalizzate di molti amici dello IUAV, l’università di architettura, nonchè ecologisti, ma tant’è la città può svilupparsi anche in senso verticale, e sfido chiunque a negare di avere camminato a Manhattan con il naso all’aria per guardarli svettare da sotto in su), protendendosi fino a Chioggia.  Un tale progetto,  darebbe respiro all’intera città, proiettandola nel nuovo secolo, senza perdere nulla anzi della sua secolare storia e vocazione, che non è mai stata quella di un museo, ma sempre quella di un crocevia delle genti  e culture del Mediterraneo d’Oriente ieri, di ogni dove oggi.

[blockquote align=”none”]Inoltre dovrebbe avere Venezia una robusta iniezione di intelligenza tecnologica, per cui chi da Bangkok vuole venire a Venezia, magari solo per qualche giorno, può avere la possibilità da colà di farsi un individuale programma, un time table e/o road map da quando parte fino alle passeggiate in laguna, ecc. usufruendo di un data base e delle previsioni possibili sull’affollamento nel tale o tal’altro luogo alla tale o tal’altra ora, permettendo al singolo individuo o gruppo omogeneo risparmi di energie, stress e tempo, nonchè una programmazione preventiva degli accessi da parte delle evarie entità veneziane coinvolte, musei, mostre, alberghi, ristoranti, aziende di trasporto, areroporto, stazione FS, ecc. Sinteticamente, la città mette a disposizione di ciascun visitatore potenziale una serie di dati e conoscenze facilmente accessibili online, mentre il singolo/a mette a disposizione della città la sua road map spaziotemporale, in un patto di convivenza civile fondato sul consenso e la libera condivisione tra la città e colui/colei che, venendo da una qualunque parte del mondo, per qualche ora o qualche giorno diventerà cittadino della stessa. [/blockquote]

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E la moderna ICT (Information Communication Tachnology) permette di costruire oggi un sistema siffatto, senza neppure spendere troppo. Certo che invece pesano i pregiudizi, in una città che ancora inalbera cartelli e frecce a tracciare percorsi ormai completamente obsoleti, ma che resistono in forza anche qui di corporazioni varie, per esempio quella dei ristoratori e negozianti i cui esercizi si trovano lungo le tratte indicate. Insomma Venezia abbisogna di una vera e propria rivoluzione culturale, di cui per ora segni non si vedono. Nel contempo vengono impiegate risorse finanziarie, e nemmeno poche, nonchè energie per un’opera come il Moses, le paratie che dovrebbero levarsi a impedire l’acqua alta che, oltre a innalzare il tasso di corruzione come testimoniano i recenti provvedimenti della magistratura,  è abbastanza inutile. Senza entrare in dettagli tecnici e nelle anomalie amministrativo gestionali, l’acqua alta di marea corrisponde all’increspatura su un mare calmo rispetto a una tempesta forza nove quale è quella forse in arrivo. Voglio dire che, per le acque alte nella norma , basta mettersi gli stivali, mentre se si avverassero le previsioni del sopra citato GIEC, il Moses avrà più o meno la stessa efficacia di una aspirina somministrata a un elefante ammalato di cancro.

Concludendo Venezia, se rimane tal quale, sarà tra non molto sottoposta a tensioni ambientali e sociali forti, dovute all’onda crescente del turismo di massa, che rischiano di lacerarla, degradarla e imbruttirla. Il che semplicemente sarrebbe cattiva cosa per l’umanità tutta intera. Soluzioni che, senza negare il diritto universale all’accesso e alla fruizione di questo patrimonio dell’umanità, esistono, sperando che ci sia su esse un dibattito pubblico di lunga lena. Per l’intanto portare a Marghera le grandi navi sarebbe già un primo passo.



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