Mare Nostrum

Intervista al prof. Fulvio Vassallo Paleologo, tra diritti negati e militarizzazione del Mediterraneo

 di Christian Elia

16 ottobre 2013 – Dal 14 ottobre è operativa la missione militare e umanitaria chiamata Mare Nostrum. Un milione e mezzo di euro al mese, per iniziare, al fine di rafforzare i controlli nel Mediterraneo, per intercettare le navi dei disperati provenienti dal Nord Africa. Questo il quadro presentato dal governo italiano, ma quale è la reale portata di questa decisione? Q Code Mag lo ha chiesto al professor Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato, docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero, componente del Consiglio direttivo dell’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), collabora con l’associazione Altro Diritto e con numerosi giornali.

“Le notizie sono molto frammentarie, perché la materia resta coperta da segreto militare.  Sono più le notizie che filtrano da Malta che quelle ufficiali del governo italiano”, risponde il professore. “Per quello che è dato sapere, non c’è nessuna flotta, ma solo un potenziamento del numero delle unità navali che si trovano nelle acque tra l’Europa e il Nord Africa, che passerebbero da tre a sei unità. Considerando il braccio di mare in questione e la sua vastità, pur considerando il supporto tecnologico di radar e droni, è evidente che non potranno affatto essere garantite condizioni di sicurezza per le persone spinte a partire da torture, abusi e violenze che subiscono sia in Libia che in Egitto. Questa missione ha solo una valenza simbolica e propagandistica, lo dimostreranno i fatti, purtroppo, in pochi giorni. Senza mutare le condizioni che hanno causato la morte di centinaia di persone solo negli ultimi giorni, non cambierà nulla. E’ il motivo è questa assurda politica di dissimulazione, per la quale non si vuole far sapere le reali dimensioni del fenomeno dell’arrivo dei siriani”.

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Propaganda a parte, però, le unità militari come si comporteranno? “Il ministro degli Interni Alfano ha dichiarato che una volta effettuati i salvataggi, queste persone verranno portate nei paesi competenti in base ai trattati internazionali”, spiega Vassallo Paleologo. “Questo vuol dire che una persona tratta in salvo nella zona SAR (zona di soccorso e ricerca ndr)di Malta verrà portata sull’isola, che non è in grado di reggere una pressione del genere, peggio ancora se queste persone verranno salvate nei pressi delle coste africane, per essere portate indietro in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria. Questo è il rischio principale: se le parole del ministro Alfano troveranno conferma nelle istruzioni operative delle unità navali – elemento da verificare, perché potrebbe aver parlato per ragioni politiche interne – c’è il rischio che si ripetano respingimenti verso paesi che non garantiscono la tutela dei diritti, come è accaduto nel 2009, quando la Guardia di Finanza italiana riportò in Libia decine di migranti. Pratica per la quale l’Italia è stata condannata, nel 2012, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.

Nei tormentati giorni seguenti al naufragio di Lampedusa, si sono levate voci impetuose contro i trafficanti. Non c’è il rischio che l’ultimo anello della catena dello sfruttamento dei migranti diventi l’attore principale, nascondendo le altre responsabilità più alte? “Lo scafista e la nave madre rientra in una valenza simbolica esasperata. Che esista una nave madre è smentito anche dalle immagini diffuse poco fa dalla Guardia di Finanza”, risponde il professore. “Esistono per certo trasbordi, da una nave ad un’altra, ma si tratta di imbarcazioni che hanno le stesse dimensioni. Esiste, per certo, una rete di organizzazioni che specula sullo sbarramento delle frontiere, anche verso i richiedenti asilo e sulla disperazione di queste persone, ma ipotizzare che esistano navi che fanno da navi madre verso navi più piccole nelle quali scaricare il loro carico umano è smentito. Il vero problema del Mediterraneo non sono i trasbordi, ma quello che avviene nei paesi di partenza, nei quali molti territori sono fuori dal controllo delle autorità statali, soprattutto in Libia, dove le milizie sono nelle condizioni di gestire il traffico. Questo renderebbe comunque inefficace un accordo con questi paesi.  Tornando alla Libia, il sequestro del premier dei giorni scorsi, per quanto dimenticato dai media, è la cartina di tornasole di una situazione fuori controllo, per la quale eventuali accordi sarebbero di fatto nulli. I trafficanti vanno combattuti con interventi ben diversi, tutelando intanto la vita di coloro che partono”.

Se potesse mai esistere un aspetto positivo nella tragedia di Lampedusa, potrebbe essere quello che almeno adesso verrà abolito il reato di clandestinità? “Penso proprio di no. In primo luogo non sono tra coloro che ritengono questo reato un elemento che incide particolarmente sulla condizione giuridica dei migranti. Quello che incide è la criminalizzazione dei migranti e delle politiche di clandestinità, che portano i pescherecci a temere conseguenze in caso di aiuto prestato a persone in difficoltà, con il blocco del mezzo per molte settimane – spiega il docente – Di casi reali, per fortuna, ce ne sono pochi e sono finiti con assoluzioni, ma si è creato comunque un timore che genera situazioni terribili per i migranti in difficoltà. In Italia bisognerebbe rivalutare tutti i reati connessi all’immigrazione, non solo il reato di clandestinità. Abrogare solo questo è uno slogan, che nasconde tutto quello che esiste nel Testo Unico sull’immigrazione introdotte dalla Bossi-Fini e da Maroni, perché sono norme criminogene, che non hanno avuto alcun effetto, penalizzanti ed estremamente costose. Negli ultimi anni gran parte delle risorse per l’accoglienza sono state dirottate ai respingimenti, con risultati fallimentari. Lo dimostra il rapporto Costi disumani, dell’ong Lunaria, che ci parla di tanti soldi spesi male, per risultati scarsi e in violazione dei diritti degli esseri umani.

Solo l’Italia è colpevole di questa situazione? In molti, in questi giorni, invocano un piano europeo condiviso per affrontare la situazione, ma quele è la situazione negli altri paesi? “La polaroid è quella di un’Europa che sta facendo drammaticamente calare le richieste di asilo. Dati recenti ci dicono come in Svizzera, nel Canton Ticino, nei primi nove mesi di quest’anno sono calate del 30 per cento. Quest’Europa da alcuni punti di vista, ha standard più elevati rispetto all’Italia: basti pensare al numero di rifugiati accolti in Germania o in paesi più piccoli dell’Italia, come l’Austria, che pure ne accoglie lo stesso numero del nostro Paese. Da altri punti di vista, però, l’atteggiamento burocratico delle istituzioni europee verso l’immigrazione è riprovevole. Quando si dice che Frontex ha salvato vite umane si dice una fandonia, perché sono persone tratte in salvo dai mezzi dei singoli stati. La vera natura della missione è quella del respingimento. Nonostante si avvalga di fondi che gli stati, e i cittadini, dei singoli paesi europei continuano a vedere sottratti a politiche più efficaci”, conclude Vassallo Paleologo. “Se l’Italia ha sicuramente le sue responsabilità, soprattutto dalla mancata strutturazione di un sistema di accoglienza, l’Europa è colpevole di non essere stata capace di elaborare una risposta politica integrata a questo fenomeno”.



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