La vita di Adele

La vita di Adele, di Abdel Kechiche, con Lea Seydoux, Adele Exarchopoulos, Mona Walravens, Jeremie  Laheurte, Aurelien Recoing, Abdellatif Kechiche.  Uscita: 24 ottobre

di Irene Merli

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Ecco un film lungo, di cui non ci si accorge della durata. Perché è una grande storia d’amore e una storia di formazione. Adele, infatti, all’inizio del film è un’adolescente poco più che quindicenne che ha un gran voglia di pasta e di vita, di informazioni e letture. Ma la sua esperienza sessuale con un ragazzo che le piace molto la lascia più’ insoddisfatta di quanto avrebbe pensato da una prima volta.

Una sera ritrova in un locale gay una ragazza dai capelli corti e intensamente blu, che aveva notato per strada. Emma, più grande e mascolina di lei, come la Fata turchina le fa perdere la testa al punto da sognarla in un modo stranamente erotico. In poco tempo le due si abbandonano a una passione profonda e infuocata, iniziano a stare sempre piu’ insieme, ma mentre Adele vuole fare la maestra la sua fidanzata più’ adulta studia Belle Arti, la dipinge nuda dopo averla amata per ore e frequenta amici intellettuali, connoisseurs, appassionati di ostriche e ottimi vini che di Adele apprezzano più la bellezza morbida e la capacità di cucinare che le doti intellettuali.

La vita, insomma, non è un romanzo, non è la Marianne di Marivaux che Adele leggeva avidamente prima di conoscere Emma. la ragazzina lo imparerà sulla sua pelle sbagliando, capendo che l’amore, la passione non bastano perché un rapporto duri quando si viene da mondi diversi, si vogliono cose diverse ed errori compiuti ingenuamente sembrano diventare irreparabili. Delle due, quella che soffrirà di più sarà lei, preda di un sentimento fervido e totalizzante che l’ha fatta crescere emotivamente e sessualmente davanti i nostri occhi. L’altra si consolerà con una compagna più simile, che ha anche una figlia, e dunque le dona nuove, grandi responsabilità.

Kechiche, già autore del bellissimo La schivata, di Cous Cous e di Venere nera, ci racconta in modo autentico e carnale, ma per nulla voyeuristico o compiaciuto, l’incontro intensamente fisico tra due giovani che si divorano con gioia, ingordigia e assoluta innocenza, concedendo alla cinepresa ogni piega della loro pelle, ogni sospiro e goccia di sudore.

La prima scena di sesso dura 7 minuti, ma appare assolutamente naturale, funzionale a una storia che cambierà in modo radicale il vissuto di Adele che alla fine preferirà le lacrime, anche tante, alla rimozione dell’esperienza fondamentale della sua gioventù. Il dolore che prova quando scopre che l’amore non si riesce a trattenere se non lo si vuole in due, e’ talmente vero e intenso che sembra di sentirlo addosso. E allora ci si dimentica che si tratta di una storia “lesbo” presentata a Cannes dopo che uno storico di destra si era sparato dentro Notre Dame per protesta contro le nozze gay e mentre la laica Francia era attraversata da conflitti sui “mariages pour tous”.

Perché La vita di Adele, premiata a Cannes con la Palma d’oro al regista e alle sue incredibili attrici, parla di temi universali, è una parabola sull’educazione sentimentale  che riguarda tutti, sui naturali, imprevedibili e laceranti movimenti dell’animo umano.  per questo è un grande film, che non provoca un istante di noia in nessuno dei suoi 179 minuti. E che, come poche altre volte, ci spinge a domandarci cosa accadrà a un personaggio dopo che avrà svoltato la strada dove lo vediamo sparire, prima  che il buio ritorni in sala.

P.s. E’ in libreria per Rizzoli ” Il blu e’ un colore caldo”, la graphic novel a cui Kechiche, regista tunisino decisamente fuori dagli schemi della sua cultura d’origine, si è liberamente ispirato per il suo film.



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