Ci resta il suo romanzo in note

“Un accordo va bene, con due già stai esagerando. Tre accordi e stai facendo jazz”.

di Niccolò Vecchia

Scritto per Radio popolare- Popolare Network

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“Un accordo va bene, con due già stai esagerando. Tre accordi e stai facendo jazz”. Una volta Lou Reed descrisse così il suo stile essenziale di chitarrista, con una delle tante frasi ironiche e paradossali con cui amava provocare e prendere anche un po’ in giro i suoi interlocutori, specialmente i giornalisti. Ma Lou Reed, morto ieri dopo una malattia che lo aveva costretto a maggio a un trapianto di fegato, è stato soprattutto una delle figure più importanti della storia del rock. Fondatore, insieme a John Cale, dei Velvet Underground nella seconda metà degli anni ‘60, trovò in Andy Warhol un primo e fondamentale ammiratore e mentore.
[blockquote align=”none”] Il disco d’esordio, The Velvet Underground and Nico, prodotto dallo stesso Warhol, nonostante ebbe inizialmente uno scarsissimo successo commerciale, è una delle pietre miliari della musica americana. Così come lo è Transformer, il suo secondo album da solista, che lo trasformò da artista di culto in superstar.[/blockquote]

In oltre quarantacinque anni di carriera Lou Reed ha dimostrato un eclettismo straordinario, riuscendo a incarnare sia la sofisticata avanguardia che la semplicità melodica, sia la sperimentazione più rumorosa che l’immediatezza più pop: spesso, volutamente, disorientando i suoi stessi fan. Sarebbe impossibile immaginare il punk, il glam e in generale molto del rock alternativo senza la sua influenza.

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Con i suoi testi, anch’essi sospesi in un equilibrio perfetto tra lirismo e crudezza, ha mostrato un nuovo modo di raccontare una storia attraverso una canzone, attraverso un disco. Nel 1987, in un’intervista a Rolling Stone, Lou Reed diceva di vedere la sua discografia come un grande romanzo americano: “Sono tutti capitoli”, disse, “da prendere e ascoltare in ordine cronologico. Quello è il mio romanzo”.

 

 



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