Corridoio Nord – 3 parte

A settembre 350 profughi sono stati rimandati in Italia, intercettati mentre cercavano di raggiungere la Svezia. Parte da Milano il  reportage che ripercorre il viaggio dei siriani verso il nord Europa

di Lorenzo Bagnoli, da Parigi, per Terre di Mezzo

4 novembre 2013 – La Francia i profughi siriani non li vuole. E si è organizzata perché non possano fermarsi. I suoi centri di accoglienza sono sempre pieni e l’unica assistenza che ricevono è grazie alle associazioni. Secondo i dati aggiornati al settembre 2013, i siriani che finora hanno presentato domanda d’asilo sono appena 588.

“Eppure non ci sono più posti nei centri d’accoglienza, c’è una grande penuria di alloggi -racconta Michel Morziere, segretario generale dell’associazione Revivre, fondata dieci anni fa per sostenere in Francia gli oppositori del regime di Assad-. Per evitare che i nuovi arrivati stiano in strada, abbiamo creato una rete di volontari che li ospitano almeno per i primi giorni. Ma il problema è che il nostro Paese non governa la questione dei profughi. Da sempre”. Revivre in questi mesi ha accolto, solo a Parigi, circa 500 profughi siriani arrivati nei modi più disparati: auto, treno, aereo. Un centinaio ha presentato domanda d’asilo nella capitale, gli altri si sono spostati in altre zone della Francia, mentre qualcuno ha puntato più a Nord, alla Svezia.

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foto di Germana Lavagna

L’unico vantaggio di cui usufruiscono i siriani è un tempo d’attesa ridotto a tre mesi (rispetto ai 12 mesi ordinari) per l’accoglimento della domanda d’asilo. L’accompagnamento dei profughi in Prefettura, il loro inserimento nella società, è nelle mani dei loro connazionali della diaspora. Il Comune di Parigi ha messo a disposizione uno spazio per Revivre, al XX arrondissement. Nulla di più. Il governo Hollande invece ha dato la sua disponibilità all’Unhcr per accogliere 500 rifugiati politici che vivono nei campi profughi nei Paesi limitrofi alla Siria, che però non sono ancora arrivati. “Mi chiedo se sarà in grado di garantire a queste persone i loro diritti”, conclude Morziere.

La Francia è un porto di mare dove sbarcano profughi politici, che da tempo intessono rapporti con la Repubblica transalpina, ma anche fuggitivi che dopo Lampedusa cercano fortuna oltre le Alpi, oltre a bersagli precisi del regime di Assad e anziani che vogliono ricongiungersi alla famiglia in Europa. Quattro tipologie che non sempre collimano con quanto conosce l’Italia, con l’immigrazione che affolla le coste di Lampedusa. In Francia la scelta è anche legata alla storica presenza di una comunità siriana. “La città è piena di medici e dentisti originari di Damasco”, spiega Michel Morziere. E sulla scorta delle violenze patite dai loro connazionali in patria, i franco-siriani, tra cui Michel Morziere, hanno dato vita a Revivre, che all’inizio aveva scopi politici, mentre ora si trova costretta a occuparsi dell’accoglienza. “Non si erano mai visti siriani sbarcare a Lampedusa per un futuro migliore”, commenta sconsolato Morziere.

Di fatto le frontiere tra i Paesi dell’Unione europea sono state ristabilite, con controlli sui passeggeri di auto, treni e pullman (vedi lancio di lunedì 28 ottobre). “Ma questo sta contribuendo a rinforzare la criminalità organizzata -sottolinea Morziere-, che fa attraversare i confini a chi sogna l’Europa”. Si pagano circa 4 mila euro per il “passaggio” da Damasco a Parigi, ma il prezzo può lievitare fino a 30 mila, nel caso in cui ci sia bisogno anche di documenti falsi.

“Il Governo -aggiunge Jean Pierre Alaux di Migreurope, rete internazionale di associazioni che si occupano di immigrazione (in Italia Arci, Asgi e Naga)- ha fatto di tutto per evitare che arrivassero numeri di siriani consistenti”. Parigi ha introdotto da gennaio 2013 un “visto di transito”: in altri termini, anche chi intende solo transitare per la Francia deve chiedere un visto. Una complicazione in più, che scoraggia chi pensa di poter arrivare in Europa direttamente da Damasco. La strategia del governo Hollande, secondo Alaux, è quella di fare terra bruciata intorno al profugo: poca accoglienza e complicazioni burocratiche. Nella speranza che il profugo decida di proseguire il viaggio verso altri paesi europei.



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