Polvere dell’India – 1 puntata

Passeggiate a ridosso del Tropico del Cancro tra tradizione e tecnologia

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/foto-tessera.jpg[/author_image] [author_info]di Alessandro Ingaria, da Ahmedabad, stato del Gujarat, India. Vivente. Laureato in giurisprudenza, con un passato di consulente gestionale per imprese profit e non, nel 2008 inizia una rivoluzione esistenziale: da cittadino del mondo, lavora in Afghanistan, in Latino America e in Est Europa, sperimentando soluzioni biopolitiche innovative sulla tematica dei diritti umani. Intensa l’attività creativa, da autore di articoli per riviste e periodici online (tra cui Peacereporter) a ideatore di progetti audiovisivi sull’analisi complessa delle comunità umane odierne. E’ uno dei fondatori del movimento Geronimo Carbonò. www.geronimocarbono.org[/author_info] [/author]

4 novembre 2013“Il mio nome è Saadya Vinubhai, ho quindici anni e posso leggere e scrivere. Ci sono sette componenti nella mia famiglia: mamma, papà, tre sorelle e un fratello. Vorrei diventare una maestra ma non posso continuare gli studi perché devo guardare i miei fratelli, la scuola è lontana e la mia famiglia non vuole che io vada da sola. Ora sto studiando come sarta e mi piacerebbe poter disegnare e vendere gli abiti da me creati per poter guadagnare soldi dalla mia attività. Quando ho la possibilità leggo i libri dei miei fratelli. Spero un giorno mi lascino andare a scuola e io possa realizzare i miei sogni”.

Percorro rapido le vie della città, tra un rumore incessante di clacson e il terrore continuo di incidenti a bordo di caracollanti tre ruote. Ahmedabad, cuore pulsante tecnologico dell’India. Da queste parti le aziende occidentali pescano a piene mani manodopera iperqualificata, instancabile e a buon prezzo.

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Il Chitrakathà Internatiol Animation Student Festival ha organizzato eventi speciali in esterni. Uno di questi ha coinvolto la Sewa Foundation, Xplora Design Skool e il National Institute of Design. La Sewa Foundation riunisce donne analfabete e con bassa scolarità al fine di qualificarle e avviarle a lavori di vario tipo. La stessa ha fondato una televisione, e tra le attività realizzate vi è l’insegnamento del Mehendi, la tradizionale pittura del corpo con colori naturali. L’aver fondato una TV propria, impiegando le donne incluse nei propri progetti, ha addirittura permesso che alcune di esse potessero passare dall’analfabetismo a divenire tecnici di montaggio e produzione.

L’evento, creato nell’ambito del Chitrakathà Festival, ha unito le competenze delle tre realtà coinvolte. In soli tre giorni, le donne della Sewa Foundation hanno disegnato con la tecnica del Mehendi i pannelli che sono stati successivamente digitalizzati ed editati per giungere alla realizzazione di un cortometraggio di animazione. Un avveniristico mix di tradizione e tecnologia, che potrà aprire nuove possibilità per le persone aiutate dalla fondazione. Circa trenta donne hanno lavorato fianco a fianco, coordinate dalla regista spagnola Isabel Herguera, per condividere la propria esperienza. Trenta piani sequenza, sei disegni per ogni piano, per un totale di centottanta disegni che hanno dato vita ad un cortometraggio di un’estetica magnifica che racconta una storia che per molte di loro è autobiografica.

Sekhar Mukherjee, il direttore del Festival, ha organizzato un evento in grande stile. Ospiti del Chitrakathà sono le scuole di animazione di tutto il mondo. Da Tokyo a Bogotà, da Lucerna a Città del Messico, da Los Angeles a sino alle scuole francesi e belghe. Il vulcanico Sekhar ha invitato il meglio del mondo del cinema di animazione perché i suoi studenti possano pensare globalmente e agire localmente.

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Tuttavia, come lui stesso racconta, occorre non farsi monopolizzare dal fascino del mondo internazionale dimenticando l’erba che si ha vicino. E per questo nascono gli eventi paralleli al festival. Un Cucinema di avanguardia con i bambini autistici nella vicina sede dell’Alliance Francaise. Laboratori nelle strada con i bambini più poveri. E il cortometraggio di animazione con le donne che disegnano con il Mehendi. Che non sanno parlare inglese e che a volte non sanno leggere e scrivere. Ma, come dice Sekhar, non c’è bisogno di una lingua comune per poter comunicare. Quello che unisce è il talento creativo. Il voler raccontare storie con il disegno. L’India sta correndo verso la tecnologia e l’occidente. Esempi come questo fanno sperare che tutto ciò non cancelli le sue tradizioni millenarie.



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