Storia di un pastore

Marcello capì prima di altri che tutto era andato troppo oltre, decidendo di tornare indietro

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/IMG_4409.jpg[/author_image] [author_info]di Samuel Bregolin. Diplomato come perito agrario, ha seguito letteratura contemporanea a Bologna. Si occupa di agricoltura biologica, reportage, poesia, giornalismo e viaggio. Ha viaggiato in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Ex-Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, Tunisia e Marocco. Ama raccogliere e raccontare storie dal basso e dalla strada. Ha collaborato con Il Reporter, Colonnarotta, Lindro e Turisti non a Caso. Collabora con Viaggiare i Balcani, OggiViaggi, Il circolo del Manifesto di Bologna, Articolo3, Il Reportage, Qcode Mag. [/author_info] [/author]

1 dicembre 2013 – Questa storia nasce nei primi anni del duemila, quando la Lehman Brother non era ancora fallita provocando dietro alla sua caduta un dissesto e una crisi economica globale che ancora oggi si fatica a capire fino in fondo. Erano gli anni in cui il Nord Est produttivo, le terre dei capannoni prefabbricati e delle villette a schiera viveva ancora opulento e grasso. I camion andavano e venivano lungo le tangenziali, si lavorava a pieno ritmo anche il sabato.

In quegli anni qualcuno passeggiava lungo i canali di campagna, luoghi ormai praticamente abbandonati e deserti, dove i piccoli boschi erano stati da tempo tagliati e spazzati via dall’agricoltura intensiva e industriale. In quegli anni Marcello, filosofo e violinista di Dolo in provincia di Venezia, aveva già notato la scomparsa dei rifugi ecologici per animali e insetti, lo sterminio dei pesci d’acqua dolce, le sempre più rare rondini che spuntavano in primavera. Dalla campagna della bassa padana sentiva con più chiarezza l’odore nauseabondo dell’aria riempita di smog e il perpetuo brusio di sottofondo dei mezzi di trasporto carichi di merci che sfrecciavano sulle arterie stradali.

Marcello capì, anni prima che la crisi economica colpisse queste regioni, che qualcosa era già cambiato irrimediabilmente, che la natura depredata e inquinata boccheggiava, che quelli non erano più luoghi vissuti, ma solo posti commerciali, che in un ambiente malsano non avrebbe potuto costruire nessun futuro per sé o per la sua famiglia. Fu tra i primi a intuire che la futura crisi economica era prima di tutto sociale, umana, che il commercio industriale spinto all’eccesso aveva cambiato la mentalità delle persone, rendendole vuoti automi individualisti e poco interessati alle faccende del mondo. Erano gli anni in cui il razzismo e la xenofobia della Lega Nord qui facevano proseliti. In cui si sognava un Nord indipendente da Roma.

il-busto-di-Pasolini-in-piazza-a-Chia

Marcello terminò gli studi e cominciò a cercare un’alternativa, che trovò in un minuscolo borgo del Lazio settentrionale, tra le colline coperte di ulivi e noccioleti. Un borgo di poche centinaia di abitanti, ma che contò tra i suoi residenti più illustri anche Pier Paolo Pasolini.

Si mise all’opera, lavorò in campeggi e campi vacanza per mettere da parte quei pochi risparmi sufficienti ad acquistare una piccola casa da ristrutturare e un terreno agricolo e partì, ricominciando da zero, a vivere in equilibrio con la natura e autoproducendo il cibo che consumava.

Per un filosofo, abituato ai libri e agli studi, la realtà agricola e contadina non è semplice. Per un moderno consumatore del terzo millennio, abituato ad acquistare al supermercato qualsiasi cosa di cui abbia necessità quasi impossibile.

I primi anni furono duri e difficili, passati tra le erbacce e il fango della campagna, con primi risultati non sempre soddisfacenti. Ma un passo dopo l’altro Marcello ha imparato a riconoscere la terra e le stagioni, ha riscoperto i ritmi e gli equilibri della natura.

Qualche anno dopo, mentre la crisi economica colpiva quasi tutta l’Europa mettendo in ginocchio Irlanda, Portogallo, Grecia e quel Nord Est opulento che aveva lasciato Marcello acquistava i primi capi di bestiame. Razze autoctone di capre, un’altra sfida: l’allevamento.

La campagna, tra noccioli e ulivi

Marcello ha pochi maestri, perché gli anziani che coltivavano la terra decenni fa ormai sono morti, o sono troppo vecchi per recarsi in campagna. I giovani si trasferiscono in massa in città e delle antiche conoscenze contadine sopravvive poco o niente. Recuperare dai libri o da vecchie testimonianze il sapere antico non è facile, ed occorre sbagliare più di una volta prima di trovare la soluzione giusta. Ma in campagna quando si sbagliano le scelte colturali si getta il raccolto, e si tira la cinghia fino all’anno successivo.

Mentre le fabbriche del Nord chiudono i battenti una dopo l’altra creando migliaia di cassintegrati Marcello impara a portare al pascolo i suoi animali, a farsi ascoltare e rispettare, in primavera le capre partoriscono i primi cuccioli e producono il primo latte. Assieme alle prime famiglie di api che installa vicino al suo uliveto il sogno dell’autosufficienza alimentare comincia a diventare una speranza reale.

Marcello oggi riesce ad acquistare solo i prodotti che non può produrre: farina, cereali, cioccolato e caffè. Il resto lo ricava dalla campagna, dagli ulivi, dalle capre, dalle api. Baratta le eccedenze con altri contadini ottenendo frutta e ortaggi. Nel frattempo ha costruito una casa a bassissimo impatto ambientale, riscalda gli ambienti con il grande camino o la cucina economica, che grazie ad un sistema di tubazioni riesce a scaldare anche l’acqua per la doccia. Produce quasi esclusivamente rifiuti organici che ritrasforma poi in humus, e tutto quello che non è organico finisce nella stufa: tranne la plastica. Ma Marcello non ne acquista molta.

Per la vita quotidiana l’autosufficienza alimentare non è tutto, servono anche medicine, benzina, vestiti, e per questo ha aumentato la sua produzione agricola, producendo caciotte e barattoli di miele da vendere in piccoli mercati di Genuino Clandestino o altre associazioni di volontari che si battono per un ambiente e un’agricoltura migliori.

Scorcio di Via Ripetta a Chia

Non si vive di solo cibo, ma anche di cultura e scambio d’idee. Marcello si è iscritto al Woof, un’organizzazione internazionale che mette in contatto aziende agricole biologiche con giovani volontari desiderosi di provare l’esperienza della campagna. Sono per lo più giovani provenienti dal nord Europa, viaggiano per divertimento e in cambio di vitto e alloggio compiono qualche lavoretto in campagna. A casa di Marcello arrivano ragazzi e studenti svizzeri, tedeschi, olandesi, che portano con sé il loro carico di esperienze di vita e conoscenze, rendendo la piccola casa nel borgo un centro multiculturale e cosmopolita.

Oggi Marcello progetta di impiantare un piccolo vigneto, e per questo ha iniziato ad aiutare un vecchio contadino della zona, che gli insegna l’arte, si è unito ad un gruppo di giovani contadini che si aiutano tra loro, fa parte di un gruppo archeologico che la domenica pomeriggio con pale, picconi e buona volontà va a recuperare i tesori etruschi dimenticati dalle amministrazioni.

Marcello non è l’unico giovane ad aver intuito la crisi umana e sociale che ha culminato in quella economica e industriale. Dimenticati dai sondaggi e dall’attenzione pubblica sono molti i ragazzi impegnati nella salvaguardia e nella tutela di un patrimonio naturale e storico spazzato via da decenni di sviluppo selvaggio e scellerato. Se un giorno potremo ancora parlare di Bel Paese, forse lo dovremo anche a questi folli e visionari pionieri.



Lascia un commento