Svelate. Marocco: femminile plurale

Fatima, Kenza, Sukaina, Asma, Nadia. Sono solo alcune delle donne in Marocco raccontate con un progetto di foto-narrazione. La mostra, in esposizione a Merano, si concluderà sabato 14 dicembre 2013

 di Sara Borrillo (testi) e Michela Pandolfi (foto)* – tratto da Osservatorio Iraq

11 dicembre 2013 – Ognuna delle sette donne protagoniste dell’esposizione ha dello straordinario, pur nella sua ordinaria quotidianità, perché fa a suo modo eccezione rispetto allo stereotipo di “donna musulmana con hijab” cui siamo troppo abituati in Occidente. Uno stereotipo che impedisce di guardare al di là dei veli che ricoprono non tanto i volti, ma le nostre geografie immaginarie.

Il progetto “Svelate. Marocco: femminile plurale” racconta infatti , con una mostra foto-narrativa, alcune traiettorie individuali che vanno oltre l’equazione promossa dai media di “donna musulmana = sottomessa”, associata ad un Islam oscurantista, repressivo e retrogrado.

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Un’immagine mistificatrice per diverse ragioni. Innanzitutto perché induce a vedere in maniera omogenea un universo femminile che omogeneo non è. E in secondo luogo perché dà continuità alla retorica coloniale che riconosce nel velo – in maniera automatica – il simbolo della sottomissione femminile all’Islam, ascrivendo a quest’ultimo la responsabilità della discriminazione nelle società a maggioranza musulmana e non ad un insieme di concause legate alle gerarchie di “genere, classe e razza” (per dirla con un’espressione intersezionale familiare alle studiose post coloniali).

Che non risieda nell’Islam la causa della sottomissione femminile in Medio Oriente e Nord Africa, ma nei modi in cui esso è stato strumentalizzato in leggi e codici comportamentali, oramai è noto a buona parte della comunità accademica internazionale che si occupa di Studi di Genere e Islam. Tuttavia, questo aspetto sfugge al pubblico di massa, che troppo spesso guarda al mondo islamico senza vedere, come dice Paola Caridi, lasciandosi permeare con comoda superficialità da retoriche stereotipate.

Se quello del velo è un leitmotiv della retorica di matrice occidentale dello “scontro tra civiltà” – presente nella parabola dei discorsi dell’“uomo bianco che salva la donna nera dall’uomo nero”, a partire dal governatore britannico in Egitto Lord Cromer di inizio ‘900 fino alla legittimazione dell’attacco all’Afghanistan dopo l’11 settembre 2001 e all’islamofobia diffusa in Italia e in Europa  – non va trascurato tuttavia che nei paesi a maggioranza musulmana milioni di donne lottano quotidianamente per ritagliarsi interstizi di libertà.

Il progetto “Svelate” non intende minimizzare le problematiche legate all’essere donna in contesto islamico e in Marocco, dove l’inferiorizzazione sociale e giuridica delle donne e il controllo sui corpi e la sessualità femminile sono aspetti strutturali all’impianto gerarchico delle relazioni di genere.

Piuttosto, racconta profili femminili rivolgendo allo spettatore della mostra l’invito di Adriana Cavarero (Tu che mi guardi, tu che mi racconti) a guardare non tanto a ciò che appare, al “cosa” si è (una donna musulmana con il velo o senza), ma al “chi” si è (una persona con una propria esperienza e visione del mondo). Un invito al (ri)conoscere, che si manifesta nel giocare provocatorio del termine “svelare” del titolo, inteso come racconto e non come dinamica di liberazione colonialista.

Ed eccole: Fatima Bennadi, prima tassista di grand taxi di Casablanca, decisa a svolgere questo lavoro dopo la malattia del marito e nota nelle strade della metropoli come la “donna di ferro”. Kenza Fridou, attrice di teatro di strada anticonformista. Fatiha e Fatim Zahra, ragazze di strada divenute circensi. Sukaina Hachad, giovane fondatrice di una associazione per lo scambio culturale. Najia Bounaim, amante dei viaggi e responsabile di una ong che lavora con minori vittime di abusi. Nadia Yassin, leader di un noto movimento dell’Islam politico oppositore della monarchia marocchina, fumettista mancata. Asma Lamrabet, medico e teologa femminista, intenzionata a cambiare le regole patriarcali islamiche dall’interno di una istituzione religiosa ufficiale. [clicca qui per vedere la fotogallery]

Ogni storia rappresenta un desiderio individuale in cammino. Ogni racconto biografico porta con sé una forma propria di emanciparsi, la scelta di far vivere il sé desiderato, districandosi nella stretta ragnatela di regole patriarcali. Sono solo alcune delle donne che fanno la differenza rispetto agli stereotipi più comuni, sfidando discriminazioni reali e immaginate: un insieme di testimonianze che in noi hanno lasciato una traccia che non possiamo non raccontare.

Dopo l’inaugurazione nelle sale dell’Istituto di Cultura italiano di Rabat nel marzo 2013, cui hanno partecipato anche le protagoniste, dando al lavoro il loro abbraccio prima del viaggio verso l’Europa, la mostra “Svelate. Marocco: Femminile plurale” è approdata in Italia, all’Università Urania di Merano, dove resterà in esposizione fino al 14 dicembre, grazie al supporto dellaFondazione Alexander Langer di Bolzano e del Museo delle donne di Merano.

Nell’ambito del progetto sono state organizzate visite guidate e laboratori teatrali interattivi per le scuole insieme al Teatro Zappa. Inoltre, sempre nella cornice della mostra, il 22 novembre è stato presentato il libro di Marisa Paolucci “Tre donne e una sfida” e il 29 e 30 novembre abbiamo avuto l’onore di presentare al pubblico l’intellettuale Asma Lamrabet, che ha arricchito l’iniziativa con la sua presenza e il suo appassionato racconto autobiografico.

Asma, oggi direttrice di un centro sugli studi femminili islamici, ha descritto il suo approccio al “femminismo musulmano” come riformista e decoloniale: riformista, perché teso a decostruire i fondamenti religiosi della discriminazione di genere dimostrando teologicamente la dimensione ugualitaria dell’etica islamica; decoloniale, perché volto a riappropriarsi del discorso dei diritti delle donne in chiave spiritualmente e culturalmente autentica, in alternativa all’egemonia dei discorsi del femminismo occidentale.

Il 30 novembre Asma ha incontrato gli studenti dell’Istituto De Medici di Bolzano, rispondendo per due ore a domande incalzanti sul suo vissuto e sulla condizione femminile in Marocco, anche alla luce degli effetti delle manifestazioni pro-democrazia del movimento del 20 febbraio. La studiosa ha poi partecipato ad una densa tavola rotonda sul tema dei “Diritti delle donne nel Mediterraneo” in cui sono intervenute giovani ricercatrici [Sara Borrillo e Giulia Selmi dell’Università di Trento, ndr] e rappresentanti femministe dell’Archivio delle Donne (Sandra Spada), del Comune (Patrizia Trincanato) e della Gea (Marcella Pirrone) di Bolzano.

 

*Sara Borrillo è dottoranda in Studi sul Vicino Oriente e Maghreb all’Università di Napoli L’Orientale.  I suoi ultimi saggi sono: “The gender jihad of Asma Lamrabet: a self-negotiated authority”, in Calderini, S., Beattie, T., Women, Authority and Leadership in Christianity and Islam, De Gruyter (in corso di stampa), 2014 e “Femminismi in Marocco tra politiche di genere e movimenti sociali. Alcune evoluzioni recenti”, in Femminismi nel Mediterraneo, Genesis – Rivista della SIS – Società Italiana delle Storiche, Viella, XII, 1-2013, p. 119-139. Michela Pandolfi lavora al Museo della Fotografia di Cinisello Balsamo, si occupa di grafica e fotografia etnografica.

Le autrici del progetto “Svelate. Marocco: femminile plurale” ringraziano:

Anna Pastore, direttrice dell’Istituto italiano di Cultura a Rabat per aver creduto nel progetto ed averlo prodotto a Rabat. Sirio Conte, Luigi Criscitiello, Emiliano de Marco, Rosalinda Esposito, Eduardo Napolitano, Nilla Romano dell’Assopace Napoli e Raffele Porta dell’Osservatorio Euromediterraneo e Mar Nero di Napoli, per il primo partenariato. Luca Simeone per il supporto nella redazione del primo progetto. Marilù Vacca e Valeria Vacca, per il sostegno e l’incoraggiamento. Christian Elia, per i primi suggerimenti. E Serena Rauzi e Sissi Prader per il sostegno e per aver contribuito con il loro lavoro e la loro vicinanza a far approdare il progetto in Italia. Ringraziamo anche Valentina Arnò e Najia Bounaim per l’ospitalità, i traduttori Youssef El Idrissi (arabo), Ileano Irpo (tedesco), Antonio Bibbò e Azzurra Sarnataro (inglese), Nadia Aci, Marie Delambre, Nina Ferrante e Fabrizia Vittoria (francese).
E sempre Antonello Centomani ed Alessio Colaci.



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