PEPERONI: DEDICA

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Sono passati almeno 10 anni dall’uscita di ognuno dei film che rivisiteremo in questo spazio, eppure, nel bene o nel male, nulla pare essere cambiato. Pare che le tematiche siano più attuali del previsto. Dunque, si ripropongono, proprio come i peperoni. Speriamo solo di digerirli il prima possibile. [/note]

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/07/Schermata-2013-07-12-alle-14.20.02.png[/author_image] [author_info]Alice Bellini. Scrittrice, si laurea in cinematografia tra Londra e New York. Non è una critica di nulla, ma le piace dire la sua, sapendo che, comunque, la risposta a tutto è inevitabilmente 42.[/author_info] [/author]

18 dicembre 2013 – Questo Peperone è una dedica. Lo dedico a tutti i movimenti di estrema destra. A tutte le forze dell’ordine che credono di fare del bene imponendosi con la violenza, o spalleggiandola. A tutti i movimenti che fanno dell’oppressione e dell’intolleranza il loro monito. A tutti i razzisti, gli omofobi e a tutti gli xenofobi. E siccome mi sento molto patriottica, lo dedico soprattutto a quelli Italiani, e all’impegno che ogni giorno dedicano nel dimostrare che non hanno imparato nulla dalla Storia. Questo Peperone è per voi.

Nel 1945 Roberto Rossellini mise la firma a una pietra miliare, forse la più grande, della storia del cinema italiano e internazionale tutto. Con Roma Città Aperta, raccontò, insieme a un cast memorabile e iconico, la guerra, il fascismo, la violenza, l’oppressione, la fede, la forza, la resistenza, le atrocità.

Vi dedico il bellissimo dialogo tra Francesco e Pina, perché, come diceva Neruda, potranno essere recisi tutti i fiori, ma non si potrà mai fermare la primavera. Il futuro deve appartenere alla libertà. Il futuro deve appartenere alle cose quelle giuste. Che è il motivo per cui la resistenza non finirà mai. Anche quando ci sarà solo da ricordare, se mai un tale momento arriverà. Anzi, soprattutto quando ci sarà solo da ricordare. Perché la memoria è l’unica vera arma contro l’ignoranza che ogni atto violento conserva in sé.

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Vi dedico la morte di Don Pietro. Perché morire bene è facile. È vivere bene che è difficile. È il motivo per cui solo chi non riesce ad avere controllo della propria vita ha bisogno di controllare quella altrui. Il motivo per cui tutti i Luigi Ferraris del mondo sono morti in silenzio. È il motivo per cui i funerali di un boia fanno ancora indignare così tanto e vengono ripudiati con un Bella Ciao.

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Hannah Arendt parlava della banalità del male. Scriveva di come molti nazisti e fascisti (ma potete sostituirci un qualsiasi altro esempio di militanti oppressori violenti) fossero, o tuttora sono, convinti della giustezza della causa per cui hanno ammazzato, o continuano a farlo. E potrà poi essere fatto il negazionismo più squallido, banalizzare l’accaduto quanto si vuole, ma la realtà è lampante e incisa su marmo e registri, sulle pagine della Storia e in date ben precise, senza capire che poi, in fondo, se a un numero se ne sostituisce un altro, il pesante risultato della colpa non muta, né si alleggerisce. Si potrà credere nella giustezza, negare l’evidente, ma la verità non la si fugge. E dunque vi dedico anche il dialogo tra gli ufficiali delle SS, chi ubriaco e chi invasato, a monito che la verità esiste e quando si parla di oppressione e violenza, allora è una sola. Solo gli stupidi e i folli pensano altrimenti.

Ma vi dedico anche le invettive di Don Pietro, a ricordare che la violenza è un elemento di controllo ottuso e limitato e, in quanto tale, impotente su ciò che davvero è importante.

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In ultimo, ma forse il più importante, vi dedico Pina. Non tanto la sua morte, quanto la sua corsa prima di morire. Una corsa che nulla avrebbe mai potuto fermare. Una corsa che è fede e forza e amore in un unico corpo. Una corsa che somiglia all’antifascismo e alla lotta a qualsiasi tipo d’ingiustizia e oppressione nel mondo. Una corsa che qualsiasi oppressore si troverà a fronteggiare, qualsiasi violento, qualsiasi intollerante. Una corsa intrisa di spirito di combattimento, una corsa inarrestabile, verso quella libertà e quella giustezza che un giorno dovranno arrivare, per forza.

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Di parole sul fascismo e sulle oppressioni in generale ne sono state scritte tante. E molte altre ancora, probabilmente e giustamente, ne seguiranno. Fin tanto che non arriverà la primavera. Io ho solo questa dedica. Di un film che, prima ancora di essere un capolavoro e pietra miliare, è un film giusto.



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