La seconda volta di Genscher

Venerdì, il quasi novantenne Genscher ha accolto all’aeroporto di Berlino l’ex oligarca russo Mikhail Khodorkovsky, nemico giurato di Vladimir Putin, fresco di grazia ricevuta dal più alto inquilino del Cremlino in persona. 

da Berlino, Nicola Sessa

22 dicembre 2013 – Hans Dieter Genscher, l’ex potentissimo ministro degli Esteri della Germania Federale ha battuto un ultimo colpo. In molto ricorderanno il suo discorso dal balcone dell’ambasciata tedesca a Praga quando organizzò e seguì personalmente la “fuga” di un centinaio di tedeschi dell’est a bordo di un treno.

Venerdì, il quasi novantenne Genscher ha accolto all’aeroporto di Berlino l’ex oligarca russo Mikhail Khodorkovsky, nemico giurato di Vladimir Putin, fresco fresco di grazia ricevuta dal più alto inquilino del Cremlino in persona.

Tra smentite e grandi atti di modesta umiltà, sono in molti a riconoscere un ruolo importante al vecchio capo della diplomazia tedesca: avrebbe lavorato per anni, nell’ombra, per arrivare a questo giorno. Genscher aveva incontrato Khodorkovsky nel 2003 a Berlino, pochi mesi prima che fosse indagato e arrestato per frode fiscale, corruzione e altri reati minori con una condanna a quattordici anni di prigione. L’ex uomo più ricco di Russia, padrone della Yukos, con ambizioni politiche sgradite a Putin, è ritornato dopo dieci anni nella capitale tedesca a bordo di un volo organizzato dal vecchio Genscher: l’aereo è di proprietà di un ricco uomo di affari tedesco, Ulrich Bettermann, anch’egli presente all’incontro berlinese del 2003.

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Nei corridoi diplomatici si vocifera che sia stato Genscher a convincere Putin a dare la grazia, e Khodorkovsky a richiederla formalmente ammettendo le sue responsabilità (anche se appena arrivato sul suolo tedesco ha negato di aver firmato qualsiasi richiesta).

La grazia è stata ufficialmente concessa per motivi umanitari: la madre dell’ex petroliere russo è in fin di vita ed era ricoverata all’ospedale della Charité Virkow di Berlino. Un buon motivo per concedere velocemente il permesso di lasciare la Russia con un visto tedesco di un anno in tasca. “Era” ricoverata, perché a quanto pare la signora Marina è stata dimessa l’11 dicembre dopo di che, ha fatto ritorno in Russia. Vicenda singolare.

Putin si è voluto liberare di una zavorra importante: per anni, infatti, i processi a carico di Khodorkovsky sono stati nel mirino di associazioni umanitarie e criticati da molti giuristi occidentali – specialmente tedeschi. In questo modo il Cremlino si rafforza: Putin dimostra così di non temere rivali, la sua leadership è salda. Dimostra di saper usare non solo la spada, ma anche la rosa. Non dimentichiamo che il giorno prima della liberazione di Khodorkovsky, Putin ha anche firmato per un’amnistia “mirata” alla scarcerazione di due delle tre Pussy Riots. Putin, inoltre, spunta le armi degli occidentali che lo attaccano sul fronte della rivolta ucraina e in vista delle Olimpiadi invernali di Sochi mostra un volto disteso e di apertura negando qualsiasi rumors sullo schieramento di missili nella exclave di Kaliningrad in risposta al dispiegamento Nato sul territorio polacco.

Dall’altro lato, la Germania sta giocando da silenzioso mediano affermando il proprio peso sullo scacchiere diplomatico: non è eretico affermare e constatare un lento sganciarsi da scomodi e immobilizzanti allineamenti. Berlino gioca con disinvoltura sul campo occidentale, così come su quello orientale e può contare su uno straordinario turnover calando nomi come quelli di Genscher oggi per esibire il trofeo russo, di Hans Chrtistian Ströble un mese fa che, volando a Mosca per offrire l’asilo politico a Edward Snowden, ha scosso le fondamenta del paterno controllo statunitense sul vecchio continente.



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