Colonna destra: Lorenzo Bagnoli

La colonna destra dei siti mainstream italiani è il trionfo dei click e la morte del contenuto in rete. Dai castori che ballano alle anatomie dei corpi esibiti in finti servizi rubati.

Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale. 

di Lorenzo Bagnoli

Un libro

26 dicembre 2013 – Non provateci nemmeno. Questo non è un consiglio per un regalo di Natale. Spero che vi siate già attrezzati, oltretutto, dato che il tempo stringe… Semmai questo è un suggerimento sul paio di occhiali da indossare per rileggere gli ultimi scampoli del 2013. Lenti d’annata: collezione primavera-autunno 1944. Le ha forgiate la penna di Elio Vittorini, intellettuale e partigiano nato in Sicilia ma adottato da Firenze prima e da Milano poi. Il libro s’intitola “Uomini e no”, edito dalla Oscar Mondadori. 15 anni prima di scrivere questo romanzo Vittorini si era arruolato tra le file dei “fascisti di sinistra”, quei giovani che pensavano che Mussolini avrebbe potuto cambiare l’Italia, con il programma nazionalsocialista di San Sepolcro. Poi la storia e la coscienza hanno spinto l’autore oltre la barricata, a combattere con i partigiani comunisti.

“Uomini e no” è una cronaca della Resistenza in presa diretta, vista dagli occhi del capo Gap Enne 2. È un libro che traccia una linea, che prova a rimettere ordine nella confusione dei giorni della Resistenza, a Milano. Gli “uomini” sono coloro che di fronte ai morti riescono ancora a sentire qualcosa. Quelli che in fondo non premono il grilletto quando il nemico ha la faccia troppo triste, ma che combattono lo stesso. I “non uomini” sono quelli che fucilano senza batter ciglio, che si insozzano le mani di sangue, che non hanno pietà. Il narratore s’interroga in tutto il libro, interagisce con la storia, aprendo parentesi segnalate dal carattere corsivo in cui decripta pensieri ed emozioni dei suoi personaggi, spesso chiamandosi in causa. Un bell’effetto straniante, che interrompe il flusso della storia.

Un dialogo tra un vecchio e Berta, l’amore impossibile di Enne 2, mi ha ricordato l’Italia del 4 e del 12 ottobre 2013. L’Italia di fronte alle bare dei migranti annegati a Lampedusa. L’Italia dei giorni dopo, l’Italia dei “post”.

Berta e il vecchio stanno di fronte ai cadaveri di cinque partigiani fucilati in Largo Augusto, a Milano. Scrive Vittorini:

“Non bisogna” il vecchio disse “piangere per loro.”

“No?” disse Berta.

“Non bisogna piangere per nessuna delle cose che oggi accadono.”

“Non bisogna piangere?”

“Se piangiamo accettiamo. Non bisogna accettare.” […]

“Ma che dobbiamo fare?” gli chiese [Berta].

“Oh!” il vecchio rispose. “Dobbiamo imparare.”

“Imparare che cosa?” disse Berta. “Che cos’è che insegnano?”

“Quello per cui” disse il vecchio “sono morti.”

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Un film

Un film per quattro storie. “Peur[s] du noir”, “paure del buio”. Paura degli insetti, della tortura, dell’uomo e del razzismo, descritte dai disegni e dall’ingegno di Blutch, Charles Burns, Marie Caillou, Pierre Si Sciullo, Lorenzo Mattotti, Richard McGuire. per ogni episodio, tratti semplici e in un bianco e nero spinto. Le quattro storie sono tenute insieme da diverse voci narranti, accompagnate da figure che danzano come in un caleidoscopio.

Maledettamente francese. Non solo nel titolo, ma nelle atmosfere, nei monologhi-cerniera tra un episodio e l’altro, tanto suadenti all’udito, quanto angoscianti all’ascolto: sembrano delle sedute da uno psicanalista.

D’altronde nell’introspezione fino allo spasmo i francesi sono dei maestri. Chapeau, “Peur[s] du noir” è un film geniale. In Italia è stato distribuito nel 2008 da Internazionale. Lo trovate su Youtube.

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Un fumetto, una rivista

L’ultimo consiglio, è un tributo a ciò che mi ha riconsegnato l’armadio dei libri della vecchia casa al lago, dove ho trascorso le mie estati d’infanzia. Il regalo più prezioso è stato linus, la rivista. I numeri che si è comprato mio papà, dal 1982 al 1994. Ho cominciato a leggerli quando avevo 14 anni. Prima i fumetti: i Peanuts, Eritreo Cazzulati, Obc, Gary Larson, Doonesbury e la mia preferita, Outland di Berkeley Breathed (la striscia s’è interrotta nel 1995). Due personaggi su tutti: il pinguino lussurioso Opus e il gatto lobotomizzato Bill. Nient’altro da aggiungere.

Poi ho cominciato a leggere gli articoli. Ricordo i reportage di Enzo Baldoni, da Paesi di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. È allora che mi è venuta la passione per i posti dimenticati anche dai cartografi. Ricordo gli editoriali di Oreste Del Buono e i pezzi su tangentopoli di Gianni Barbacetto. Per chi volesse rileggerli, forse qualche copia della rivista la trovate ancora su ebay. Ma non è la stessa cosa che leggere un giornale che è appartenuto a tuo papà, che ti “presta” sapendo che nonostante quella copia abbia resistito fino a quel giorno, ora può scordarsi di ritrovarla, dato che gliela perderai. Sì, è successo. In compenso qualcosa ha lasciato traccia, per non lasciarmi mai.

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