Il petrolio degli altri

[author] [author_image timthumb=’on’]https://fbcdn-sphotos-e-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/30586_117755678246365_6400426_n.jpg[/author_image] [author_info]Alfredo Somoza è presidente di Icei, direttore di dialoghi.info e collaboratore per Esteri, Radio popolare. www.alfredosomoza.com[/author_info] [/author]

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26 dicembre 2013 – Il tema della privatizzazione parziale della principale risorsa estrattiva del Messico, il petrolio, è un tema ricorrente da quando, per la prima volta nel ‘900, le destre del PAN sono arrivate al governo nel 2000. Un tema per così dire “tabù”, visto che la gestione pubblica di questa risorsa, di cui il Paese nordamericano è il  6°  produttore mondiale, è sancita da un apposito articolo della Costituzione. La nazionalizzazione del petrolio messicano fu una vera epopea della prima metà del ‘900, e forse l’ultimo ruggito di quella Rivoluzione Messicana che aprì il ciclo delle grandi lotte popolari. Fu il governo nazionalista e socialista del Generale Làzaro Cardenas nel 1938 ad espropriare le 17 imprese straniere che si spartivano l’oro nero degli aztechi. Una mossa coraggiosa che costò al Messico la rottura di relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna e l’embargo economico da parte degli USA e dell’Olanda. La nazionalizzazione del greggio messicano è rimasta nella storia latinoamericana come uno dei rari espropri ai danni delle multinazionali europee e statunitensi riuscito.

Il 54% del petrolio messicano si esporta come greggio, e paradossalmente il paese deve importare prodotti raffinati (benzine, diesel) perché il colosso statale Pemex non ha la capacità istallata per rifornire il mercato interno. E’ questa debolezza industriale la principale arma in mano di chi vorrebbe aprire ai privati. Secondo i fautori della privatizzazione, l’annosa questione dei mancati investimenti dell’impresa di stato per ammodernare e potenziare la propria capacità industriale giustifica la fine del monopolio. Molto simile al dibattito in corso in Venezuela, paese nel quale, come in Messico, l’obiettivo principale dell’impresa pubblica è l’occupazione, in buona parte clientelare, che genera e il sostegno alle finanze pubbliche, in una cornice di frequenti e clamorosi casi di corruzione. I sostenitori dell’impresa pubblica sottolineano invece l’importanza strategica del petrolio e i minori benefici che otterrebbero il paese e i cittadini se si perdesse il monopolio pubblico. Una disputa ormai “classica”, tra finti modernizzatori, che in realtà guardano al profitto dei privati, e finti difensori dei beni pubblici, corrotti e forti di consenso clientelare.

Una maledizione in America Latina è altrove, un tema che non si riesce ad affrontare con criteri di pragmatismo, garantendo l’interesse pubblico, ma preoccupandosi della capacità industriale e della sostenibilità delle imprese. Il senato messicano ha appena votato l’apertura ai privati grazie a una maggioranza bipartisan formata dal PRI al governo, il partito-stato risorto dalle sue ceneri, e l’opposizione di destra del PAN. Una maggioranza inedita, ma necessaria per modificare la Costituzione e rompere il monopolio pubblico. La nuova legge è stata salutata con favore dalle compagnie multinazionali statunitensi ed europee già operanti nella regione.

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Il settore petrolifero messicano era il caposaldo di un paese fortemente nazionalista e interventista in materia economica che però dagli anni ’80 in poi ha cominciato ad aprirsi in modo disordinato al mercato, soprattutto quando nel 1994 ha aderito all’accordo NAFTA con USA e Canada impegnandosi alla libera circolazione di merci e servizi in tutto il Nord America. L’onda lunga degli accordi con il vicino che una volta era considerato “il diavolo”, arrivano ora al settore energetico che ora potrà essere ceduto parzialmente, senza un vero dibattito e senza che lo Stato abbia provato a riformare e sanare l’impresa pubblica PEMEX. Una mossa ideologica di segno opposto a quella del 1938 di Cardenas, ma questa volta non a favore dei messicani, ma delle grandi compagnie multinazionali che dopo oltre 70 potranno tornare a sbarcare nel paese che fu di Villa e Zapata.



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