Fallimento italiano

Rep. Dem. Congo, ventiquattro coppie italiane in attesa di poter ritornare con i minori adottivi. Analisi degli aspetti fallimentari dell’istituto delle adozioni internazionali in Italia

di Alessandro Ingaria

4 gennaio 2013 – Secondo il filosofo illuminista Jean-Jacques Rousseau lo stato esiste per fornire ai cittadini i servizi di cui questi hanno bisogno. Esiste per garantire gratuitamente assistenza sociale e sanitaria, istruzione pubblica, supporto ai soggetti deboli. E, tra i motivi giustificanti della sua esistenza, vi sono numerosi compiti di sostegno ai cittadini e di tutela del diritto alla genitorialità.

Lo stato, invece, sembra non esistere per i cittadini italiani bloccati nella Repubblica Democratica del Congo da circa due mesi. Negli ultimi giorni, i rappresentanti italiani delle istituzioni hanno manifestato l’intenzione di “interessarsi” alla questione. Situazione che evidenzia il totale sbando in cui versa l’istituto delle adozioni internazionali. Funzione spettante allo stato, ma delegata ai privati e, di fatto, abbandonata a se stessa.  Ventiquattro coppie (ventisei secondo altre fonti) sono costrette a trattenersi da mesi in Congo dove, nel corso della procedura di adozione internazionale, si sono recate per l’abbinamento con i  figli adottivi. Tutto sembrava far parte del procedimento, sino a quando le autorità congolesi hanno negato alle coppie l’autorizzazione a rientrare in Italia con i bambini.

 

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Proprio il blocco delle adozioni, disposto dalle autorità congolesi a fine settembre, è stato uno dei motivi principali della visita in Congo della ministra Kyenge dal 4 al 7 novembre 2013. Poi di fatto, con un comunicato del 4 dicembre, il ministero italiano ha scaricato le responsabilità della situazione alla direzione generale per la migrazione congolese.  Non tutti sanno però che lo stato italiano, pur a conoscenza della non completa definizione dei protocolli d’intesa con i diversi Paesi che non hanno ratificato la convenzione dell’Aja, non svolge adeguata azione di monitoraggio preventiva sulle procedure adottive pendenti. Nello specifico le coppie si sono recate in Congo nonostante un provvedimento vigente di blocco alle autorizzazioni di uscita dei minori adottivi e nel corso di una trattativa tra Italia e Congo, sottoponendosi al rischio di permanere in un Paese sede di scontri e violenze.

 

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Di fatto, non sono gli enti autorizzati ad avere competenza in materia di rapporti internazionali tra gli stati sovrani, bensì gli organi del governo italiano. Nel caso congolese, la mancanza è apparentemente in causa all’esponente del privato sociale che ha seguito la procedura delle ventiquattro coppie, ma la realtà è che la Commissione per le adozioni internazionali (CAI), preposta dalla presidenza del consiglio dei ministri al controllo delle adozioni internazionali, non ha fatto nulla.  Inoltre, la CAI attualmente non ha un responsabile in carica. Daniela Bacchetta, dopo due mandati biennali e 45 giorni di proroga, proprio nei giorni “caldi” delle coppie in Congo, ha dovuto lasciare perché così prevede il regolamento. E non è stato nominato alcun sostituto. La presidenza della CAI spetta di diritto al ministro di turno con la delega per le adozioni, in questo caso Cecile Kyenge, ma l’operatività era nelle mani della Bacchetta. Secondo informazioni attendibili, durante il suo mandato la Kyenge non ha mai convocato gli enti autorizzati per predisporre una programmazione seria in materia di adozioni. Sempre secondo gli operatori del settore, il predecessore della ministra, Carlo Giovanardi, aveva invece assunto una condotta istituzionale di maggiore serietà e impegno rispetto all’esponente PD originaria del Congo.

“Verrebbe da ridere se non fosse un dramma. – racconta alla stampa Marco Griffini, presidente di Aibi  – Si sapeva da tempo che sarebbe scaduta. Per questo avevamo chiesto o una nuova nomina o un cambio di regolamento che permettesse a Bacchetta di restare. Nessuno ci ha risposto. La Kyenge non ha gestito bene la cosa sin dall’inizio. Quando è andata in Congo l’abbiamo saputo il giorno dopo. Non dico di convocarci ma almeno interpellarci. Chi l’ha preceduta dialogava con noi. Insieme abbiamo risolto più di una situazione difficile”. Aibi è uno dei principali enti autorizzati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a svolgere le procedure di adozione internazionale ai sensi delle leggi N° 184/83 e N°476/98.

L’aspetto inquietante della questione è che sin dal 27 settembre 2013 il ministro degli interni e della sicurezza congolese (come evidenzia lo stesso sito del CAI*), aveva informato le ambasciate straniere a Kinshasa che, a decorrere dal 25 settembre 2013, la direzione generale d’immigrazione dello stato africano avrebbe sospeso i permessi di uscita dei bambini congolesi con i rispettivi genitori adottivi. La sospensione veniva stabilita per dodici mesi e la motivazione ufficiale prendeva le mosse da alcuni report attestanti la ri-adozione dei bambini da parte di nuove coppie, configurando la tratta di minori nelle nazioni riceventi.

Viene da chiedersi perché le coppie italiane non siano state informate in merito al provvedimento, perché lo stato italiano non abbia preso posizione sin dal settembre 2013 e perché sia stato permesso all’ente autorizzato di proseguire con le adozioni in Congo, stante la situazione regolamentare mutata. Occorre considerare che nel momento in cui la coppia adottiva, dopo una lunga e sofferta attesa, vede il bambino “abbinato” si crea istantaneamente un  legame affettivo. I genitori adottivi non accetteranno mai di tornare in Italia senza il figlio, oltretutto per motivi “diplomatici”.

 

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Quali sono i motivi? Sarà perché un’adozione costa tra i 20 e i 30mila euro alla coppia adottiva e nessuno voleva rischiare che non pagassero tutti i costi previsti?  Sarà perché l’Italia è tra i Paesi riceventi il maggior numero di adozioni internazionali, ragion per cui non si intende avviare una ridefinizione dei fondi pubblici destinati alla formazione degli operatori  e al mantenimento di uffici e funzionari che si devono occupare delle procedure adottive?  Sarà perché lo stato italiano non è capace di rispettare il contratto sociale con i suoi cittadini?

 

*http://www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2013/repubblica-democratica-del-congo.aspx



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